Siamo pronti alla rivoluzione globale dell’Internet of Things che determinerà un cambiamento nell’economia, nella cultura industriale e nella vita delle persone? Siamo pronti a sviluppare delle nuove strategie di business per rispondere alla sfida che l’Internet of Things sta lanciando a tutti i settori dell’industria e dei servizi? Siamo pronti a concepire l’Internet of Things come un ecosistema produttivo che fornisce innovazione e crescita all’industria italiana? Sono questi alcuni degli interrogativi ai quali The Ruling Companies Association ha cercato di rispondere nel corso del convegno “Internet of Things: una rivoluzione globale”. L’obiettivo è di spiegare le implicazioni operative ed economiche dell’Internet delle cose, in particolare, la riflessione è stata supportata dal nono volume “Looking Forward” di Accenture Strategy dal titolo “La rivoluzione dell’Internet of Things. L’intelligenza nel cuore delle cose”.
Come ha sottolineato Gionata Tedeschi, Managing Director di Accenture Strategy, il primo passo da fare per affrontare la rivoluzione globale messa in atto dall’IoT è cambiare atteggiamento. Le aziende italiane devono acquisire la capacità di tradurre le difficoltà in rapidi cambiamenti, di sfruttare i dati in tempo reale e soprattutto di riconoscere l’IoT come fonte d’investimento.
Le previsioni ci dicono che nel 2030 l’Italia potrebbe beneficiare di 200 miliardi provenienti dall’integrazione dell’IoT nell’economia globale. Per ottenere dei risultati economici l’investimento dovrà essere indirizzato verso il settore in cui l’IoT ha un maggiore impatto in termini di utilizzo, ossia quello dei servizi. I settori della musica, delle assicurazioni, dell’e-commerce grazie alla “tecnologia che entra nelle cose” hanno reinventato i modelli di servizio, per esempio, offrendo ai consumatori degli strumenti per auto-apprendere e per essere sempre collegati con ogni proposta. E’ cambiata completamente la concezione dell’industria e dell’impresa. La tecnologia e il business che venivano considerati in sequenza, oggi interagiscono tra di loro facendo emergere quelle che sono le vere priorità delle imprese. Si tratta di uno scambio reciproco che pone l’accento su due elementi, sicurezza e formazione, sui quali l’automotive, le smart cities e il manufacturing 4.0 o Industria 4.0 hanno già fatto dei passi da gigante.
Anche i pneumatici diventano intelligenti
In questa direzione si sta muovendo il Gruppo Pirelli, per esempio, con il nuovo pneumatico intelligente, Pirelli CiberFleet, il sensore inserito al suo interno registra la pressione, la temperatura ed altre informazioni che abilitano servizi a valore aggiunto, tra cui comportamento di guida, consumo in tempo reale del carburante, previsioni meteo, condizioni della strada e del traffico. Pirelli prevede che entro il 2025 il 100% delle nuove auto sarà connesso a Internet, infatti, il Gruppo sta investendo nell’IoT attraverso delle esperienze concrete e non perdendo di vista l’aspetto della sicurezza.
Come ha evidenziato, Gregorio Borgo, presente nel Gruppo dal 1992, la connessione ai sistemi di rete può far sorgere delle minacce che coinvolgono non solo le persone fisiche ed i macchinari, ma anche il business, la continuity, la compliance e la reputation dell’azienda. L’antidoto per evitare danni inestimabili è lo sviluppo di un sistema articolato di sicurezza e la promozione della formazione, spiega Borgo: «In Pirelli sono diversi i livelli di coinvolgimento e le funzioni create per salvaguardare le attività del gruppo. Ci sono server aziendali speciali, programmi di disaster recovery dislocati in più server e in luoghi diversi, c’è una policy aziendale per proteggere i dati. E accanto a questo si fa sensibilizzazione presso i dipendenti. Attività questa ampia e capillare perché i nostri dipendenti sono 44mila distribuiti in 125 paesi del mondo. Il Gruppo si confronta e dialoga con culture, abitudini, visioni della vita diversissime. Fare formazione aiuta innanzitutto a integrare i dipendenti, a creare una cultura condivisa, a sviluppare responsabilità, a sensibilizzare sui rischi».
L’IoT come opportunità di sviluppo
L’IoT rappresenta una chance di sviluppo solo per le industrie italiane che sapranno integrare e sfruttare tutte le componenti di questo complesso ecosistema produttivo. Si tratta di una opportunità di crescita da cogliere al volo e che il settore manifatturiero non può farsi sfuggire, come ha segnalato Alberto Baban, Presidente Piccola Industria di Confindustria, «Da imprenditore e da responsabile della Piccola Industria mi sono convinto che servono contenitori e luoghi dove ci sia contaminazione di idee, di progetti, di voglia di futuro. Qualcosa di più dei lodevoli e mai troppi incubatori di start-up. Penso a dei Digital Innovation Hub, dove all’interno ci siano le competenze e le imprese possano accedervi per contaminarsi. Centri dove le aziende si raccontano, fanno da driver, svolgono attività di evangelizzazione dei processi. Siamo arrivati a un punto critico e divisivo dove le imprese o saranno veloci e innovative, o conservatrici e avviate al declino. Determinante nella partita saranno i manager: ci sarà crescita dove verrà creata una classe dirigente all’altezza della sfida IoT, capace di promuovere la collaborazione tra intelligenze e di lavorare in team con un forte spirito comunitario».
Coloro che stanno ai vertici dell’azienda hanno la responsabilità di gestire la rapida trasformazione provocata dalla cosiddetta ‘Quarta rivoluzione industriale’ dell’IoT. Per stare al passo con i tempi CdA e top management devono comprendere la centralità e le potenzialità dell’IoT, integrare le competenze digitali nelle Pmi e creare dei Digital Innovation Hub, accelerando il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ed infine avere la possibilità di una applicazione strutturale dell’IoT nei trasporti, nell’agricoltura e nella sanità, senza eccessivi vincoli imposti dallo Stato. Infatti, a quest’ultimo si rivolge l’appello di Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale, che ha dichiarato: «Mi trovo a invocare lo Stato, a chiedergli di fare presto e di decidere perché se inizia a operare l’intero ecosistema si mette in movimento. Dal Paese arrivano segnali precisi e positivi: nessuno vuole perdere l’opportunità. Alle imprese vanno quindi offerte date certe che trasformino le idee in un progetto paese».
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