La sfida Expo: progettare una digital experience senza riferimenti

«Non avevamo nessun benchmark, l’Expo di Shanghai è stato nel 2010, e da allora in termini tecnologici il cambiamento è stato enorme, con l’esplosione del Mobile». Nicola Sciumè, il responsabile dei sistemi digitali del sito espositivo (che si estendono fino alla città di Milano) spiega l’ecosistema e i criteri con cui è stato progettato, e fa un bilancio dei primi giorni della manifestazione

Pubblicato il 22 Giu 2015

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Nicola Sciumè, Responsabile Servizi Digital On Site Expo 2015

Per attirare 20 milioni di visitatori a Expo 2015, e per accompagnarli sul posto, il canale digitale è decisivo come mai è successo prima per altri eventi del genere, temporanei e di portata mondiale. L’esplosione del Mobile ha fatto dell’evento milanese un caso senza precedenti, in termini di progettazione della “digital experience”.

Una sfida quindi molto impegnativa ma anche entusiasmante, ci spiega in quest’intervista Nicola Sciumè, Responsabile Servizi Digital On Site di Expo 2015. Sciumè ha progettato e seguito la realizzazione dei sistemi digitali sul sito espositivo, sistemi che si estendono anche alla città di Milano, per prendere in carico i visitatori fin dall’arrivo e per coinvolgere i cittadini nell’evento.

Quali sono stati i concetti principali che hanno ispirato la progettazione di questi sistemi?

Questo è un enorme progetto che aveva una scadenza inderogabile: l’1 maggio 2015. È stata una dura sfida, fin dal 2012 quando l’ecosistema digitale è stato disegnato, partendo da una pura vision. Non c’erano benchmark, dall’Expo precedente – Shanghai 2010 – il cambiamento tecnologico è stato enorme. Lì per esempio avevano puntato ancora molto sulla TV, noi pochissimo: siamo partiti tre anni fa disegnando l’esperienza sul web, e “traghettandola” poi sul Mobile. Ma partendo oggi farei il contrario. Abbiamo anche studiato i parchi tematici, ma l’analogia aveva poco senso. Disney sui totem digitali ha investito un miliardo di dollari con tempi d’ammortamento di 10 anni. Noi dobbiamo ammortizzare tutto in 6 mesi. Inoltre dovevamo consegnare l’1 maggio la versione più aggiornata di ogni interfaccia o sistema. Non potevamo fare 6 mesi di test e poi implementare la versione 2.0: a ottobre si chiude.

Made in Italy e alimentazione sostenibile sono i temi su cui Expo punta per attirare visitatori: come si possono rafforzare con la “digital experience”?

L’utente negli strumenti digitali cerca usabilità e immediatezza: abbiamo solo pochi attimi per convincerlo che i nostri sono quelli più utili. E per farlo occorre andare molto più al cuore che alla testa: quando c’è grande alternativa l’utente sceglie l’opzione che lo seduce di più. Perciò abbiamo sempre ragionato in termini di user experience. Se posso trovare le informazioni di cui ho bisogno sul padiglione X con due click sull’App o due tap su un totem non le chiedo neanche più a voce. Se poi vengo a sapere altre cose senza chiedere, per esempio tutti gli eventi che si svolgeranno in quel padiglione oggi e nei prossimi giorni, non c’è neanche bisogno di puntare su grafica o funzioni estremamente avanzate. App e contenuti digitali inizialmente avevano funzioni minime informative, poi dall’1 maggio siamo passati alla modalità “visit”: gli utenti sui vari device – pc, smartphone, totem – in una sorta di “digital path” sempre coerente possono preparare e gestire l’esperienza di visita, man mano arricchendola. Questo entro limiti precisi: Expo si occupa dell’esperienza di visita del sito, non di quelle nei singoli padiglioni, con i relativi eventuali acquisti online di servizi o prodotti.

Quali sono le tecnologie principali su cui si basa il “sistema digitale Expo”?

Il Padiglione Italia a Expo 2015

Abbiamo circa 3.000 schermi, di cui 150 interattivi,e in particolare 44 totem bifacciali, sui quali avvisiamo di tutto ciò che succede a Expo. Gli schermi interattivi si relazionano con l’utente direttamente o tramite l’App. Poi c’è l’infrastruttura Wi-Fi, per garantire pieno accesso ai servizi soprattutto all’utenza straniera senza gravarla del costo per fruire delle reti mobili italiane. Inoltre abbiamo lavorato all’interazione di tutto ciò con l’ecosistema E015, l’ambiente digitale creato da Expo e Confindustria, Camera di Commercio di Milano, Confcommercio, Assolombarda e Unione del Commercio, con il coordinamento del Cefriel – Politecnico di Milano, per far parlare tra loro i sistemi informatici di attori pubblici e privati che operano sul territorio, che possono così comunicare in tempo reale con la comunità di Expo.

Altri device importanti sono i digital wall interattivi. Sono device di 7 metri per 3, che coinvolgendo e intrattenendo in stile futuristico, tipo “Minority Report”, cercano di trasferire messaggi relativi ai temi di Expo. Questi “muri” sono connessi con una rete a latenza zero, che consente di trasmettere contenuti prodotti sul sito espositivo, per esempio un concerto, in tempo reale su tutti questi device. In totale, abbiamo 18 “muri” nel sito e uno fuori, a breve ne installeremo altri due in città, per far interagire anche i cittadini, come avviene per i totem bifacciali a Expo Gate (presso il Castello Sforzesco, ndr): hanno le stesse funzioni di quelli del sito espositivo, così la gente s’abitua a usarli e può “immergersi” anche a distanza. Abbiamo infine una serie di Beacon disposti all’interno del sito: anch’essi interagiscono con l’App e danno informazioni dinamiche, in funzione del luogo, del contesto, e del tipo di utente.

Nel momento in cui stiamo parlando sono passati 20 giorni dall’inizio di Expo: può fare un primo bilancio del contributo del digitale alla riuscita dell’evento?

Basta venire al sito per “toccare con mano” che il digitale e l’IoT fa parte integrante dell’esperienza Expo di moltissimi visitatori: i totem hanno sempre persone che interagiscono – non ne vedo quasi mai uno libero -, mentre la gente in coda ai padiglioni passa il tempo navigando sull’App. Su questo abbiamo già vinto. Stiamo ancora lavorando, ad esempio per l’interattività dei video wall con l’App. Non abbiamo ancora consolidato i dati per avere le prime statistiche, ma il bilancio è assolutamente positivo. Alla fine soddisfare l’utente è il vero obiettivo, specie in un evento come questo dove tutto è temporaneo, compresa la gerarchia aziendale. Il mio capo a novembre non lo sarà più, ma se moltissimi visitatori avranno avuto una digital experience utile e positiva, saranno il mio miglior sponsor.

Punto di partenza: accesso alle info ovunque

Durante la progettazione dei sistemi digitali di Expo è esploso in tutto il mondo l’utilizzo dei dispositivi Mobile. «Oggi il consumatore usa lo smartphone come primo strumento d’accesso a informazioni e contenuti: è un dato di fatto, anche il motore di ricerca Google è cambiato per dare più evidenza ai contenuti Mobile-friendly», spiega Nicola Sciumè. «Per cui occorre progettarne l’accesso o il reperimento delle informazioni a partire da un device mobile o contestuale, cioè sul posto. Come abbiamo tenuto conto di questo? Faccio un esempio. L’interfaccia dei totem on-site di Expo è innovativa perché non ha gerarchia di contenuto: ha un livello solo, è riferita al luogo, al contesto in cui il totem è inserito. Il totem non dice cos’è l’Expo, perché l’utente che è nel sito espositivo sa già la risposta».

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