La stampa 3D per le parti di ricambio

Le filiere logistiche subiranno profonde trasformazioni nel prossimo futuro, grazie alla progressiva diffusione dell’additive manufacturing che trasformerà la produzione di componenti e pezzi di ricambio basso moventi

Pubblicato il 29 Mar 2017

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Gentili lettori,
prosegue con un nuovo tema la rubrica ESPERTO RISPONDE dedicata alle tecnologie che più stanno impattando sia sul mondo industriale che su quello consumer: la stampa 3D o stampa additiva.
Vi ricordiamo che con questa rubrica risponderemo anche alle vostre domande, che potete inviare a redazione@internet4things.it

Rispondono i nostri esperti:
ANDREA BACCHETTI (@andreabacchetti) e MASSIMO ZANARDINI, membri del laboratorio di ricerca RISE(Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia e della spin-off universitaria IQ Consulting (www.iqconsulting.it).

La stampa 3D per le parti di ricambio

Se in ambito strettamente manifatturiero le possibili applicazioni della stampa 3D stanno acquisendo sempre maggiore rilievo (anche se il livello di utilizzo effettivo è ancora molto basso), non si può dire lo stesso nelle attività logistiche delle nostre imprese.

Grazie alla convenienza nel realizzare lotti di piccole dimensioni, la stampa 3D per la produzione di componenti on demand potrebbe essere un’opportunità interessante per tantissime aziende. Del resto, chi non ha in gamma anche prodotti basso moventi (le cosiddette classi B-C-D di paretiana memoria), magari necessari per completare la propria offerta commerciale, ma deleteri per la logistica? Ecco, le parti di ricambio sono l’esempio perfetto di questa categoria di codici. Si tratta, infatti, tendenzialmente di tanti articoli (per fare un esempio, un nuovo apparecchio domestico introduce fino a 250 codici componente), con domanda fortemente sporadica (quindi difficile da prevedere), soggetti a obsolescenza (visto che il ciclo di vita dei prodotti è sempre più ridotto). Per garantire l’opportuno livello di servizio, le aziende sono costrette a produrre/acquistare e poi stoccare ingenti quantità di materiali, senza avere alcuna certezza circa il loro utilizzo effettivo.

Ebbene, come la stampa 3D potrebbe migliorare questo scenario? La risposta è sì. Come? In tre modi diversi, fino addirittura a modificare sia le attività produttive, sia le attività distributive svolte dai provider logistici.

Scenario #1 (centralizzato): In questo primo scenario, le aziende manifatturiere si dotano di un parco macchine composto da diverse stampanti 3D, in grado di lavorare differenti materiali e di realizzare diversi componenti. A fronte di una richiesta di parti di ricambio direttamente dal cliente, tramite un portale online dedicato all’assistenza post-vendita, l’azienda impiega il proprio parco macchine per la stampa del pezzo desiderato (partendo dal modello 3D in possesso dell’ufficio tecnico). In questo modo, entro poche ore il prodotto sarà pronto per essere consegnato al cliente, senza avere disclocatoscorte lungo la filiera. In questo scenario (Figura 1) il ruolo dei provider logistici (3PL) è relativo alla sola distribuzione dei prodotti.

Se in ambito strettamente manifatturiero le possibili applicazioni della stampa 3D stanno acquisendo sempre maggiore rilievo (anche se il livello di utilizzo effettivo è ancora molto basso), non si può dire lo stesso nelle attività logistiche delle nostre imprese.

Grazie alla convenienza nel realizzare lotti di piccole dimensioni, la stampa 3D per la produzione di componenti on demand potrebbe essere un’opportunità interessante per tantissime aziende. Del resto, chi non ha in gamma anche prodotti basso moventi (le cosiddette classi B-C-D di Paretiana memoria), magari necessari per completare la propria offerta commerciale, ma deleteri per la logistica? Ecco, le parti di ricambio sono l’esempio perfetto di questa categoria di codici. Si tratta, infatti, tendenzialmente di tanti articoli (per fare un esempio, un nuovo apparecchio domestico introduce fino a 250 codici componente), con domanda fortemente sporadica (quindi difficile da prevedere), soggetti ad obsolescenza (visto che il ciclo di vita dei prodotti è sempre più ridotto). Per garantire l’opportuno livello di servizio, le aziende sono costrette a produrre/acquistare e poi stoccare ingenti quantità di materiali, senza avere alcuna certezza circa l’utilizzo effettivo.

Ebbene, come la stampa 3D potrebbe migliorare questo scenario? In un tre modi, fino addirittura a modificare sia le attività produttive, sia le attività distributive svolte dai provider logistici.

Scenario #1 (centralizzato)

In questo primo scenario, le aziende manifatturiere si dotano di un parco macchine composto da diverse stampanti 3D, in grado di lavorare differenti materiali e di realizzare diversi componenti. A fronte di una richiesta di parti di ricambio direttamente dal cliente, tramite un portale online dedicato all’assistenza post-vendita, l’azienda impiega il proprio parco macchine per la stampa del pezzo desiderato (partendo dal modello 3D in possesso dell’ufficio tecnico). In questo modo, entro poche ore il prodotto sarà pronto per essere consegnato al cliente, senza avere disclocato scorte lungo la filiera. In questo scenario, il ruolo dei provider logistici (3PL) è relativo alla sola distribuzione dei prodotti.

La supply chain nello scenario “centralizzato”

Scenario #2 (decentralizzato)

In questo scenario, il processo produttivo (di componenti basso moventi) si svincola dal produttore e si muove verso valle, diventando attività in carico ai 3PL. Nell’ipotesi che siano loro a dotarsi di stampanti 3D (tra qualche anno, grazie allo sviluppo della tecnologia, e al conseguente aumento della domanda, i costi si ridurranno drasticamente), il tempo di evasione dell’ordine del cliente si comprimerebbe ulteriormente grazie alla produzione molto più prossima al cliente stesso e verrebbero azzerati (o quasi) i tempi di trasporto. Questo ovviamente a patto di poter accedere ai modelli 3D dei singoli componenti messi a disposizione dai produttori (ad esempio, pagando una qualche forma di fee).

La supply chain nello scenario “decentralizzato”

Scenario #3 (polverizzato)

Trattasi dello scenario più estremo, in cui lo spostamento verso valle dei mezzi di produzione (le stampanti 3D), arriva fino ai consumatori finali. In sostanza, lo stesso consumatore (nell’ipotesi realistica che tra qualche anno possa disporre di stampanti 3D desktop di buon livello), potrà realizzare in autonomia il prodotto richiesto, eventualmente apportando anche delle personalizzazioni a partire dal modello base messo a disposizione dal produttore. Quest’ultimo si dovrà preoccupare solo della vendita di tale modello digitale (ed eventualmente del materiale necessario per la stampa). In altre parole, il cliente smetterà di essere solo un consumer, diventando un pro-sumer.

La supply chain nello scenario “polverizzato”

Ovviamente, non tutti i prodotti possono e potranno essere realizzati on demand tramite tecniche additive. A oggi (e anche domani probabilmente, seppure in misura via via inferiore), diversi limiti tecnologici, legati alle dimensioni dell’area di stampa, all’impossibilità di stampare alcune leghe metalliche e alle non sempre elevate finiture e precisioni raggiungibili, limitano l’applicazione ai soli componenti molto complessi, ad alto valore, e con dimensioni compatibili con i cubi di stampa disponibili sul mercato.

Qualunque sia lo scenario futuro (presumibilmente un mix razionale dei tre illustrati), è evidente che le filiere logistiche saranno chiamate quantomeno a ripensare criticamente la loro attuale configurazione, alla ricerca di ottimizzazioni via via rese possibili dall’evoluzione tecnologica (additiva, nel caso specifico).

Al riguardo, un recente studio del Laboratorio RISE dell’Università degli studi di Brescia, con il supporto della Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, stima quali potranno essere gli impatti della tecnologia sulle filiere logistiche. Il rapporto finale della ricerca è disponibile al seguente link: http://www.rise.it/ricerca-rapporti-di-ricerca.php/rapporti-di-ricerca.html.

29 marzo 2017

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