Approfondimenti

Le sanzioni dell’Antitrust e le responsabilità dei Mobile Content Provider

Nuovi provvedimenti e multe salate colpiscono pesantemente Provider e operatori per violazioni del Codice del Consumo, che tutela gli utenti. Ma si tratta di norme che mal si adattano al settore Mobile, con conseguenze paradossali

Pubblicato il 01 Apr 2009

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Una nuova ondata di sanzioni da parte della Antitrust ha colpito
pesantemente il mondo dei VAS infliggendo multe salate a Content
Provider ed operatori di telefonia mobile.
Come già scritto mesi fa su queste pagine, l’aria di
crociata che da tempo si respira nel mondo dei servizi a valore
aggiunto per telefoni mobili si è fatta più pesante: dalle
nuvole ai temporali, dai temporali alle tempeste.
Per non ripetere le considerazioni svolte nel precedente
intervento (si veda Wireless4innovation N.6, ottobre 2008), ci
limitiamo ad una brevissima sintesi preliminare.
L’Autorità Garante, dopo approfondita istruttoria,
ha pesantemente censurato tutti quei Content Provider che, a dire
della stessa, hanno in qualche modo distorto la volontà del
consumatore
, “convincendolo” a scaricare
contenuti con modalità poi rivelatesi ingannevoli o comunque
fuorvianti nel processo decisionale, perché parziali, o
difficilmente comprensibili per il consumatore medio.
L’Antitrust ha rilevato una serie di violazioni tutte
riconducibili alle disposizioni del Codice del Consumo.
Elemento base della cosiddetta ingannevolezza dei
messaggi promozionali è senza dubbio la famigerata modalità
abbonamento
che oramai quasi tutti i Content Provider
praticano. In pratica, se il consumatore desidera acquistare un
contenuto deve (quasi sempre) sottostare all’obbligo di
abbonarsi a quel particolare servizio (ad esempio una suoneria,
un full track, l’accesso ad una chat o community o alle
news) che lo obbligherà ad un pagamento settimanale (3/4
euro), con possibilità di scaricare ulteriori contenuti, simili
e non.
La principale censura dell’Autorità si incentra sul fatto
che i Content Provider promuovono il servizio sottacendo, ovvero
celando la sopracitata modalità subscription.
Dalla lettura dei provvedimenti sanzionatori si ha la sensazione
che l’Autorità effettui una serie di generalizzazioni,
accomunando pratiche commerciali scorrette con altre, magari
border line ma difficilmente qualificabili come illecite. Sotto
diverso profilo l’Antitrust inquadra in modo (mi si conceda
il termine) generalistico, la pletora di utenti/consumatori di
servizi VAS, sovrapponendo realtà ed attitudini molto diverse
tra loro. Intendiamoci: nel passato vi sono stati molti, troppi
abusi, ed ancora oggi, seppur in modo ridotto, i comportamenti
devianti proseguono. Non vi è dubbio, tuttavia, che la tipologia
di servizi di cui trattasi è molto ben collocata nel panorama
dei servizi VAS, ed altrettanto ben conosciuta da larga parte dei
consumatori.
Vediamo allora quali sono le principali criticità rilevate
dall’Antitrust.
L’avviso della modalità abbonamento non è
chiaro
, non è posto in sufficiente risalto nei messaggi
promozionali, non compare in tutti gli step che
l’utente/consumatore deve compiere per ottenere il
download. Ma dove si trova il messaggio, o meglio, dove va il
consumatore per scaricare il contenuto desiderato?
I provvedimenti di censura attengono principalmente alle
pagine web dei Content Provider, ed in altri casi ai messaggi
promozionali presenti sulle televisioni
(meno di
frequente sulla carta stampata). In tutti i casi il contenuto
viene presentato con un claim accattivante ed un invito (a
seconda dei casi) a cliccare (se sul web), ovvero a comporre un
numero telefonico con il proprio cellulare (di solito una decade
4). In entrambi i casi si attiverà la procedura di download con
l’accesso dell’utente nel server wap del Content
Provider mediante l’invio sul telefono di un wap link.
Nella visione dell’Antitrust la comunicazione
all’utente sulla modalità abbonamento, i costi ed i modi
di disattivazione del servizio devono essere ripetuti durante
tutta la sequenza in modo inequivocabile a qualunque consumatore.
In difetto la libertà di scelta del consumatore può essere
ritenuta compressa o addirittura esclusa. Tutti questi principi
sono assolutamente pacifici e condivisibili, ma la loro
applicazione, ed in particolare il richiamo quasi ossessivo a
specifiche norme del Codice del Consumo (artt. da 20 a 26 e
57), rafforzate dal principio dell’autodeterminazione del
consumatore, suscitano qualche perplessità e richiedono delle
doverose considerazioni.
Partiamo dal consumatore/utente. Si afferma che i fruitori
principali dei servizi oggetto di istruttoria sono i giovani e
gli adolescenti. È possibile immaginare che il giovane che
“scarica” contenuti per telefonia sia il consumatore
sprovveduto che si vuole proteggere sino ad una sorta di
”tutela” per incapaci? Siamo davvero di fronte ad una
pletora di “ingenui, esposti e vulnerabili alla pratica
commerciale (l’abbonamento) perché particolarmente
attratti dalla fruizione dei servizi”?
Con queste esatte parole l’Autorità Garante tratteggia un
quadro del consumatore tipo che ci pare tutt’altro che
attinente alla realtà.
Indagini ed analisi di mercato svolte ad altissimo livello
scientifico (quali tra i tanti l’Osservatorio Mobile
Content della School of Management del Politecnico di Milano)
hanno analizzato con molta attenzione il mercato dei VAS dal
punto di vista delle aziende e del consumatore. Il quadro che ne
deriva è quello di un mercato molto maturo, con gruppi di
consumatori molto ben delineati e consapevoli.
I “giovani” consumatori tanto cari
all’Antitrust non sono forse gli stessi che dominano così
bene la tecnologia da essere stati booster di tutti gli scambi
gratuiti di file che hanno messo in ginocchio (si dice) il
copyright tradizionale? Ci si domanda quanti al mondo tra i circa
30 milioni di utenti di ThePirateBay siano under 18 (il motore di
ricerca per lo scambio gratuito di file, i cui fondatori sono
stati di recente condannati al carcere in Svezia).
L’integrazione tra Mobile e web nei giovani è assoluta:
chi padroneggia la tecnologia ed il linguaggio non fa differenza
tra client per il Mobile ed applicazioni per il pc, e ad essi si
rivolgono “campagne informative e di prevenzione”
contro la pirateria che accomunano il download illegale al furto
e il giovane fanatico del peer to peer al ladro.
È possibile che i giovani paladini del “tutto
gratis” o “no-copyright” non percepiscano il
valore del denaro, o peggio il procedimento di acquisto tramite
telefono mobile?
Che dire infine degli adolescenti che comunicano “nella
tribù” navigando flat, che si autoricaricano con i
“messaggini”, che postano ogni tipo di filmato su You
Tube e cracckano un I-Pod in pochi minuti? Possono diventare
improvvisamente tanti sprovveduti Forrest Gump da prendere per
mano? Al di là di comportamenti palesemente illeciti (da
reprimere severamente), mi sembra che l’immagine del povero
consumatore, tanto cara in battaglie passate (ricordate la
casalinga di Voghera?), nella fattispecie sia oramai logora ed
usata spesso in modo inappropriato, per non dire strumentale.
Anziché impiegare l’arma della tutela tout court come uno
spadone medievale, forse l’Autorità potrebbe usare
maggiormente il fioretto, individuando e colpendo le vere
anomalie del sistema, ma nel contempo essere di sprone e stimolo
per una più attuale regolamentazione del sistema
.
Torniamo al consumatore ed affrontiamo la questione della
maggiore età (anagrafica ed obbligatoria) per la fruizione dei
servizi, sistematicamente richiamata dall’Antitrust nei
provvedimenti sanzionatori. È noto che molti dei contenuti la
cui promozione/commercializzazione è stata oggetto di reprimenda
sono principalmente rivolti a minorenni. Il personale ispettivo
dell’Autorità non guarda gli spot pubblicitari televisivi
dei maggiori operatori mobili italiani? Nessuno si è ancora
accorto che il telefonino è oggetto di uso comune già in fase
pre-adolescenziale? A chi appartengono le SIM card degli under
18? Genitori, fratelli maggiori, parenti, e nessuno si preoccupa
che il mondo Mobile è riservato a maggiorenni.
Siamo in una fase di tacita tolleranza di comportamenti
illeciti/illegittimi ovvero la situazione è talmente radicata da
non essere più solo socialmente accettata, ma oramai assunta a
comportamento normale, diffuso e dunque meritevole di maggiore
attenzione da parte del Legislatore?
È di tale lapalissiana evidenza che tutto il mondo della
telefonia mobile, VAS in particolare, è appannaggio di target di
consumatori molto ben definiti, tra cui quello dei giovani
(minorenni inclusi) è di gran lunga primario, che quasi non se
ne dovrebbe discutere, se non fosse che i provvedimenti
sanzionatori attingono a piene mani all’età anagrafica e
nelle presunte debolezze dell’adolescenza.
A parere di chi scrive, nel mondo Mobile le norme del
Codice del Consumo dovrebbero essere interamente riviste perché
troppo rigide e del tutto inadatte ad un fenomeno che non è più
solo tecnologico ma profondamente sociale
. Non si
discute sui principi, ma sulla loro applicazione in concreto.
Proseguendo nell’esempio di cui sopra, il concetto di
maggiore età (volendolo mantenere) potrebbe essere sostituito
con un più appropriato sistema modulare, con scaglioni
anagrafici ai quali ancorare divieti, restrizioni o presunzioni.
Non è certo una novità che nel nostro ordinamento norme di ben
altra portata ed efficacia (si pensi alle norme sulla
circolazione stradale o alla censura cinematografica) individuino
soglie differenziate di età superate le quali il giovane
acquisisce specifici diritti e relative tutele.
Tutte queste personalissime considerazioni non attengono, sia
chiaro, alla fascia dei consumatori-bambini, nei confronti dei
quali la protezione deve essere assoluta.

Veniamo ora ad alcune peculiarità tecnologiche dei Mobile
Content e alla loro parziale incompatibilità con la rigidità
(di nuovo) delle norme del Codice del Consumo. Partiamo
dall’assioma di un Content Provider ligio alle norme e
desideroso di pubblicizzare in modo corretto i propri servizi.
Qualunque sia la modalità di veicolazione del messaggio, tutte
le informazioni necessarie per formare un consenso informato
devono comprimersi in poco spazio (fisico) e, in alcuni casi,
concentrarsi in un lasso di tempo molto ristretto. Nel mondo
Mobile i lunghi disclaimer comuni a molti acquisti sul web sono
meno praticabili (al di là della loro reale efficacia).
Soltanto una procedura di download avviata dal web
consente, nella fase iniziale, di rimandare l’utente ad
un’altra sezione sufficientemente ampia dove ricevere con
chiarezza le informazioni sui costi, le modalità di pagamento ed
altre notizie, ma una volta che l’utente si ritrova nella
navigazione wap tutto questo diventa praticamente
impossibile
. Chi leggerebbe il richiamo al CASP sui 2
pollici scarsi dello schermo di un telefonino?
Le dimensioni contano sembra essere il motto dell’Autorità
Garante. Scrivi in grande le avvertenze principali e sarai
assolto: una subscription in corpo 8 ti salva dalle sanzioni? In
tutta onestà intravedo un bizantinismo pericoloso e (quello sì)
fuorviante. Se si estrapola il mondo dei VAS da tutto il resto
dell’universo delle comunicazioni e del marketing, forse la
tesi del size matters potrebbe ancora reggere, ma se riportiamo
il tutto nel contesto più ampio del rapporto tra professionista
e consumatore lo schema si sgretola. Che ne è dei footer che
passano sul video a velocità subsonica durante televendite,
telepromozioni o televoti (quest’ultimi di grande appeal
nei format televisivi di maggior successo)? Se allarghiamo
ulteriormente il campo di analisi verso la pubblicità
delle auto (tipologia tra le più presenti su tutti i media) il
risultato è addirittura paradossale: macchine di lusso a poche
centinaia di euro al mese, salvo individuare in un angolo
dell’intera pagina di giornale una minuscola scritta (corpo
0,0x) che riporta condizioni economiche assimilabili a quelle di
mutuo ipotecario. Qual è l’ingannevolezza più grave?
Guardiamo anche al futuro. Che ne sarà della disciplina dei
micro pagamenti effettuabili con il terminale mobile ed
attraverso la USIM? Ogni essere umano in possesso (fisico) di un
telefonino, schiacciando un semplice tasto avrà capacità di
spesa: non solo traffico o contenuti, ma beni e servizi. Possiamo
immaginare che in quel futuro così prossimo, per non dire già
presente, le frontiere della comunicazione andranno ben
oltre la realtà attuale, ed il ruolo delle varie autorità
garanti e di controllo diverrà ancora più arduo e
centrale
.
In questi giorni l’Antitrust sostiene con vigore
l’abbattimento di vincoli e barriere affinché, a costi
equi, si instauri una sana competizione tra carte di debito e SIM
telefoniche abilitate ai pagamenti senza passare da un
intermediario bancario, almeno per transazioni di modesta
entità. Un sincero plauso all’iniziativa, che prevede
addirittura possibili interventi modificativi sulla normativa
europea in materia. Ma una volta pienamente legalizzati i
pagamenti con il telefono, si affacceranno inevitabilmente sulla
scena i professionisti che promuoveranno, con campagne
pubblicitarie ad hoc, microspese per microbeni/servizi.
Cosa dovremo aspettarci dal Regolatore: la caccia al minorenne
con la sindrome dello shopping, o le celle delle torri gsm
intasate di warning e disclaimer sui rischi dell’acquisto
via USIM?
Al di là dell’evidente provocazione, il problema è
attuale e serio. Il nodo dei servizi in subscription è
emblematico di un’evidente imbarazzo del Legislatore ad
attuare politiche di prevenzione dei fenomeni ed abusi attraverso
l’emanazione in tempi rapidi di norme adeguate e
flessibili.
La tecnologia mobile ha mutato radicalmente i
comportamenti sociali, con evidenti ripercussioni economiche e
giuridiche, ma non tutti vogliono accorgersene nella loro reale
portata
.
È vizio tipicamente italico inseguire le nuove fattispecie del
nostro vivere sociale sforzandosi di adattarle a previsioni
giuridiche pre-esistenti, di solito troppo rigide e dunque
inapplicabili, con la conseguenza di creare sperequazioni e
situazioni paradossali. Manca, a molti livelli, la capacità di
proporre, di discutere senza antagonismi preconcetti o bigottismi
fuori dal tempo che ingenerano solo confusione ed incertezza, e
nel cui fertile terreno prolificano i furbi e gli abusi.

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