Viaggiando può capitare di vedere distese di terreno che vengono irrigate da strani macchinari, gli irrigatori a naspo, che, mentre irrigano, si allontanano lentamente da una bobina gigante alla quale è arrotolato il tubo che porta l’acqua. Questo è quanto si vede, ma “dietro le quinte” ci sono le condutture che permettono alla bobina di prendere l’acqua da un serbatoio a sua volta alimentato da altre condutture che provengono da un serbatoio più grande e così via. Il progresso tecnologico ha permesso l’utilizzo di un nuovo metodo di irrigazione, definito SIT (Smart Irrigation Technology) che, grazie all’utilizzo di sensori intelligenti e interconnessi in un sistema IoT, offre la possibilità di migliorare l’utilizzo delle risorse idriche in previsione di eventuali cambiamenti climatici.
È importante adottare nuovi modelli produttivi per fronteggiare la scarsità idrica e decarbonizzare i processi, riducendo i gas a effetto serra. A tale scopo, nell’era della tecnologia smart e connessa, è nata la CSA (Climate Smart Agricolture), ovvero un insieme di tecniche dedicate alla gestione della terra e dell’acqua. Nel caso della prima vengono messe in atto pratiche agronomiche incentrate sul sequestro del carbonio e alla riduzione delle emissioni inquinanti; mentre per la seconda, viene messo in campo il metodo di irrigazione SIT.
Come funziona la tecnologia SIT
La tecnologia SIT può essere utilizzata in diversi modi: si può adattare a un sistema preesistente, che utilizza una infrastruttura semplificata (es: timer e sensore di pioggia), oppure può essere implementata partendo da zero. In quest’ultimo caso il modello che dovrà essere utilizzato per la realizzazione del SIT è simile a quello proposto in figura.
Tale modello, contestualizzato al territorio su cui dovrà essere implementato, produce i seguenti vantaggi:
- efficienza idrica
- aumento dello stato di salute e della qualità delle piante e/o colture
- riduzione dell’utilizzo di risorse esterne al territorio (acqua da dighe che servono anche Industria o altri settori).
Altra cosa importante da aggiungere è che il suddetto modello e la sua realizzazione, sono utilizzabili in qualsiasi contesto sia esso il semplice orto casalingo o terreno di grandi dimensioni; quello che cambia è il numero dei controller e dei sensori che dovranno essere applicati secondo le dimensioni del terreno da gestire.
Quindi, seguendo il modello, i controller si possono dividere in due categorie principali:
- Controller basati sul clima;
- Controller basati sull’umidità del suolo.
I controller basati sul clima, chiamati anche controller della evapotraspirazione, si basano sull’analisi dei dati di evaporazione dal terreno e traspirazione delle piante, in corrispondenza del territorio in cui vengono installati. Questo permette di gestire e controllare al meglio i processi di irrigazione, garantendo la giusta quantità di acqua al terreno che si sta coltivando.
L’IoT nei sistemi di irrigazione
I dati da analizzare possono essere recuperati dal controller in diversi modi, secondo marca e/o modello. I metodi maggiormente impiegati sono:
- Utilizzo dei dati metereologici del territorio dove sono stati installati. I dati vengono condivisi e inviati ai singoli controller tramite connessioni di tipo wireless;
- Utilizzo di dati storici sull’uso dell’acqua per colture. I dati vengono raccolti e “sistemati” secondo le variazioni di temperatura e radiazioni solari avvenute nel tempo;
- Misurazioni delle condizioni climatiche on-site, in questo modo vengono calcolate tutte le variabili necessarie ad una corretta programmazione del controller, il tutto viene fatto in tempo reale.
Il secondo tipo di controller intelligenti è basato sull’umidità del suolo (SMS – Figura 3).
Al posto di dati meteorologici, gli SMS utilizzano un sensore di umidità del suolo impiantato nel terreno per determinare la necessità d’acqua, stimandone il contenuto volumetrico del suolo, che rappresenta la porzione del volume totale di suolo occupato dall’acqua. Pertanto, in base a questa stima, i controller possono essere regolati per aprire le valvole e avviare l’irrigazione una volta che il contenuto volumetrico dell’acqua raggiunge una soglia definita dall’utente. Ovviamente il valore soglia appropriato dipende dal tipo di suolo e di vegetazione e di solito varia dal 10% al 40%.
Figura 3
Per poter raccogliere dati ottimali, gli SMS devono essere installati in un’area rappresentativa del terreno che si dovrà irrigare.
Alcuni studi hanno mostrato come questo tipo di controller “intelligenti” abbia prodotto un risparmio medio di irrigazione del 72% e un risparmio idrico del 34% in condizioni di siccità (Cardenas-Laihacer et al., 2010; Cardenas-Laihacer et al., 2008).
Ma è sufficiente solo una delle due categorie di controller per ottenere un tipo di irrigazione davvero smart, ovvero integrata in un sistema IoT?
La risposta a questa domanda è racchiusa nel modello già mostrato in precedenza, infatti lo stesso presenta una serie di altri sensori i cui dati aggiunti a quelli recepiti dai controller permettono una efficienza maggiore. I sensori che possono essere aggiunti sono di diversi tipi ma, sostanzialmente, i rilevamenti che vengono eseguiti sono:
- Umidità del terreno se il terreno da coltivare è molto grande può essere utile avere un rilevamento della presenza dell’acqua impiantando questo tipo di sensori in più punti, che verranno connessi con l’unità di controllo centrale utilizzando reti wireless;
- Pioggia o gelo per quanto questi sensori non siano smart o intelligenti, poiché il loro funzionamento è molto simile a un interruttore, il segnale ON/OFF può essere utilizzato come indicatore, al controller principale, della presenza o meno di pioggia o gelo;
- Vento anche in questo caso, si tratta di un sensore tipo interruttore con soglia e anche in questo caso, se dovesse essere raggiunta la soglia predefinita (calcolata su valori e dati storici tipici del territorio), il sensore invia segnale al controller principale.
Il controllo dell’irrigazione con IoT e intelligenza artificiale
Quindi maggiore è la presenza di sensori distribuiti sul terreno da irrigare e migliore è il risultato in termini di efficienza idrica, qualità della coltura, ecc. Allo stesso tempo aumenta, però, il controllo da parte dell’utente che sarà costretto ad effettuare diverse e continue tarature per aumentare la qualità delle colture. Per evitare, una continua manutenzione utile al solo scopo di avere dei valori di soglia più precisi, si potrebbe aumentare l’intelligenza dei controller utilizzando i dati dei sensori come una funzione differenziale non lineare dipendente dalla quantità d’acqua apportata dai vari cicli di irrigazione, dal consumo della coltura irrigata e dalle caratteristiche del terreno; questa funzione diventerà, poi, il modello di apprendimento per una rete neurale che non solo permetterà al sistema di adattarsi ai cambi di clima, ma sarà anche in grado di fare previsioni di utilizzo e consumo di acqua ed energia, ed evitare interventi continui da parte dell’utente sui valori di soglia iniziali ma anche e soprattutto su quelli da modificare e/o aggiornare durante i cicli di irrigazione.
Per poter ottenere quanto appena descritto, sarà necessario che la rete neurale (NN) sia ricorrente e operi in un sistema chiuso.
Sostanzialmente il nuovo sistema avrebbe tre algoritmi principali, gestiti in autonomia dalla NN, ovvero:
- Prediction (PA) calcola la lunghezza del periodo di irrigazione necessario a raggiungere i valori calcolati dalla NN o estrapolati dai dati storici degli ET o semplicemente richiesti e configurati dall’utente;
- Action (AA) viene richiamato dal precedente quando il sistema è prossimo ai valori configurati;
- Adaptation (ATA) cambia i valori di input iniziali utilizzati dal PA se cambiano le condizioni iniziali di clima, umidità del suolo e consumo da parte delle colture.
In questo modo l’irrigazione, oltre che smart, diventa totalmente autonoma e intelligente, entra a far parte di un sistema IoT e diminuisce gli sprechi di acqua e di energia.
Cenni sugli irrigatori a naspo
Gli irrigatori a naspo, chiamati comunemente “rotoloni”, apparsi in Italia intorno agli anni ’70 e presenti in circa 40mila unità, per una superficie irrigata di poco inferiore a un milione di ettari, presentavano nei primi modelli molti limiti: elevate pressioni di esercizio, bassa uniformità di distribuzione, elevato consumo energetico e difficoltà nella movimentazione della macchina.
Nel corso degli anni, queste macchine sono state migliorate sia in meccanica che in elettronica. Ma tutto ciò non basta a preservare le risorse idriche, l’utilizzo delle quali, secondo una recente analisi di UN Water, negli ultimi cento anni è cresciuto di sei volte; infatti, sicurezza alimentare, salute, crescita economica ed ecosistemi dipendono tutti dalle risorse idriche, che a loro volta sono fortemente influenzate dai fattori climatici.