Il Piano nazionale Industria 4.0 è quello che serve. Certo, si può discutere sui dettagli, ma non c’è mai stata una determinazione così chiara e così forte e non ci sono mai state condizioni così interessanti per far partire e sostenere un processo di innovazione a livello nazionale. In altre parole non ci sono e non ci devono essere alibi. Ma non è solo una questione di opportunità, è anche un tema di sopravvivenza e di urgenza. La competitività dell’intero paese è subordinata alla scelta delle imprese di Fare Sistema e di partire. Grandi, medie e piccole, tutte sono coinvolte, perché, come richiama Alessandro Berzolla di Dallara Automobili, «nessuna impresa può essere veramente competitiva se non opera in un contesto e in un territorio che è a sua volta competitivo».
L’Industry 4.0 360 Summit #360SummitIndustria40, organizzato da Digital360 ha acceso un dibattito che ha coinvolto imprese, istituzioni, rappresentanti del mondo della politica e delle associazioni attorno ai contenuti del Piano Calenda e alle opportunità dell’Industry 4.0 per il nostro paese.
Stefano Quintarelli
Un segnale forte è arrivato subito da Stefano Quintarelli, deputato del gruppo Civici e Innovatori, imprenditore, scrittore e autore del libro Costruire il domani. Quintarelli ha ricordato che «per far partire l’Industria 4.0 bisogna credere nel digitale, occorre saper collocare un valore materiale e fisico come la produzione con la dimensione più immateriale, ma altrettanto concreta della digitalizzazione». La grandissima sfida per il nostro paese, secondo Quintarelli, è «nella capacità di sviluppare nuove competenze, perché sono le persone che fanno l’Industria 4.0». Ci sono poi le tecnologie e per Quintarelli lo scenario che ci accompagnerà verso la Fabbrica 4.0 non può non considerare gli sviluppi della connettività sempre più diffusa e sempre più veloce, dello storage (tutto quello che facciamo con il digitale è destinato a rimanere per sempre) e dell’intelligenza artificiale. «Non bisogna dimenticare – osserva – che con l’Internet of Things e con la connected factory si aprono nuove tematiche legate alla sicurezza e diventa ancora più rilevante il tema dell’Identità Digitale. In termini di business, questo scenario sta già cambiando in modo radicale il rapporto tra aziende e clienti».
Giovanni Miragliotta
Al Direttore dell’Osservatorio Industry 4.0 del Politecnico di Milano, Giovanni Miragliotta, il compito di inquadrare lo scenario in cui si colloca l’Industria 4.0 nel nostro paese. E Miragliotta incalza imprese, politica e istituzioni a fare di più sul piano della conoscenza perché il 40% dei top manager ancora non conosce il paradigma dell’industria 4.0 e di fatto due imprese su 3 a oggi ancora sottovalutano il pericoloso digital skill gap, che aggrava il ritardo nell’adozione del digitale e allarga la forbice della competitività che ci separa dai paesi che già corrono sull’Industry 4.0. Miragliotta analizza il “parco installato” nelle imprese italiane e si domanda se si può fare la Quarta Rivoluzione Industriale quando non si è fatta la Terza. Certamente occorre accelerare i processi, occorre «attuare il Piano perché i valori per le imprese ci sono e sono tanti», ma occorre anche affrontare questo cambiamento per leggere i nuovi business che le imprese possono attuare grazie all’Industry 4.0.
Andrea Rangone
Per il fondatore e amministratore delegato del Gruppo Digital360, l’Italia ha bisogno prima di tutto di un “elettroshock culturale”. «Non è solo una questione di tecnologia, l’Industria 4.0 non è un paradigma che può essere risolto solo sul piano dei prodotti e dell’innovazione tecnologica – afferma – dobbiamo tutti rinnovare lo spirito imprenditoriale del nostro paese e dobbiamo ridare all’Italia la capacità di generare nuove imprese competitive».
Negli Stati Uniti, il 40% del PIL arriva da aziende con meno di 30 anni di vita. «In italia siamo lontani e dobbiamo recuperare – prosegue – e occorre coniugare la capacità di innovazione tecnologica con una nuova apertura culturale per chi fa impresa. La politica può fare molto ma deve stare più vicina alle imprese su questi temi. Non c’è tempo da perdere e occorre tenere ben presente che l’Industria 4.0 non sarà solo manifattura, ma riguarderà qualsiasi settore». Rangone riconosce nello stesso tempo che questa è la prima legislatura con una forte presenza imprenditoriale attenta al digitale, ma non basta «è necessario far accadere le cose e cercare nuove leve di incentivazione non solo sul piano economico, ma di stimolo e incoraggiamento per le imprese»
Marco Taisch
Marco Taisch, professore di Sistemi di produzioni automatizzati e tecnologie industriali del Politecnico di Milano,pone l’accento sull’importanza delle competenze ben articolata dal Piano Calenda e sulla capacità di allineare le professionalità alle richieste e alle necessità del mercato: «Gli skill sono un asset fondamentale, perché oggi osserviamo un alto tasso di disoccupazione giovanile e molte imprese che cercano competenze e non le trovano». Taisch sottolinea che è necessario affrontare anche il grande tema della formazione dei formatori, per spingere i ragazzi dove c’è mercato.
Stefano Firpo
Stefano Firpo, Direttore della Direzione Generale per la Politica Industriale, la Competitività e le Pmi del Mise (Mistero dello Sviluppo Economico), ha affermato che le scorciatoie non servono e che serve, invece, un lavoro quotidiano paziente e tenace, unito al coraggio di investire risorse anche culturali su questi temi. Il governo punta sulla concretezza e sulla velocità con “un piano che si basa su automatismi di attuazione e che evita il più possibile la lentezza di bandi e i rischi di intermediazione”. Per Firpo il Piano Nazionale Industria 4.0 è meritocratico e selettivo. Parlando degli incentivi fiscali previsti dalle misure, Firpo ha sottolineato che rappresentano una miccia, una vera e propria chiamata alle imprese per generare un circolo virtuoso di innovazione. Adesso l’attuazione nelle mani delle aziende e si deve attuare un cambio di marcia nei processi di investimenti e di innovazione.
Lorenzo Basso
Per Lorenzo Basso, deputato PD direttamente coinvolto sui temi dell’Industry 4.0, «occorre fare bene attenzione a non escludere da questo processo il mondo delle piccole medio piccole imprese. Questa è una sfida nuova per il capitalismo italiano, che deve mantenere e far crescre la propria capacità di valorizzare le competenze e il valore del Made in Italy, l’anima italiana. Adesso è necessario avere la capacità di portare intelligenza in tutti i prodotti e occorre cambiare la catena produttiva e interconnettere tutta la produzione».
Gianni Potti
Uno dei motori per l’Industria 4.0 nel nostro paese è rappresentato dai Digital Innovation Hub, che sono stati richiamati da Gianni Potti, Presidente del Comitato Nazionale Coordinamento Territoriale di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, nel loro ruolo di veicoli per la diffusione dell’innovazione verso le imprese. Per Potti, gli incentivi fiscali e l’iperammortamento sono un segnale molto importante e utile, ma ammonisce che l’Industria 4.0 non deve essere ridotta a uno sconto fiscale. Deve essere l’occasione per un vero ripensamento del sistema industriale del Paese, deve rappresentare il momento per reingegnerizzare i processi e collegare in modo strutturale la ricerca e le imprese anche e appunto con i Digital Innovation Hub.
Andrea Bianchi
Andrea Bianchi, Direttore Politiche industriali di Confindustria, guarda alla realtà delle imprese e avverte che non si deve focalizzare l’attenzione solo sullo sviluppo di nuove competenze, certamente necessarie, ma occorre guardare realisticamente alle risorse presenti in azienda e a come accompagnare le organizzazioni in questo percorso verso l’Industria 4.0.
Bianchi sottolinea il valore del Piano Calenda e il fatto che l’Italia è stata la prima al mondo a definire le categorie di beni 4.0. Rileva anche che c’è un clima e un’attenzione su questi temi che era impensabile solo un anno fa. «La grande sfida – ha rilevato Bianchi – è quella di trasformare questa attenzione in investimenti».
Paolo Prinetto
Paolo Prinetto, Presidente del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, ha osservato che “l’Industria 4.0 e la Cybesecurity sono legate indissolubilmente. Non c’è la prima senza la seconda e sottovalutare la sicurezza rischia di compromettere qualsiasi progetto”.
Elio Catania
Per il Presidente di Confindustria digitale Elio Catania, il bicchiere è decisamente mezzo pieno: «Il Piano Calenda non sarà perfetto – osserva – ma dimostra attenzione concreta e forte della politica verso il digitale che mai si era vista prima d’ora». Ma non basta: «Per l’Industry 4.0, serve una leadership politica e imprenditoriale che sappia scaricare a terra tutta l’energia che serve per questo cambiamento e occorre portare gli skill necessari alle imprese».
Con il piano Calenda si è creato un concentrato di opportunità e possibilità: incentivi, investimenti, formazione e risparmio. Adesso bisogna trasformali in realtà.
Francesco Maria Cuccia
Il capo della Segreteria tecnica del ministro Calenda, Francesco Maria Cuccia, ricorda in conclusione dell’evento che il Governo è pronto, che l’amministrazione della macchina dello Stato è pronta e che finalmente la politica industriale è veramente tornata al centro della strategia della politica e del governo.
«Parlare di Industria 4.0 è importante anche per farla funzionare e per diffondere quella conoscenza del fenomeno e delle opportunità che è fondamentale per aiutare le imprese e a scegliere.
Il grande valore del Piano nazionale Industria 4.0 è anche nella visione strutturale del percorso industriale dell’Italia».
27 Gennaio 2017
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