Man mano che aumenta il numero degli oggetti connessi e quello delle informazioni che sono in grado di trasmettere, diventa sempre più difficile dare aggregare i dati e dare loro un senso compiuto. Sia in termini di quantità, sia per quanto riguarda le “possibilità di incrocio” che possono fornire indicazioni utili per le imprese, dal miglioramento del ciclo di produzione al contenimento dei costi, fino a un’attenzione più focalizzata sulla user experience. Per questo le “capacità umane” non bastano per trarre il meglio dalle possibilità offerte dall’IoT, ma c’è e ci sarà progressivamente sempre più bisogno di affidare il compito del monitoraggio e dell’analisi a sistemi dotati di intelligenza artificiale. E’ la tesi di Eric Maillard, esperto in Application performance di Dynatrace, digital performance management company specializzata sull’ottimizzazione della customer experience.
“L’IoT non è una tecnologia unica – spiega – È un ecosistema di interazioni umane e non umane che coprono una moltitudine di tecnologie, creando ambienti sia complessi che dinamici, la cui portata è difficile da comprendere e controllare. Le tecnologie informatiche tradizionali e le nuove tecnologie si incontrano e crescono fianco a fianco per creare un nuovo ecosistema IoT, un modo per le aziende di ottimizzare il proprio business, differenziare i propri prodotti e servizi da quelli dei concorrenti e trasformare tutti i loro mercati offrendo nuovi prodotti e servizi”.
L’intelligenza Artificiale come risposta ai limiti dell’IoT
Ma se le opportunità in termini di competitività abilitati dall’IoT sono ormai abbastanza chiari alle imprese, forse non è ancora allo stesso modo evidente cosa sia necessario fare per trarre il massimo dei vantaggi dalle informazioni che si raccolgono. “Gli ambienti IoT, sempre più dinamici e distribuiti, sono anche sempre più complessi, densi e dinamici – prosegue Maillard – Sebbene siano una miniera d’oro di dati, gli esseri umani non possono più gestire con i soli strumenti tradizionali un tale volume, velocità e varietà di informazioni. Inoltre, le applicazioni IoT sono spesso collegate direttamente ai processi aziendali critici o all’esperienza del cliente. Di conseguenza, il minimo problema di prestazioni, rallentamenti o guasti in una di queste applicazioni può avere un impatto significativo sui risultati dell’azienda. Quando si verifica un incidente, la sua identificazione e risoluzione devono ovviamente essere veloci, ma idealmente proattive”.
Questo vuol dire, quindi, che gli occhi o le capacità di calcolo umane potrebbero non essere sufficienti per centrare l’obiettivo: “L’approccio tradizionale del monitoraggio, che consiste nell’osservare i cruscotti, rispondere agli allarmi e analizzare i problemi manualmente, non può più funzionare – sottolinea Maillard – È qui che entra in gioco il monitoraggio basato sull’intelligenza artificiale, che ora consente di analizzare ecosistemi complessi, dinamici e ad alto volume. I miliardi di eventi che si verificano possono essere visti in tempo reale in un formato non solo comprensibile, ma possono essere utilizzati concretamente per determinare le azioni da intraprendere per migliorare continuamente l’esperienza dell’utente. Laddove le capacità umane da sole oggi mostrano i loro limiti, l’intelligenza artificiale può immediatamente assorbire e dare un senso ai terabyte di dati – aggiunge Maillard – Automatizza il compito di scoperta e analisi, che in precedenza richiedeva ore o addirittura giorni di lavoro e oggi richiede solo pochi millisecondi. Identifica proattivamente i problemi e la loro origine, ovunque nell’ecosistema IoT”.
Le applicazioni pratiche che possono dimostrare la validità di questi concetti sono intuitive ed esistono già, che si tratti di strumentazioni critiche nel settore sanitario o di illuminazione intelligente nelle smart city: ”Questo tipo di monitoraggio – conclude Maillard – consente di determinare se un dispositivo funziona o meno e, in caso di problemi, di trovare l’origine, il luogo e il personale responsabile alla sua risoluzione. E quindi limitare i rischi del consumo di energia”.