Il comparto manifatturiero italiano, che grazie alle eccellenze in molti settori ha reso famoso il Made in Italy nel mondo, sta finalmente uscendo dalla crisi economica, anche grazie alla digitalizzazione in corso nei suoi processi: quella che molti chiamano la quarta Rivoluzione industriale, o “Smart Manufacturing”. Ma perché questo diventi un vero cambio di marcia per il sistema Paese occorre un programma nazionale, simile a quelli già in corso in altri Paesi, tra cui Germania, USA e Regno Unito.
È questa in sintesi la fotografia scattata dal rapporto dell’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano, presentato pochi giorni fa presso l’ateneo milanese. Le imprese italiane, scrivono i ricercatori, hanno iniziato a investire in tecnologie come Internet of Things, Big Data e Cloud Computing, sistemi di produzione automatizzati (Advanced automation), dispositivi wearable e nuove interfacce uomo/macchina (Advanced Human Machine Interface) o stampa 3D (Additive Manufacturing).
Rispetto allo scenario mondiale però l’adozione appare rallentata da fattori di contesto, culturali, organizzativi e dalla capacità di offerta. «Lo Smart Manufacturing è la strada fondamentale per il rilancio dell’industria italiana – ha spiegato Alessandro Perego, Co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing – perché fa lavorare in modo più intelligente e ‘connesso’ le risorse dei processi industriali, portando efficienza, velocità e flessibilità. A più alto livello, consente di innovare il modo di produrre e i prodotti stessi».
Dai Munifacturing Big Data per la qualità all’Advanced Automation per la logistica
«Lo Smart Manufacturing è destinato a diventare il paradigma della manifattura del futuro – afferma Andrea Sianesi, Co-responsabile scientifico dell’Osservatorio -. Gli ambiti applicativi sono molto ampi: dagli Smart object per la tracciatura dei processi ai Big Data a supporto della gestione della qualità, dall’Advanced automation nella logistica interna alle piattaforme Cloud per la collaborazione nei processi esecutivi».
«La ricerca, pur rivelando un buon fermento anche in Italia, mostra come nel nostro Paese ci sia ancora molta strada da fare da parte di aziende utenti, fornitori e istituzioni – aggiunge Marco Taisch, Co-responsabile scientifico dell’Osservatorio –. Spiace osservare come nel documento ‘Strategia per la crescita Digitale’ della Presidenza del Consiglio neppure una riga sia dedicata al settore manifatturiero. L’auspicio è contribuire con il nostro lavoro a un cambiamento sul fronte dello Smart Manufacturing, rafforzando l’industria italiana e la sua capacità di generare ricchezza e stabilità economica».
Applicazioni, la parte del leone la fa la Smart Execution
L’Osservatorio ha censito in Italia 135 applicazioni in ambiti molto diversi nelle 43 imprese manifatturiere analizzate. La maggior parte fa riferimento alla Smart Execution – produzione, logistica, manutenzione, qualità e sicurezza & compliance – in particolare grazie a tecnologie mature come Internet of Things e Big Data, mentre il Cloud Manufacturing e l’Advanced Human Machine Interface si candidano per diventare le prossime tecnologie di riferimento.
Una grande ricchezza applicativa si trova anche nell’area della Smart Integration, che comprende New Product Development, Suppliers Relationship Management e Product Lifecycle Management. Quanto all’area Smart Planning (Production & Distribution Planning, Inventory Management e Supply Chain Event Management), il potenziale appare ancora latente: ma una volta che le tecnologie smart avranno permeato il processo manifatturiero e i sistemi di condivisione dei dati, l’innovazione delle logiche di pianificazione sarà inevitabile.
«La situazione dello Smart Manufacturing in Italia mostra luci e ombre – commenta Giovanni Miragliotta, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio –. I dati mostrano che le medie e grandi imprese italiane sono già attive sul tema, ma emerge l’assenza di una visione strategica, sia a livello di singola impresa sia di Paese. Fare Smart Manufacturing non è adottare questa o quella tecnologia, ma saper ‘orchestrare’ il digitale per trasformare i processi industriali come è accaduto nel terziario avanzato».
Il percorso di adozione dello Smart Manufacturing in Italia appare rallentato da diversi fattori. Le principali barriere sono le ridotte dimensioni delle nostre imprese, i limiti di cultura digitale nelle decisioni per l’adozione delle tecnologie, l’assenza di equilibrio tra tecnologie operative e informatiche nelle organizzazioni. E poi i problemi con i fornitori che – nella percezione delle imprese – tendono a “monetizzare” commercialmente l’innovazione proposta, più che a supportare la comprensione della portata del cambiamento.
L’auspicio di un programma nazionale
Lo Smart Manufacturing nel mondo nasce dai grandi programmi di innovazione digitale che definiscono strategie, roadmap e criteri di unificazione attorno a cui sviluppare l’industria del futuro. Programmi varati per esempio da Germania, USA – grazie alla Smart Manufacturing Leadership Coalition (SMLC) – e Regno Unito con l’iniziativa “High Value Manufacturing”.
Anche in Italia si è formata nel 2012 l’associazione senza fini di lucro “Cluster nazionale Fabbrica intelligente”, che si pone, tra gli altri, l’obiettivo di sviluppare e indirizzare la trasformazione dell’industria, coinvolgendo imprese, università, centri di ricerca e associazioni.
«Considerando però che l’Italia è la seconda manifattura europea e che il comparto manifatturiero rappresenta con il suo indotto il 20% della ricchezza del Paese, sarebbe auspicabile da parte delle istituzioni un’attenzione su questi temi simile a quella dimostrata dall’esecutivo tedesco con il suo programma nazionale – osserva Miragliotta -. L’Osservatorio ha anche l’obiettivo di sensibilizzare le imprese, i fornitori di tecnologia e le istituzioni verso un programma di intervento che goda poi del supporto dell’esecutivo».