Il campo della Medical Technology o MedTech è molto vasto. Include prodotti, soluzioni e servizi – più o meno evoluti – utilizzati nell’ambito della prevenzione, della diagnosi, del monitoraggio, del trattamento, della riabilitazione e della cura dei pazienti. Anche se può evocare scenari futuristici dominati dalla robotica in chirurgia o dall’intelligenza artificiale applicata per ottenere insight predittivi, in realtà il MedTech abbraccia già oggi una serie di device e di macchinari di uso molto comune. L’ecografia e la risonanza magnetica sono classici esempi della cornice in cui opera, ma lo è anche il test rapido antigenico che tutti abbiamo imparato a conoscere dall’avvento del Coronavirus. Secondo MedTech Europe, nel 2020 c’erano 33 mila aziende MedTech nel vecchio continente, il 95% delle quali PMI, che hanno registrato più di 14.200 brevetti, hanno dato occupazione a oltre 760 mila persone e generato un fatturato pari a 140 miliardi di euro. Cifre che si possono paragonare a quelle diffuse da Assobiomedica, l’associazione di Confindustria a cui aderiscono le aziende di questo settore. In Italia, le imprese di produzione di dispositivi medici sono 2.523, a cui si aggiungono 1.643 di distribuzione e altre 380 di servizi. In totale danno lavoro a 112.534 dipendenti e sono protagoniste di un mercato che vale 16,2 miliardi di euro tra export e mercato interno.
Dalla diagnosi alla cura, le suddivisioni del MedTech
L’ampiezza delle tecnologie riconducibili all’interno della MedTech rende ardua un’elencazione esaustiva. Tuttavia ci possono essere delle catalogazioni che provano a raggruppare in macro aree strumenti e prodotti con caratteristiche affini. MedTech Europe per esempio li suddivide in 3 categorie:
- Medical devices. Includono dispositivi medici, apparati, apparecchi, software, impianti, reagenti, materiali e altri articoli. Quindi in questa categoria rientrano, per dare un’idea, siringhe e pacemaker, TAC e macchine radiogene. In pratica, tutti quei medical devices impiegati da soli o in combinazione per diagnosi, prevenzione, monitoraggio, trattamento e cura.
- In Vitro Diagnostics (IVDs). La diagnostica in vitro si riferisce a tutti quegli strumenti che non entrano in contatto diretto con una persona, poiché servono a fornire informazioni basate su un campione. Test per l’epatite o l’HIV, test per la gravidanza, sistemi di monitoraggio della glicemia e tamponi per il Covid-19 sono solo alcuni dei prodotti che fanno parte di questa classificazione.
- Digital Health Solutions. Queste soluzioni utilizzano le tecnologie ICT per migliorare il patient journey attraverso la telemedicina e altri modelli di assistenza digitale che abilitano un’assistenza sanitaria personalizzata, predittiva e di precisione, al centro della quale i dati tendono ad avere un ruolo sempre più cruciale.
Assobiomedica propone una differente suddivisione, facendo coincidere il settore dei dispositivi medici con 13 comparti principali:
- Biomedicale
- Biomedicale strumentale
- Dispositivi a base di sostanze
- Elettromedicali e servizi integrati
- Diagnostica in vitro
- Attrezzature tecniche
- Ausili
- Home & Digital Care
- Dentale
- Ottica
- Medicina estetica
- Protesi acustiche
- Servizi
Un’applicazione MedTech: medicina e ingegneria biomedica
Le due classificazioni riportate sopra offrono un approccio che potremmo definire “estensivo”, nel quale il binomio fra medicina e tecnologia sembrerebbe ricorrere in qualsiasi ambito clinico. Se dall’analisi dei mercati di riferimento si passa però ai percorsi accademici che identificano il MedTech in senso stretto, allora il perimetro considerato si restringe. Nel nostro Paese, infatti, i corsi di laurea MedTec (generalmente sono indicati con questa grafia) si contano sulle dita di una mano. Il primo ateneo ad avere lanciato questo progetto nel 2019 è stato l’Humanitas University in partnership con il Politecnico di Milano. La MedTec School, il corso di laurea in Medicina e Ingegneria Biomedica proposto dalle due università lombarde, è in lingua inglese e dura 6 anni. A chi completa il piano di studi viene riconosciuta sia la laurea in Medicina sia la triennale in Ingegneria, ma l’idea di fondo non è tanto quella di dare vita a un ircocervo dal punto di vista professionale, quanto quella di formare il medico del futuro, pronto ad affrontare i cambiamenti dei prossimi anni. Il percorso, quindi, mira a creare una figura ibrida, a metà fra il medico e l’ingegnere, che sia in grado di comprendere e gestire tecnologie di frontiera applicate alla biologia e alla medicina, spaziando dai modelli di data analytics e machine learning ai nuovi materiali, dai robot chirurgici alle endoprotesi, solo per citare alcune di queste tecnologie.
Come MedTech e tecnologie biomediche abiliteranno la nuova sanità
Più nel dettaglio, la tecnologia biomedica consiste nell’applicazione dei principi e dei metodi dell’ingegneria biologica e medica per la risoluzione dei problemi legati alla salute. Si occupa, perciò, degli aspetti teorici, nonché della progettazione e della produzione di sistemi, componenti e dispositivi biomedici utilizzati per l’assistenza sanitaria. Il sito Statista calcola che il mercato inerente dovrebbe raggiungere nel 2022 un valore che supera i 523 miliardi di dollari, con una quota preponderante detenuta dai medical devices. Certamente la pandemia ha impresso una forte accelerazione all’impiego su vasta scala di diverse tecnologie biomediche, ridisegnando la mappa di quelle destinate ad avere grande rilevanza anche nel new normal. In particolare, ecco quali sono le tecnologie che abiliteranno i cambiamenti nella pratica clinica e nella sanità di domani.
Monitoraggio remoto del paziente
L’esplosione, nell’ultimo biennio, del monitoraggio a distanza di parametri vitali come pressione sanguigna e frequenza cardiaca ha segnato uno spartiacque. Un sondaggio condotto da Prevounce ha riportato che nel 2020 circa 23,4 milioni di pazienti statunitensi ne hanno usufruito. Proprio per sostenere questa tecnologia biomedica specifica, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha destinato 4 miliardi di euro a favore dei servizi di telemedicina con lo scopo di “contribuire a ridurre gli attuali divari geografici e territoriali in termini sanitari grazie all’armonizzazione degli standard di cura garantiti dalla tecnologia; garantire una migliore esperienza di cura per gli assistiti; migliorare i livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali tramite la promozione dell’assistenza domiciliare e di protocolli di monitoraggio da remoto”.
Intelligenza artificiale
In ambito MedTech, il ricorso all’intelligenza artificiale si è dimostrato decisivo per la progettazione dei vaccini contro il Covid-19. AlphaFold 2, il sistema AI sviluppato da DeepMind, azienda britannica di proprietà di Google, è riuscito a determinare velocemente diverse strutture proteiche del SARS-CoV-2. È soltanto uno dei tanti esempi applicativi che l’intelligenza artificiale rende disponibile in campo medico e fa capire quanto una ricchezza di informazioni elaborata dagli algoritmi di machine learning possa agevolare gli operatori e le stesse agenzie sanitarie nel prendere decisioni fondate su dati statistici attendibili. I vantaggi pratici attesi vanno dalla possibilità di identificare in anticipo una patologia a quello, a livello sistemico, di ottimizzare le risorse e gli investimenti alla luce dei metadati raccolti e analizzati.
Internet of Medical Things
Nel contesto dell’IoT, l’Internet of Medical Things (IoMT) è una branca che sta crescendo in maniera tumultuosa grazie alla diffusione della sensoristica e alla disponibilità di connessioni sempre più veloci abilitate dal 5G. L’IoMT si integra sia con le esigenze della telemedicina sia con le pratiche di monitoraggio e gestione dei pazienti dentro gli ospedali e le strutture di cura. Basti pensare, ad esempio, all’interoperabilità dei braccialetti indossati dai malati in tutti i reparti nosocomiali in cui si trovano a soggiornare, da quelli in cui avviene la degenza alla sala chirurgica. I dispositivi IoMT si candidano di conseguenza a fare da snodo come punto essenziale di raccolta dati convogliabili nelle piattaforme di intelligenza artificiale o, semplicemente, che possono essere accolti in un repository associato al Fascicolo Sanitario Elettronico.
Gli sbocchi lavorativi aperti dal MedTech
I 3 segmenti elencati sopra ovviamente non tengono conto dei tantissimi ambiti in cui la tecnologia biomedica si sta muovendo, da quello dei biomateriali alla neuromodulazione, dall’ortopedica alle cellule staminali. La multidisciplinarietà è la cifra che caratterizza il MedTech, tanto che la stessa Humanitas University, nel presentare il suo corso di laurea, ammette che non esiste una figura professionale riconosciuta come quelle che di solito vengono formate mediante i canonici percorsi accademici. I laureati MedTec, in sostanza, potranno prendere due strade alternative: quella tradizionale di tipo ospedaliero e clinico, quella della ricerca all’interno di aziende private e istituzioni. Di sicuro, anche se al momento in Italia non c’è un albo di “medici tecnologi”, non correranno il rischio di restare disoccupati. La fotografia di Assobiomedica, seppure limitata al settore dei dispositivi medici che è più circoscritto del mondo della tecnologia biomedica nel suo complesso, ritrae una filiera caratterizzata da un’occupazione altamente qualificata in cui il numero di donne impiegate è superiore agli standard occupazionali presenti nel nostro Paese. A oggi gli studenti iscritti alla MedTech School dell’Humanitas sono 186, di cui 94 uomini e 92 donne. A ulteriore conferma che la tecnologia biomedica non solo rappresenta un’opportunità per tanti giovani, ma potrà contribuire a definire la gender equality nei mestieri più richiesti dalla medicina dei prossimi anni.