Horsa Point of View

Misurare l’efficienza operativa con le Advanced Analytics

Spesso nelle aziende, soprattutto in quelle del manufacturing, non sono impiegati in modo adeguato i dati presenti, da cui invece si può ricavare un valore molto importante per migliorare l’efficienza operativa

Pubblicato il 25 Gen 2023

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Secondo quanto riscontrato da Gartner, circa il 70% dei dati presenti in azienda non è valorizzato. C’è un grande potenziale inespresso, che si traduce in una perdita di valore perché il dato viene impiegato male. Ma non solo: se ci riferiamo in particolare al mondo manifatturiero, è molto diffusa la presenza di silos di dati, compartimenti stagni che non consentono la condivisione delle informazioni. Tutto questo porta a una perdita di efficienza operativa o, se vogliamo, a non ottenere il miglior risultato possibile in termini di efficienza. E di questo non ne risente solo la linea produttiva ma, in generale, tutti i processi aziendali.

Una soluzione però c’è, e consiste nello sfruttare le advanced analytics in modo da ottenere valore dai dati, importanti indicazioni su dove intervenire per migliorare l’efficienza operativa. Tuttavia, per raggiungere questo risultato, bisogna seguire precise linee strategiche.

Un approccio olistico

“Anzitutto – suggerisce Gianpaolo Spina Basile, client manager di Horsa ed esperto di progetti di advanced analytics – è necessario avere un approccio più olistico e una strategia che porti a una democratizzazione e a una trasversalità delle informazioni, che non devono essere a uso consumo di un unico reparto”.

Per chiarire il concetto, Spina Basile cita un esempio pratico: “Consideriamo il caso in cui si debba fare un forecast con una previsione molto affidabile. Per ottenere il risultato atteso si utilizzano strumenti predittivi e di advanced analytics che devono poter analizzare più dati utili possibile e che, molto difficilmente, possono essere solo quelli relativi a un unico reparto. Analogamente, il risultato del forecast non deve poter essere usato solo da un unico reparto. Si dovrebbe avere un’armonizzazione e un’interconnessione tra i vari reparti, altrimenti è molto difficile migliorare l’efficienza operativa”.

Come misurare l’efficienza operativa

Uno dei primi strumenti per misurare l’efficienza operativa è proprio il grado di connessione tra i reparti o, se vogliamo, la democratizzazione del dato all’interno dell’organizzazione: se c’è un’elevata trasversalità delle informazioni possiamo dire che abbiamo un buon risultato.

Nel mondo manifatturiero la tendenza è di avere sempre più sistemi e prodotti connessi – sottolinea Spina Basile –. Dove è stato possibile, sono stati implementati progetti IoT. Tuttavia, spesso, i risultati di tali progetti non sono stati soddisfacenti. In massima parte questo è successo perché poggiavano su una strategia debole”.

Magari c’era un’alta aspettativa e si volevano monetizzare i dati creando un servizio per gli utenti, però non era stato considerato se l’infrastruttura sottostante fosse o meno adeguata a ottenere il risultato atteso. Per avere un dato in real time serve un investimento importante su una data platform. Si capisce quindi come quel 70% di valore non espresso dai dati dipenda sovente dalla mancanza di una strategia o da una strategia debole che sovrastima le capacità dell’infrastruttura IT nel supportare il pensiero. “Oggi il fattore limitante è spesso il budget – aggiunge Spina Basile –, si tende sempre di più a contrarlo e a spostare budget da investimenti a costi, quindi, puntare sempre più sui servizi e meno sulle infrastrutture”.

Un progetto di successo

“Il successo di un progetto sta nella capacità di riuscire a mettere assieme tre fattori – afferma Spina Basile –: la parte tecnologica, la parte dei processi, la parte delle persone. Su queste tre leve ci sono i potenziali rischi di fallimento. Troppo spesso prevale la parte tecnologica e i progetti hanno un taglio It, aspetto che invece dovrebbe avere un ruolo secondario”.

Consideriamo, per esempio, un progetto aziendale come l’implementazione di un CRM. Solitamente è guidato dell’It, che ha fatto l’analisi dei fornitori e della piattaforma, però nella fase implementativa magari non ha considerato un processo utile al business o una condivisione aziendale necessaria.

Manca sempre il punto di partenza condiviso, il motivo per cui in azienda serve un CRM, se bisogna specializzare la manodopera, se si è in grado di interpretare gli insight che vengono forniti e poi anche di poterli rielaborare. Si deve essere in grado di governare i dati. “È stato quindi creato un progetto che soddisfa al meglio i requisiti tecnologici It, ma in realtà non servirà all’It bensì al business – precisa Spina Basile –. Oggi di dati ne abbiamo tanti, ma di analytics poche e le aziende, specie nel mondo manufatturiero, non possono permettersi di avere e di pagare delle figure di data scientist che se ne occupino. Devono poter trarre valore dai dati analizzandoli in prima persona. I dati oggi sono sempre più centrali, tanto che paradossalmente le aziende dovrebbero investire di più nello sviluppo di analytics, propedeutiche a comprendere al meglio le dinamiche di mercato e i cambiamenti legati alle crisi degli ultimi anni, piuttosto che concentrarsi solo nello sviluppo del prodotto”.

In azienda c’è sempre più di frequente la consapevolezza che il dato sia una risorsa inespressa. E, sempre più spesso, nei processi di innovazione sono coinvolte figure che erano assenti in passato, come il CFO che diventa una guida al cambiamento. Ci sono anche gli operation manager, che vogliono dare un cambio radicale alla produzione, riorganizzandola per poter raggiungere gli obiettivi. Queste “nuove” figure sono anche gli sponsor dei progetti stessi.

La soluzione migliore

Qual è la soluzione migliore portare a termine con successo un progetto? “Consiglierei di affidarsi a un buon assessment che consideri tutte le esigenze di business – chiarisce Spina Basile –, magari con dei laboratori con focus su fabbisogni che richiedono un impegno limitato, che danno piccole risposte. Un approccio lean agli analytics. Questo sia per i requisiti di business sia sotto l’aspetto della data platform, che deve muoversi in parallelo. Oggi i tempi sono sempre più ristretti e non ci si può permettere di sbagliare. Procedendo per piccoli passi si hanno sempre sotto controllo i risultati raggiunti e, se è il caso, si può modificare rapidamente il percorso intrapreso. Ci deve quindi essere una costante governance nei progetti”.

Ragionare come Messi

“Bisogna poter assorbire le novità – sostiene Spina Basile –. Spesso quello che vediamo è un progetto di grande portata che però non arriva mai alla fine. Così calano gli interessi, viene meno l’attenzione e il progetto fallisce. Consiglierei, dove è possibile, di procedere per step magari un po’ misurati”.

Spina Basile fa un paragone calcistico, equipara un progetto alla strategia che usa il fuoriclasse argentino Lionel Messi: ha una velocità in esecuzione nelle gambe fortissima. Tuttavia, analizzando nel dettaglio il suo movimento si è notato che, quando corre e punta l’avversario, la sua azione veloce si ferma una frazione di secondo e lui rielabora la strategia migliore. Poi riparte e va in gol. “Lo stesso andrebbe fatto con i progetti – afferma Spina Basile –. Ci dovrebbero essere dei momenti di riflessione per poter valutare se il tragitto intrapreso sia la strada giusta per migliorare l’efficienza operativa o se va in qualche maniera rivista. E in questo un grande aiuto può arrivare dagli advanced analytics”.

La valutazione del rischio

Questo modo di procedere nasconde però un fattore importante, la valutazione del rischio di progetto. “Una vera e propria analisi del rischio l’ho vista fare poche volte –conclude Spina Basile –, mentre quando si inizia un nuovo progetto è auspicabile che venga fatta. Dove non è possibile è utile creare dei momenti di controllo della fase di avanzamento per avere la certezza di raggiungere obiettivi facilmente misurabili e di avere sempre un on boarding di tutti i vari attori, per contenere un’eventuale emorragia dei costi”.

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