È un dato di fatto: le regole della App Economy sono generalmente molto diverse da quelle dei business tradizionali. Ma su un punto c’è assoluta convergenza. Esattamente come nella old economy, anche uno sviluppatore di Mobile App dovrebbe privilegiare – o almeno non trascurare – la retention dei clienti acquisiti rispetto alle strategie di espansione aggressiva a scapito dei concorrenti. Il motivo di base? Sempre lo stesso: nonostante cambino i meccanismi di ingaggio e l’approccio dei consumatori ai servizi mobile, conquistare nuove fette di mercato costa assai di più (circa il 33%) che costruire una solida relazione con chi ha già scaricato e cominciato a utilizzare una app.
Questo perché il successo di una App si fonda sul suo uso continuativo, molto più che sul download. E investire risorse per aumentare i download anziché per coccolare gli utenti fidelizzati può avere un impatto doppiamente negativo sulla diffusione del software e, di conseguenza, sulle revenue.
È possibile naturalmente puntare sull’acquisizione di nuovi clienti spingendoli contemporaneamente ad adottare la piattaforma, ma d’altra parte il costo per contatto è sempre più elevato: secondo il Cost Per Loyal User Index elaborato da Fiksu (multinazionale specializzata in tecnologie per il mobile marketing), questo indicatore su iOS è arrivato a circa 3 dollari per utente, il 113% in più rispetto a un anno fa. È ovvio: più app ci sono nell’ecosistema (oltre che sul display dello smartphone), più difficile diventa conquistare l’attenzione del pubblico e mantenerla alta dopo il download.
Il tasso medio di fedeltà a un’applicazione, a un mese dal download, non supera infatti il 2,3%. Lo dice uno studio realizzato da Tapstream, secondo il quale, tra le altre cose, a distanza di 24 ore dal download solo il 14% degli utenti continua a utilizzarla, e la percentuale si abbassa al 10% dopo una settimana, scendendo poi via via al 2,3%. Anche una recente ricerca Localytics sottolinea quanto sia importante spingere gli utenti (con notifiche e meccanismi di gamification) a utilizzare frequentemente la App nei primissimi giorni che seguono il download, pena un tasso di abbandono del 75%, anche se non la si disinstalla dal device.
53 dollari per conquistare un nuovo utente, 6 per trattenerne uno già acquisito
Sulla base di queste considerazioni, Kelsey Ricard, Growth Lead di Taplytics (piattaforma analitica di misura delle performance delle App), ha ipotizzato su Mobile Commerce Daily uno scenario che ben spiega cosa implica puntare troppo sull’allargamento della customer base a scapito di una corretta strategia di retention. «Consideriamo un’ipotetica società chiamata appX, che è riuscita a conquistare 100 mila nuovi utenti attraverso canali a pagamento come Facebook e Twitter», spiega la ricercatrice. «Stando alle correnti quotazioni di mercato, questo significa che appX ha investito circa 123 mila dollari per trovarsi dopo appena un mese con 2300 utenti attivi». In pratica, appX ha speso 53 dollari per ciascuno dei 2.300 clienti che, secondo questo modello, rimangono fedeli. Ma se appX avesse puntato sulla retention, anziché sulla pura espansione, ponendosi per esempio come obiettivo il raggiungimento di una soglia del 20% di clienti trattenuti, a parità di investimenti, il costo per ciascuno dei 20 mila utenti invogliati a restare sarebbe stato di soli 6 dollari.
«Perché una app abbia successo è necessario dunque affiancare crescita e ritenzione della user base», conferma Ricard. «Le politiche che danno priorità alle acquisizioni possono essere un ostacolo al raggiungimento del CLV (Customers’ Lifetime Value), e per questo è fondamentale, anche quando un’applicazione è sulla cresta dell’onda – per esempio con 50 mila download al mese – organizzare strumenti che traccino le reali interazioni degli utenti con la App, comprendere che tipo di esperienza vivono o richiedono e, attraverso queste nozioni, procurargliene di nuove perché ritornino».