Avere successo nell’era dell’app economy significa prima di tutto farsi trovare. E farsi trovare in mezzo a milioni di proposte, applicazioni, marche disseminate in una piazza virtuale che solo teoricamente non ha barriere all’ingresso vuol dire essenzialmente due cose: innescare un meccanismo di passaparola e, ancor prima, scegliere le parole chiave, le keyword che aiuteranno gli utenti a identificare il servizio di cui hanno bisogno. Cioè il nostro.
Un pizzico di astuzia
Il tema delle keyword è in realtà fondamentale per qualsiasi attività sul Web, come insegnano le teorie e le tecniche di SEO (Search Engine Optimization). Ma mentre per un sito Internet o anche solo per una singola pagina si può giocare sul fattore ripetizione e sulla formattazione dei testi, quando si tratta di app bisogna stare alle regole del gioco imposte dagli store.
I caratteri a disposizione sono pochi e preziosi, e le parole che hanno il maggior raggio di interesse nei propri specifici settori sono spesso monopolizzate dai leader delle classifiche di download. Il che non è necessariamente un male: qualche volta, osando un approccio smart (o, per dirla all’italiana, usando un pizzico di astuzia), si possono sfruttare assonanze o veri e propri errori ricorrenti di digitazione da parte degli utenti per cavalcare l’onda del successo di app famose.
Fermo restando che le keyword dovrebbero sottolineare le funzioni svolte dai software o i problemi che risolvono, leggere le recensioni sulle proprie app o su quelle dei concorrenti è un’ottima fonte di ispirazione per entrare nella mente del consumatore e capire quali parole o soluzioni lui stesso si aspetta di trovare associate a ciò che sta cercando sullo store.
Ma al di là degli stratagemmi che possono funzionare una tantum, scegliere le keyword funzionali a ottenere la maggiore visibilità possibile del proprio prodotto implica un paziente lavoro di osservazione e studio dei posizionamenti adottati dai competitor. Secondo App Annie, società specializzata in analytics e business intelligence, sono tre i fattori di cui bisogna tener conto quando si valutano le keyword da adottare o da scartare: rilevanza, livello di competizione, e traffico.
Puntare alla rilevanza
Banalmente, le keyword da associare a una app devono condurre gli utenti a quella app e mai per caso. Essere visualizzati nella lista dei risultati di una ricerca che non c’entra alcunché con le funzioni offerte non è solo inutile (basta uno scroll dell’utente per sparire dal display), è penalizzante. Primo perché significa che si stanno sprecando caratteri che usati altrimenti potrebbero invece posizionare meglio la app. Secondo perché utenti infastiditi dal “disservizio” potrebbero lasciare una nota negativa sull’uso scorretto delle keyword.
Uno su mille ce la fa
Come detto per ognuna delle keyword più gettonate corrispondono migliaia di applicazioni presenti negli store Android, iOS e Windows, e riuscire a farsi trovare tra le 25 app più scaricate o votate, specialmente all’inizio, è tutt’altro che semplice. Se dopo aver verificato che keyword più tradizionali non sortiscono l’effetto sperato, forse è meglio provare a sperimentare parole meno consuete, pur rimanendo fedeli all’impegno sulla rilevanza e sulla coerenza rispetto al software da promuovere.
Studiare il traffico per generarlo
E’ possibile monitorare il traffico generato dalle keyword attraverso i volumi di ricerca relativi alle app. Capire su quali fronti si è rilevanti e su quali meno, quanti utenti effettuano ricerche nel nostro ambito inserendo un termine piuttosto che l’altro, permette di posizionare meglio l’applicazione. Sempre tenendo presente che di solito i tool di misurazione disponibili gratuitamente in Internet contemplano nelle proprie statistiche tutto il traffico generato dalla ricerca nell’intero Web, e non soltanto quello all’interno degli store. Una differenza di cui tenere conto quando poi si pubblicano e soprattutto si considerano i risultati.
Google Play e App Store, due mondi diversi anche per le keyword
Scegliere le giuste keyword per far risaltare la propria app è un’operazione che varia da store a store: Google Play non dispone di un vero e proprio spazio riservato alle tag, ed è necessario giocarsela su titolo (30 caratteri) e descrizione (4 mila caratteri) attingendo a piene mani alle tecniche SEO. Lo store di Apple invece concede solo cento caratteri per le keyword, più 255 caratteri per il titolo, che va dunque composto con estrema oculatezza.