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Mobile e Proximity, non solo marketing: tutte le fasi del customer journey sullo smartphone in negozio

Cresce l’uso delle soluzioni di prossimità, in particolare i beacon, all’interno del punto vendita. «Ormai ogni fase del processo d’acquisto, dalle promozioni al customer care, può essere supportato da queste tecnologie», spiega Marta Valsecchi, Direttore Osservatorio Mobile B2C Strategy del Politecnico di Milano

Pubblicato il 05 Ott 2016

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Secondo dati del Politecnico di Milano, un utente su 3 sceglie cosa comprare cercando informazioni sul proprio smartphone, e il 31% lo fa quando si trova già all’interno del punto vendita. La comunicazione “proximity” su smartphone quindi, quando il cliente si trova nel negozio o nelle immediate vicinanze, è un’enorme opportunità di marketing.

«Ogni fase del processo d’acquisto – pubblicità, promozioni, servizi di prevendita, fino all’acquisto vero e proprio e al pagamento, per culminare infine sul postvendita – può essere efficacemente supportata da iniziative di Proximity marketing», conferma Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2C Strategy del Politecnico di Milano.

Una ricerca di Unacast ripresa da eMarketer rivela che le soluzioni di proximity marketing sono utilizzate in più del 50% delle organizzazioni fra retailer, grandi magazzini, hotel e attività turistiche, aeroporti e stadi. Le tecnologie sono diverse: le più diffuse sono i beacon via bluetooth (8,3 milioni di dispositivi installati nel mondo), seguiti da GPS e geofencing. L’ampia diffusione non corrisponde sempre, però, a un utilizzo efficace: secondo un altro studio sul mercato USA solo il 23% degli intervistati è soddisfatto della soluzione beacon in-store implementata, un 22% prevede modifiche al processo. Il meccanismo è spesso laborioso per l’utente (aprire una App e attivare la connessione non è immediato) e questo pone importanti sfide per i marketer.

Partendo dalla pubblicità, oggi è per esempio possibile, con soluzioni tecnologiche già sul mercato, avviare iniziative di advertising localizzato, con attività di comunicazione o ingaggio mirate e profilate, basandole sulla posizione dei consumatori. «Ma non solo: i dati forniti dagli smartphone consentono di avere informazioni sulle scelte dell’utente che non riguardano più solo il comportamento online, ma anche quello nei luoghi fisici», dice Valsecchi. «Il retail ha l’opportunità di adattare le iniziative di marketing sui clienti che hanno già visitato un punto vendita o intercettarli in prossimità del negozio di un competitor offrendo coupon personalizzati. Ovviamente rispettando le leggi sulla privacy».

Attirare il cliente all’interno del punto vendita è solo la premessa per iniziare un dialogo con lui nel momento più delicato del customer journey: quello dell’acquisto vero e proprio, durante il quale si possono mettere in atto nuove tattiche di cross-selling. «Rilevando che sta mettendo nel carrello della spesa un determinato prodotto, il sistema può inviare all’utente una promozione su una referenza correlata o una notifica su altri prodotti potenzialmente interessanti per il tipo di acquisti in corso, oppure può fornire informazioni con contenuti accattivanti, una ricetta per esempio, che suggeriscano ulteriori offerte», spiega Valsecchi.

«Ma può anche generare mappe interattive o dotate di funzioni di realtà aumentata che guidino l’utente fino agli scaffali giusti, dove potrà servirsi da solo. Una funzione importante per garantire la massima soddisfazione del cliente anche nei momenti di picco, sotto Natale o durante i saldi, quando il personale è sempre molto impegnato». L’integrazione con la funzione eCommerce della mobile app coniuga infine l’esperienza fisica con la possibilità di completare lo shopping online – con consegna a casa -, se in negozio non è disponibile il modello desiderato.

Lo smartphone è perfetto anche per rendere più semplice e appagante la user experience dei clienti che in negozio preferiscono le modalità self service. Il telefono può infatti essere sfruttato come scanner alternativo ai terminali tradizionali nei punti vendita che non hanno ancora adottato soluzioni self-scan ad hoc, garantendo semplicità agli utenti, che utilizzano il proprio device, e risparmio sul lato retail, che non deve investire su nuovi dispositivi.

«Poi c’è tutto il grande mondo del Proximity payment, in pieno sviluppo, con diverse banche già attive», aggiunge Valsecchi. «Qui farà la differenza l’ingresso tra fine 2016 e inizio 2017 dei grandi player globali come Google e Apple». Anche il mondo del post vendita può essere gestito in prossimità: ci sono diverse casistiche a livello internazionale che mostrano l’efficacia per esempio delle survey in real-time su chi sta uscendo dal punto vendita, piuttosto che di programmi di loyalty innovativi, che non solo premiano l’utente per i suoi acquisti ma anche per le interazioni con la marca, quindi la frequenza dell’accesso allo store o appunto la partecipazione a sondaggi e concorsi.

In generale il monitoraggio anonimo degli spostamenti dagli utenti all’interno del punto vendita genera molte altre opportunità, rispondendo a domande che nel retail ci si pone da sempre. Per esempio, quali sono le aree più frequentate dello store? In quali il cliente si ferma di più? Quali sono quali sono i tempi medi di permanenza dentro il negozio? Tutti questi elementi ora sono semplicissimi da evidenziare e da utilizzare a supporto della predisposizione di layout e processi di vendita.

Un ulteriore possibilità è il potenziamento del customer care, che con le tecnologie proximity può essere gestito in real time e rispondendo a questioni del singolo utente, con un vero approccio people-centric. «Questo significa mettere in pratica una strategia di marketing data-driven, in altre parole un marketing profilato e segmentato su ciascun utente basato sull’analisi del reale comportamento dei clienti», chiosa Marta Valsecchi.

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