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Mobile Learning: USA leader, l’Asia incombe. In Italia primi timidi passi

Negli Stati Uniti il 63% degli insegnanti si serve del tablet, l’88% dello smartphone, e 3 allievi su 4 usano i device in classe per apprendere. Molti paesi del Sud-Est asiatico sono vicini a questi livelli, il nostro invece è indietro. Ma il decreto “La Buona Scuola” incoraggia gli investimenti, e gli studenti si portano avanti con le App, mentre alcune aziende sperimentano la m-education

Pubblicato il 21 Set 2015

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Un sondaggio di tomorrow project condotto tra professori e studenti di 8000 scuole statunitensi mostra come gli USA meritino pienamente il primato nel Mobile Learning (m-learning). Le percentuali di utilizzo di dispositivi Mobile durante le lezioni sono altissime: il 63% degli insegnanti si serve regolarmente del tablet, mentre l’88% preferisce lo smartphone. Numeri imponenti anche tra gli studenti: tre su quattro usano questi dispositivi in classe per facilitare l’apprendimento.

Una diffusione così vasta è tutt’ora insuperata. Non per molto, forse: il continente asiatico sta compiendo passi da gigante, e le previsioni raccolte da edSurge non sono certo in controtendenza:

· Nel 2018 l’Asia rappresenterà il 23% dell’e-learning market;

· Nel giro di 6 anni (2014-2020) i ricavi del m-learning market asiatico passeranno da 2,3 a 12,3 miliardi di dollari, con un fattore moltiplicativo pari a 4,5;

· L’Asia domina la top ten dei Paesi più in crescita a livello di e-learning, con 8 Stati su 10: Vietnam, Cina, Thailandia, Malesia, Indonesia, Myanmar, Nepal, Pakistan;

Relativamente al terzo punto, inoltre, 5 Paesi su 8 sono collocabili geograficamente nel Sud-Est asiatico. La regione è particolarmente interessata dallo sviluppo di e-learning, ma principalmente tramite Mobile, per l’attenzione concreta dei governi nel promuovere il settore; la dominanza del Mobile-First, favorita dal maggiore sviluppo delle reti e dei dispositivi Mobile rispetto al PC, oltre che dall’aumento esponenziale dell’utiizzo di smartphone e device simili: il loro numero quintuplicherà tra 2013 e 2019; e l’utilizzo diffusissimo del cellulare a scopo didattico da parte degli studenti, sia durante le lezioni sia per preparare i test, tra cui spiccano gli esami di ammissione alle università, molto selettivi e complessi. Una ricerca di Quipper School ha rivelato che il 70% degli studenti, in preparazione a queste prove, preferirebbe ricevere corsi di tutoring online, col consenso dell’80% dei genitori.

E l’Italia? Colossi come USA e Paesi del Sud-est asiatico sono lontani anni-luce, ma di recente le istituzioni stanno interessandosi sempre più al tema. “La Buona Scuola”, la riforma messa a punto dal Governo, prevede investimenti nel digitale come mezzo di educazione scolastica: 90 milioni di euro subito e 30 ogni anno per finanziare la diffusione digitale e i contenuti innovativi. Anche se pochi, in rapporto al numero di scuole sul territorio, questi fondi sono perlomeno un segnale.

Fondi che sono destinati in parte anche ad Applix, società che sviluppa soluzioni Mobile, tramite la piattaforma bSmart.it, un hub di servizi integrati per insegnanti e studenti che consente di sfruttare al meglio le versioni digitali dei libri di testo. Già protagonista di una recente crescita record – più del 500% – fino a 125mila utenti attivi, bSmart prepara il lancio di nuovi servizi, come un marketplace per accedere a contenuti scolastici, accordi con gli editori per dipendere sempre meno dal cartaceo, un servizio di tutoring e ripetizioni online integrato.

Individualmente, però, gli italiani si stanno portando avanti. Uno studio di Aba English – accademia online con 4 milioni di alunni – realizzato tra 5000 studenti di tutto il pianeta rivela che in Italia le App della categoria Educazione, scaricate dal 63% – sopra la media complessiva del campione, 61% – sono le più usate dopo la categoria Utility (85%). Il 75% di esse – più della media totale, 72% – serve per imparare una lingua straniera: 8 italiani su 10 vi ricorrono settimanalmente per questa ragione.

Sempre in Italia, poi, si registrano anche casi di Mobile education, fenomeno che si discosta dal m-learning: mentre quest’ultimo indica semplicemente l’apprendimento con l’ausilio di device mobili, il termine education richiama il concetto di formazione oltre la semplice trasmissione di contenuti. Un esempio chiarificatore per la m-education è il caso Amadori. L’azienda ha inviato, all’interno del progetto “Apprendi e riprendi”, contenuti formativi a distanza ai 350 funzionari commerciali che lavorano in mobilità sul territorio, sfruttando il fatto che tutti, o quasi, i venditori facevano già uso di un tablet. Il breve corso online aveva l’obiettivo di spiegare ai propri dipendenti come recuperare i clienti non serviti negli ultimi sei mesi. L’iniziativa ha ottenuto pieno successo, con la riattivazione di 600 clienti in un mese e mezzo.

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