Scenari

Mobile POS in Italia: la diffusione continua, e traina m-payment e digitalizzazione

Un nuovo mercato dominato dagli operatori più consolidati (le banche alleate agli operatori mobili), ma con un apporto d’innovazione fondamentale da player specialisti come Jusp e Payleven. Per questi dispositivi si conferma il doppio prezioso ruolo di strumenti di diffusione dei pagamenti elettronici e di digitalizzazione di piccoli esercenti e professionisti

Pubblicato il 03 Lug 2015

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Mobile POS in Italia, a che punto siamo? Questo è un ambito fondamentale per la diffusione dei pagamenti da smartphone, ed è certamente in grande fermento, ma allo stesso tempo in Italia finora non sembrano in atto trend in grado di modificare i rapporti di forza consolidati. I dispositivi diffusi nel nostro Paese sono circa 50mila, ed è un mercato dominato dalle banche – in testa Setefi di Intesa Sanpaolo – mentre gli outsider, come Jusp e Payleven, competono puntando su prezzi bassi e servizi innovativi. I quali però stanno per essere introdotti anche nelle offerte bancarie.

Insomma, come racconta un articolo di Pagamenti Digitali, i Mobile POS sono in continua diffusione, ma con una sorta di “rivoluzione gentile”: in pratica consentono alle banche di conquistare gradualmente nuovi clienti dove finora aveva regnato indiscusso il contante. «Dei mobile POS presenti in Italia, che crescono al ritmo di migliaia ogni mese, la quota principale è di Setefi-Intesa Sanpaolo», dice Claudio Carli, marketing & communication director di Ingenico Italia, che fornisce al colosso bancario queste soluzioni tecnologiche. A conferma della centralità delle banche, «gran parte dei clienti attivano il dispositivo direttamente in filiale, anche se Intesa Sanpaolo ha stretto una partnership di distribuzione con Vodafone».

Si paga un canone di 2 euro al mese. Le percentuali sul transato vanno dallo 0,7% del Bancomat (uno dei pochi mobile POS ad accettare pagamenti bancomat) all’1,3% massimo per i pagamenti tramite carta di credito», spiegano da Intesa Sanpaolo. I costi fissi sono molto più alti con i POS tradizionali (fino a venti volte di più).

«Seguono poi, per quote di mercato, i mobile POS di altre banche: per esempio Carta Sì per Icbpi e BNL», continua Carli. «Minoritaria la presenza di Jusp e Payleven, mentre SumUp non è più presente sul mercato italiano», aggiunge. Queste ultime realtà si differenziano per il fatto che eliminano del tutto i canoni, ma fanno pagare una tantum per il dispositivo. Jusp richiede 49 euro, più commissioni da 1,15 a 1,9% a seconda del tipo di carta e del transato minimo garantito dall’esercente.

Con Payleven il costo una tantum è di 79 euro, più una commissione del 2,75%. «Per grossi clienti (con un transato di almeno 100 mila euro al mese) riusciamo a essere molto competitivi e scendere sotto l’1% su tutte le carte», spiegano da Payleven. Questi attori puntano sempre più su partnership di distribuzione con gli operatori mobili, come dimostra quella tra Jusp e Fastweb nei giorni scorsi. Payleven già lavora con Poste Italiane e Telecom Italia.

Per gli operatori mobili è un modo per conquistare nuovi clienti, dato che bisogna avere un piano dati sul cellulare collegato al POS. Lo stesso obiettivo c’è per le banche. «I mobile POS sono interessanti per le banche non tanto per il numero di transazioni apportato – per ora in media sono 7/8 al mese – ma perché consentono di conquistare nuovi clienti, che prima facevano tutto con i contanti», dice Carli.

Si vede quindi il ruolo dei mobile POS per avvicinare piccoli negozi e professionisti ai pagamenti digitali. Non solo in ottica di guerra al contante ma anche per spingerli alla digitalizzazione. Questo aspetto emergerà con più chiarezza quando i mobile POS diventeranno uno strumento anche per erogare servizi (per esempio per grandi aziende con reti di agenti sul territorio).

Jusp per esempio offre già una piattaforma web, collegata al mobile POS, con servizi di rendicontazione delle operazioni in tempo reale, storico delle operazioni, gestionale categorie prodotti, registratore di cassa (anche fiscale, con integrazione stampante fiscale) e proprie API per applicazioni. «Tra i futuri servizi offriremo la personalizzazione layout delle ricevute, vendita online dei prodotti dell’esercente, campagne di marketing, promozioni automatiche e loyalty program, report automatici, analytics dello store fisico e dello store online, fatture online e registratore di cassa da browser», fanno sapere da Jusp. «Abbiamo da poco rilasciato le SDK per chi vuole integrare la nostra soluzione di pagamento entro applicazioni proprietarie», aggiungono da Payleven. «L’esercente non ha bisogno di avere la nostra app installata sul proprio smartphone, ma tutti i processi (incluso il pagamento) avvengono all’interno dell’app che ha integrato il nostro pacchetto SDK».

Quanto a Ingenico, «abbiamo cominciato a offrire l’Ecr POS, un terminale “all-in-one” che integra anche la fiscalizzazione delle transazioni», dice Carli. Racchiude le funzioni di un registratore di cassa con memoria fiscale, POS bancario e sistema di fatturazione elettronica. «In futuro potremmo lanciare soluzioni analoghe su piattaforme Android, invece che proprietarie come l’Ecr».

Secondo il Politecnico di Milano, a fine 2016 ci saranno in Italia tra 120 e 250 mila Mobile POS, che transeranno complessivamente tra 2 e 3 miliardi di euro l’anno. A quel punto sarà evidente il loro doppio ruolo di strumenti di diffusione dei pagamenti elettronici, e di digitalizzazione del business di piccoli esercenti e professionisti. Due ruoli in un semplice device, e tra loro connessi.

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