Mobile Enterprise

Mobile Security, un’azienda su 3 non ha policy e 6 dipendenti su 10 condividono i device

Il personale più giovane è quello più portato a smarrire o esporre con comportamenti imprudenti su smartphone e tablet dati personali e informazioni aziendali. «La tecnologia è importante per difendere sistemi informativi e documenti, ma la criticità principale viene dai comportamenti». E le imprese non hanno ancora preso le contromisure, dice un’indagine Vanson Bourne

Pubblicato il 05 Mag 2015

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L’entrata nelle aziende delle nuove generazioni “all digital”, cioè i giovani che utilizzano pc, smartphone e tablet indistintamente in ambito lavorativo e per le comunicazioni personali, comporta rischi per la sicurezza di dati e sistemi informativi, perché aumenta il pericolo di comportamenti imprudenti che possono costare fughe di informazioni o danni alla reputazione.

E le aziende non hanno ancora preso adeguate contromisure: a livello mondiale più di un terzo non ha fissato nessuna policy di comportamento per i dispositivi mobili e quasi un quinto dei dipendenti non protegge i dispositivi con una password – in Italia questi dati sono rispettivamente del 38% e del 10%.

Sono alcuni dei dati dello studio di Aruba Networks Securing #GenMobile: Is Your Business Running the Risk?”, condotta da Vanson Bourne coinvolgendo oltre 11.500 lavoratori di 23 Paesi, che pone l’accento sul ruolo fondamentale che giocano le differenze di età, sesso, livello di reddito, settore e posizione geografica.

Infatti a essere più portati a perdere i dati personali e di clienti sono gli uomini (20%). E sono i dipendenti più giovani, che nell’indagine sono detti generazione mobile (#GenMobile), a creare con più probabilità problemi alla sicurezza dell’azienda – gli intervistati sopra i 55 anni di età hanno la metà delle probabilità di essere vittima del furto di identità o di perdere dati personali. Per quanto riguarda i settori di business, quello finanziario è il più propenso a perdere dati a causa di uno improprio del mobile (39%, rispetto alla media del 25%), e rispetto all’area geografica i mercati emergenti – come Cina, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti – sono considerati i più esposti ai rischi, mentre in Europa le imprese italiane sono terze, dopo quelle turche e francesi.

L’analisi inoltre mette in luce come oggi sia necessario ripensare l’approccio all’IT Security, dato il dilagare dell’uso di smartphone e tablet. «Quando parlano di sicurezza, le aziende solitamente parlano di tecnologie», sottolinea in un comunicato Chris Kozup, Senior Director Marketing Emea di Aruba Networks, «mentre lo studio mostra che la tecnologia è un elemento importante ma non è l’unico. Ci sono dei rischi che derivano dai dipendenti, legati alle variabili demografiche, geografiche e al settore di business dell’azienda. Quindi per le organizzazioni non è più sufficiente focalizzarsi solo sulle tecnologie, ma devono tenere in conto anche il fattore umano».

«Le criticità riguardano i comportamenti – aggiunge il Country Manager italiano di Aruba Networks, Massimo Delpero -, che sono difficilmente tracciabili dalle aziende. Un esempio è la tendenza a condividere contenuti e dispositivi. E proprio perché si tratta di comportamenti e non di tecnologie, per implementare delle misure di sicurezza diventa necessario trovare il modo di tracciarli». Oggi sei dipendenti su 10 condividono regolarmente dispositivi personali e di lavoro con altre persone, aumenta l’indifferenza alla sicurezza che scivola al quinto posto tra le scelte che influenzano la #GenMobile nell’acquistare i nuovi dispositivi, e vince il “fai da te”: più della metà degli intervistati è infatti disposta a disobbedire al proprio responsabile per completare un progetto. Anche in Italia c’è questa tendenza, sebbene con un dato lievemente inferiore (47%).

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