Nell’IoT l’open source aiuta ad evitare il lock-in

A colloquio con Lis Strenger, Portfolio Product Marketing, Emerging Technologies di Red Hat: i progetti IoT hanno bisogno di ecosistemi, collaborazione e standard. L’open source è la risposta

Pubblicato il 15 Mar 2018

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Il mercato IoT sta crescendo ed evolvendo rapidamente, sia in termini di player coinvolti, sia in termini di standard. Tuttavia, “i cosiddetti early adopter, chi cioè ha lanciato progetti ormai da tempo adottando piattaforme IoT proprietarie, oggi potrebbe trovarsi a ripensare alle proprie scelte, nella necessità di svincolarsi da limiti funzionali o dal lock su un singolo fornitore”.
Ne è convinta Lis Strenger, Portfolio Product Marketing, Emerging Technologies di Red Hat, che spiega come l’open source rappresenti oggi non solo una alternativa, ma un valore in termini di innovazione e sviluppo continuo anche sull’IoT.

“La community open source rappresenta il luogo nel quale si lavora sugli standard, dove centinaia di ingegneri e sviluppatori lavorano insieme, in rappresentanza dei diversi settori produttivi. E se si unisce all’impegno di lavorare sugli standard la capacità di ben documentare le API, è facile capire perché il software open source ha delle caratteristiche di integrabilità importantissime nel caso di progetti e soluzioni IoT, che normalmente comprendono più componenti”.

Non si prescinde dall’ecosistema

C’è comunque una logica di ecosistema, dalla quale non si prescinde, anche guardando le esperienze già maturate.
“Quando si trovano implementazioni IoT di successo – racconta ancora Strenger -, c’è sempre una compartecipazione di fornitori di tecnologia, network provider, specialisti di sicurezza, sviluppatori, system integrator. Si lavora in una logica di team modulari e flessibili”.

È chiaro che non è semplice gestire soluzioni multivendor, integrare progetti open source diversi, validarne l’interoperabilità, garantire le corrette funzionalità assicurando anche la possibilità di ulteriori integrazioni in futuro.
“Non è un caso che Red Hat abbia instaurato un rapporto di collaborazione con Eurotech e Cloudera, con l’obiettivo di combinare i rispettivi punti di forza e integrare le rispettive tecnologie, con l’obiettivo di dar vita a una architettura IoT open source, end-to-end in grado di indirizzare tutte le necessità delle imprese che avviano progetti nell’ambito dell’Internet delle Cose”.
Sottolineiamo come Eurotech sia una realtà tutta italiana, che ha sviluppato per l’appunto i propri gateway IoT integrandovi il middleware e il sistema operativo di Red Hat, con l’obiettivo di abbattere le barriere di ingresso nello sviluppo di soluzioni IoT di classe enterprise.

Un approccio valido anche in futuro

Se questo approccio è valido adesso, lo sarà a maggior ragione anche in futuro, visto che il “fenomeno” Industry 4.0 è lungi dall’essere esaurito e sempre più avrà bisogno di standard e protocolli che evitino il lock-in.
“Le aziende avranno sempre più bisogno di combinare e scombinare componenti, non solo per tenere il passo con gli sviluppi tecnologici e per rispettare gli obiettivi di medio e di lungo termine dei progetti, ma anche per proteggere gli investimenti già fatti”.
Una cosa Strenger tiene a sottolineare: l’IoT non deve essere considerato una tecnologia, ma una soluzione complessa, che non può essere rilasciata da un singolo vendor.
“Tutti i vendor che hanno provato a muoversi da soli e che non hanno attivato forme di ingaggio con partner complementari hanno problemi. Parimenti, anche le aziende che si sono affidate a un unico vendor hanno problemi di lock-in“.

L’offerta di Red Hat per l’IoT

Per quanto riguarda l’offerta di Red Hat in questo ambito, si parla di soluzioni middleware e piattaforme operative aperte che indirizzano la domanda di scalabilità, affidabilità e sicurezza dell’Internet of Things.
Così, ad esempio, Red Hat Enterprise Linux ha un ambiente operativo aperto per gateway IoT; Red Hat Jboss Fuse è un enterprise service bus che trova applicazione in attività di data routing, aggregazione, mediazione di protocolli, o nella connessione di diversi componenti IoT; Red Hat AMQ è un servizio di messaggistica per spostare in modo asincrono i dati gli endpoint e i punti di controllo; è in grado di collegare componenti, applicazioni e informazioni nell’ambito dell’Internet of Things; Red Hat Storage è una soluzione storage software defined e scalabile per la raccolta dei dati degli endpoint IoT: togliere lo storage dagli endpoint consente di semplificarli, riducendone nel contempo il costo; Red Hat OpenShift è una applicazione container SaaS, che consente di sviluppare applicazioni e micro-servizi per deployment sia on premise, sia in ambienti ibridi.

I mercati target

Quanto ai mercati target, Stranger parla di telecomunicazioni, trasporti, manufacturing ed energy come dei settori che più velocemente di altri stanno adottando soluzioni IoT.
In prospettiva, però, anche il mondo dell’healthcare e quello del retail mostrano un buon potenziale e potrebbero presto scalare dai livelli esplorativi a quelli di produzione.

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