Nuovi business digitali: l’innovazione passa dal digital signage 2.0, sfruttando i mille display della collaboration

In principio era il pc, poi è arrivato lo smartphone e a seguire il tablet. Nella Internet of Things i display interattivi si moltiplicano per formato e misura, supportando un CRM di nuova generazione. Quali sono le nuove dimensioni in cui il marketing può potenziare le relazioni ed il business?

Pubblicato il 26 Nov 2015

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Gartner definisce come business digitale la creazione di nuovi modelli di business in cui i mondi digitali e quelli fisici sfumano tra loro, portando a una progressiva convergenza informativa tra le imprese, le persone e le cose.

Al motto di una strategia phygital (physical & digital), il marketing si apre a nuovi orizzonti di sviluppo che portano la categoria a diversificare le proprie competenze professionali. Il problema è che le tecnologie necessarie a supportare questa evoluzione e a inaugurare queste nuove opportunità di business richiedono competenze che spesso non sono né immediate né scontate.

Un esempio per tutti è quel digital signage che, negli ultimi anni, è diventato il nuovo codice informatore del mondo (bastava essere all’Expo quest’anno per capire i livelli estesi di applicazione e di sviluppo).

Digital signage 2.0: prima bisogna capire come funziona…

All’inizio era un po’ percepito come una televisione outdoor e infatti veniva chiamato in vari modi: digital–out-of-home, in-store Tv, dynamic display, digital street furniture e via dicendo. Con l’arrivo degli schermi a cristalli liquidi, più belli e più versatili sia per formato che per dimensione, il teatro della comunicazione ha capito che il digital signage poteva essere molto di più.

Da un lato Internet e l’intelligenza sempre più versatile del computer, dall’altro la rappresentazione delle informazioni in formato sempre più visuale e accattivante, ha potenziato il digital signage che, da mero segnale, è diventato a tutti gli effetti un media di relazione e di comunicazione. Dalla lavagna al totem interattivo l’informazione in vetrina ha inagurato la strada del visual content management e dell’infotaiment.

I costi sempre più ridotti dei display hanno portato alla loro rapida diffusione, rivoluzionando il nostro modo di recuperare dati e accedere alle informazioni, ma anche di capire le cose. Questa è stata la prima vera rivoluzione digitale che ha funzionato e sta funzionando di più, spingendo qualsiasi settore industriale a ragionare in modo nuovo e diverso quando deve studiare un qualsiasi percorso di comunicazione.

Il punto di partenza per capire come utilizzare al meglio il digital signage non sono tanto i dettagli tecnici (modalità, protocolli, software e opzioni dipendono dagli ambiti applicativi), ma il suo significato di tecnologia bimodale.

Il valore, infatti, sta da un lato nell’utilizzare uno schermo alla stregua di un cangiante elemento di arredo che allo stesso tempo diventa un media di comunicazione per trasmettere filmati, immagini, animazioni, testi in modalità monodirezionale. Dall’altro, grazie all’evoluzione dei display integrati a superfici capacitive sempre più economiche e performanti (quelle che integrano dei sensori, permettendo di bypassare la tastiera e il mouse), utilizzare il touchscreen apre le porte a una comunicazione bidirezionale. Tramite il digital signage oggi possiamo guardare filmati oppure prelevare i soldi allo sportello automatico, comprare i biglietti del treno, prenotare il nostro numero senza fare la fila oppure consultare un catalogo digitale… Tutto dipende dalla creatività della progettazione e dall’ingegno che alza il sipario su nuove e interessanti prospettive di smart working. Il tutto mentre si generano importanti informazioni sulle modalità di ricerca e di consultazione che portano il marketing sulla strada del big data management.

…e poi come funzionerà

Combinando sensori e schermi, i marketing designer spianano la strada a una Internet of Things in cui gli smart object assumono le più disparate forme di intelligenza interattiva. Così le aziende innovano, progettando o adottando nuove installazioni dotate di display che possono servire ad accedere e consultare le informazioni ma, quando sono in stand by, sfruttano dei palinsesti programmati per trasmettere filmati di intrattenimento, dal valore spettacolare o semplicemente informativo.

È il caso delle vetrine interattive di Pinko o di Adidas che consentono agli shopper di consultare i prodotti a catalogo e di ordinarli on line se non sono presenti in negozio. IoT sono anche i menu touchscreen multilingua che si iniziano a trovare nelle località turistiche: da Via Brera a Milano (come nella foto accanto) a via Frattina a Roma o, ancora, sul lungomare di Rimini o Riccione.

Rendendo ancora più immediata l’interazione tra l’emissione e l’accesso ai messaggi informativi, la digitalizzazione semplifica l’uso della tecnologia, consentendo all’hardware e al software di diventare ancora più semplici e intuitivi.

Oggi gli schermi LCD di qualsiasi dimensione sono integrati un po’ ovunque: nelle stampanti multifunzione, nei telefonini e nei tablet, nelle vending machine così come nei totem informativi o nelle installazioni preposte alla Unified Communication integrata in molte sale riunioni.

Marketer e designer i veri pionieri della IoT customer centrica

Il successo dei dispositivi fissi e mobili di ultima generazione decretano il trionfo della user experience. I nuovi orizzonti del CRM (Customer Relationship Management) e del CEM (Customer Experience Management), infatti, sfruttano l’intelligenza informatica che un tempo stava solo nei computer per portarla ovunque e a chiunque attraverso una semplificazione estrema dei tasti funzione.

Nella foto accanto un modello di distributore progettato da Pininfarina per il Gruppo Coca-Cola: il consumatore, tramite display, sceglie prima la bevanda preferita (tra Coca, Fanta, Sprite nelle varianti dietetiche e normali) e poi passa al menu successivo per configurare il gusto preferito, aggiungendo, tramite pulsanti dedicati, l’aroma preferito: vaniglia, pompelmo, cigliegia, lampone, ananas e via dicendo.

Basta tenere schiacciato e l’erogatore dispensa il getto finché non si è convinti della quantità desiderata. Il risultato? Una bibita decisamente personalizzata per quantità e sapore (e il consumatore ringrazia).

Gartner digital signage

Con la firma grafometrica, poi, il digital signage 2.0 ha aggiunto un ulteriore tassello di interazione e di servizio.

In Pirelli, ad esempio, alla reception una piccola superficie capacitiva verticale viene usata per firmare gli ingressi e le uscite, ma quando è in stand by diventa un display che proietta immagini coordinate al brand.

Anche nelle banche la tavoletta diventa un veicolo informativo di messaggi e promozioni mentre il cliente attende che l’operatore allo sportello svolga le sue attività di servizio.

La chiave dell’efficienza la studiano e la progettano gli interaction designer che prima si fanno spiegare dal marketing quali sono i messaggi da veicolare e poi, insieme al marketing, studiano i vari modi di andare a proporli, mettendo a fattor comune:

  • contenuti, stabilendo quali messaggi far passare
  • ingaggio, definendo una call to action efficace che tenga conto non solo dell’effetto wow ma anche di una qualità dell’informazione e di tutti i possibili aspetti di gamification e di social experience
  • comunicazione, progettando come rappresentare le informazioni: testi, immagini, filmati e/o suoni
  • relazione studiando una strategia capace di ascoltare qualsiasi tipo di domanda e di dare la risposta giusta nel modo giusto e nel momento giusto

Dallo smartphone allo smart working, il digital signage 2.0 inaugura la nuova era della IoT, mettendo in comunicazione i brand con i consumatori o tramite installazioni decisamente creative oppure entrando in contatto con loro attraverso i loro telefonini, i loro tablet o i loro wearable device (smartwatch e Google Glass per iniziare). Certo è che IT e marketing devono lavorare in tandem.

La strategia delle 3I: Innovazione, Informazione, Ingaggio

La convergenza tra i mondi analogici e mondi digitali, che costituiscono la natura stessa della Internet of Things, devono includere nuovi valori in termini di servizio e di attenzione all’ecosostenibilità di qualsiasi iniziativa.

Dagli smartphone alle smart city ci sono solo sei gradi di separazione: analisi, progettazione, sviluppo, test, messa in produzione, fine tuning. Internet of things, infatti, è sinonimo di smart object e smart service, ma l’innovazione ha senso se serve davvero a qualcosa.

L’idea che in un ristorante i commensali attendano l’ordine potendo vedere in tempo reale da un display i cuochi in cucina che mantecano e grigliano è un’applicazione originale del digital retail applicato all’Ho.re.ca (nella foto qui accanto la dinamica del servizio si spiega da sola).

Attraverso i display di qualsiasi dimensione, il visual content management sta diventando una nuova risorsa del marketing digitale. Senza dimenticare un fondamentale: le informazioni vivono in modalità multicanale: possono essere fruite attraverso diversi media e diversi supporti.

Digital signage 2.0, ma anche 3.0

Ciò che è certo è che la digitalizzazione è una storia infinita di innovazioni e di scoperte continue. Grazie a una nuova progettazione multimediale e sempre più matura, che prevede una vera e propria organizzazione dei palinsesti, il digital signage include azioni di trade marketing, di upselling come, ad esempio, l’introduzione di display nei corridoi di un supermercato, oppure azioni di accrescimento della brand awareness grazie a videowall nelle piazze, negli aeroporti, nelle stazioni o nei centri commerciali.

Uno dei punti a favore del digital signage più evoluto è il grado di misurabilità dell’audience tramite webcam o altre tipologie di sensori che, attraverso una nuova intelligenza a livello di sistema, misurano parametri quali la presenza, l’attenzione, la permanenza del soggetto davanti allo schermo, profilando sesso, età e razza dello spettatore.

Il tutto ricordando che stiamo diventando tutti multitasking: banda permettendo, nessuno di noi cerca informazioni senza prima passare dal Web (dai motori di ricerca, dai blog, dai social network). Non a caso, il il digital signage sublimato nel magic mirror, ovvero in uno specchio magico a doppia funzione: di servizio al cliente e di servizio al retailer, consente anche di condividere le immagini con i social preferiti, aggiungendo una comunicazione unificata che passa da una collaboration che inizia a piacere non soltanto ai millenial.

Ciò che è certo è che il futuro della digitalizzazione è e sempre più sarà responsive: indipendentemente dalla soluzione prescelta, le informazioni digitali si conformeranno in maniera dinamica per essere fruite e visualizzate da qualsiasi schermo e interrogate e/o utilizzate da qualsiasi dispositivo e da qualsiasi superficie intelligente. Perché dietro al digital signage 2.0 c’è sempre e comunque una soluzione di visual content management orchestrata dal marketing.

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