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People & Technology: i driver del successo – Intervista a Paolo Cederle

Interpretare il cambiamento e l’innovazione, giorno dopo giorno, non “solo” per ottenere un vantaggio competitivo, ma per continuare a esistere.La ricetta di Paolo Cederle, responsabile della Direzione Banking Services di Unicredit Group.

Pubblicato il 01 Apr 2008

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Da luglio 2007, Paolo Cederle è il responsabile della Direzione
Banking Services di UniCredit Group, uno dei principali gruppi
finanziari europei che attualmente conta 170mila persone. In
questo ruolo, il manager coordina le società e le competence
line (famiglie professionali) per le attività di Global
Operational Services e di Workout (recupero crediti), oltre che
le società di servizi informatici del Gruppo cioè, il cuore
operativo a supporto del business di Unicredit. In questa
intervista, Cederle illustra la sua vision per il successo, una
ricetta che ha come ingredienti le persone, sempre più al centro
dell’attenzione, le tecnologie e i processi. E che
considera il cambiamento e l’innovazione imprescindibili e
da interpretare giorno dopo giorno.

Quali sono oggi le competenze manageriali necessarie per
gestire le complessità nelle Operation di un Gruppo bancario
internazionale?

In una realtà economica e sociale come UniCredit Group la
complessità e la continua evoluzione, dovuta ai business
differenti, alle numerose geografie, alle diverse famiglie
professionali e alle numerose società di servizi (captive)
controllate, coinvolgono tutte le dimensioni organizzative.

La capacità non solo di gestire il cambiamento, ma di farne una
leva competitiva è quindi essenziale per ogni manager ad ogni
livello.

Per far ciò bisogna riuscire ad interpretare il cambiamento e
l’innovazione come un “processo” continuo. Ma
deve esserci anche la consapevolezza che l’innovazione non
è qualcosa in più che ci può dare “solo” un
ulteriore vantaggio competitivo; l’innovazione ci dà la
possibilità stessa di continuare ad esistere.

L’Harvard Business School mette in rilievo come l’80%
delle aziende oggi eccellenti sono destinate ad avere problemi
nei prossimi 4-5 anni perché non riusciranno a introdurre e
gesti re l’innovazione, già presente sul mercato, ma vista
come elemento di discontinuità aziendale: il rischio srà di
inevitabile fallimento o cambio di tutto il top management
attuale. Quel 20% di aziende che riuscirà a gestire la
discontinuità, pur nel corso di una storia di eccellenza, avrà
però più successo dei nuovi attori che compariranno sul
mercato. Considerando le nuove sfide in termini di velocità,
complessità crescente, innovazione continua e discontinuità
necessaria, penso quindi che le due vere competenze del manager
di oggi e dei prossimi anni saranno la gestione del cambiamento e
l’empowerment delle persone. Più la realtà è complessa e
più, sembra quasi un controsenso, bisogna far leva sul
contributo delle singole persone: l’alternativa a mio
parere non c’è perché la realtà è troppo complessa e
non la si riesce più a controllare solamente con modelli e
processi calati dall’alto. Questo vuol dire che in un mondo
sempre più tecnologico e veloce come il nostro la persona, anzi,
l’individuo ritorna prepotentemente al centro del successo.
Da qui anche la continua insistenza in UniCredit Group
sull’importanza dei valori, come vero e proprio tool
manageriale. Tutto ciò è sempre più drammaticamente vero e
nello stesso tempo motivante nelle Operation, il backbone che
deve sostenere e abilitare le funzioni di business.

Quali sono le sfide future parlando di convergenza
"people-process- technology"?

Da una parte la convergenza bilanciata tra persone, processi e
tecnologia è condizione necessaria per innovare,
dall’altra il fulcro rimane la persona. Abbiamo sempre più
bisogno di persone eccellenti e appassionate che accettino di
mettere in gioco le loro potenzialità. Ad ogni livello. Ancora
una volta il lavoro nelle Operation è paradigmatico, dove, ad
ogni livello, si vive la quotidiana sfida verso il miglioramento
e l’innovazione.

Anche il ruolo dei processi e delle tecnologie cambia: fermo
restando che è necessario che i processi siano costantemente
ottimizzati e le migliori tecnologie vengano adottate, questi due
elementi devono diventare vero e proprio abilitatore delle nuove
opportunità di business e favorire quella discontinuità che,
come detto prima, è unica garanzia di successo futuro. Di più,
devono creare contesti organizzativi che abilitino pienamente e
non limitino la collaborazione; ambienti dove le persone possano
trovare il loro spazio creativo e proattivo sentendosi
protagonisti.

Bisogna garantire il collegamento tra le persone, la creazione di
un network in cui la possibilità di scambiare opinioni e
stimolare idee sia possibile anche su una geografia
multinazionale. Questo è vero sempre, ma nelle Operation è
ancor più “drammatico”: come fare in modo che il
cambiamento di processo, piccolo, ma importante, realizzato in
modo intelligente dall’ultimo assunto nella nostra filiale
rumena, vicina al confine con la Moldavia, possa diventare
patrimonio comune e fattore di successo di tutto il Gruppo?
Processi e tecnologie devono diventare gli abilitatori di questa
rivoluzione vissuta dalle persone.

In un Gruppo che sta attraversando una enorme
trasformazione, diventando sempre più internazionale, che ruolo
ha giocato/sta giocando la tecnologia?

La tecnologia è sempre più vero elemento fondamentale per la
nostra sopravvivenza competitiva, un “business
enabler”, facilitatore della connessione e della
valorizzazione delle persone. A livello internazionale nel
momento della fusione con il Gruppo HVB, primo passo di un
cammino che ci ha permesso di passare da un Gruppo di circa
70.000 persone nel 2005 alle oltre 170.000 persone di oggi,
abbiamo lanciato il progetto di costruire “la prima banca
veramente europea”. Oggi in UniCredit Group è in corso
l’integrazione con Capitalia; la convergenza dei sistemi
informativi si sta realizzando in meno di un anno, con il
contemporaneo cambiamento del modello di business e quindi in
tempi e con modalità mai vissuti prima. Il tutto è reso
possibile solamente, e sottolineo solamente, da un completo
dominio della tecnologia e delle applicazioni informatiche che
sono la vera backbone portante della banca insieme agli
Operations Services. Insomma, la tecnologia è la prima leva
nelle mani del nostro CEO e Deputy CEO per dare concretezza al
percorso di un Gruppo internazionale affinché operi in modo
realmente globale, attraverso un processo di convergenza delle
piattaforme tecnologiche e valorizzando al tempo stesso quella
ricchezza locale di competenze di cui una banca ha necessità e
che è alla base del nostro modello e stile.

In quali ambiti della sua struttura ad esempio nel
"back office", l’ICT in particolare ha giocato e
sta giocando un ruolo importante come driver del cambiamento e
per quali ragioni?

Oggi in Unicredit abbiamo circa 13-14.000 persone che lavorano
nell’ambito dei back-offices in oltre 25 paesi e il loro
numero aumenterà perché stiamo introducendo nuovi Shared
Services, quali ad esempio F&A e HR.

Come pensare ad integrare le diverse realtà senza
l’ausilio dei sistemi informativi e come pensare alle nuove
frontiere della collaborazione tra le persone in un mondo così
complesso senza l’utilizzo delle nuove tecnologie?

Tematiche tipo la collaborazione a distanza, la condivisione
della conoscenza, la digitalizzazione dei documenti sono processi
e obiettivi impossibili senza l’adozione delle migliori
soluzioni tecnologiche e senza la loro evoluzione continua. In
più, la collaborazione tra queste due “anime” è
essenziale quale “business enabler” di nuove
opportunità di business per i nostri colleghi di front line.
Back Office e ICT stanno agendo insieme per studiare nuove
soluzioni che migliorino continuamente i servizi e garantiscano
quella discontinuità evolutiva, vera leva di competizione.

Come viene gestito l’”annoso” problema
della centralizzazione versus decentralizzazione dell’ICT
in relazione ai nuovi assetti organizzativi?

Principalmente con la valorizzazione delle competenze sparse nel
Gruppo. Da una parte stiamo unendo le diverse strutture diffuse
nel Gruppo centralizzandone il controllo e il coordinamento;
dall’altra stiamo implementando una struttura a ragnatela
formata da competence center localizzati nei diversi paesi,
legati da metodologie, strumenti e modelli di servizio uguali e
da un forte coordinamento manageriale. Una realtà così grande e
complessa come la nostra deve sapere valorizzare l’enorme
esperienza e potenzialità che possiede a livello locale:
pensiamo ai colleghi dell’Est che spesso rappresentano una
freschezza e volontà di crescere che non può assolutamente
essere ignorata.

Inoltre, siamo una banca e per noi avere una presenza importante
in un paese vuol dire essere ad esempio presenti con 300 o 400
filiali e sedi sparse sul territorio, fino ai confini più
remoti; tutte vanno servite dalla struttura ICT come quelle in
centro a Milano. Stiamo poi pensando di implementare un nuovo
modello operativo con una più precisa e sinergica suddivisione
dei compiti lungo tutto il ciclo di servizio (supporto al
business, analisi funzionale, sviluppo, manutenzione evolutiva,
supporto ai clienti) che permetta nello stesso tempo
focalizzazione e specializzazione maggiore, flessibilità grazie
a gruppi distribuiti sul territorio, percorsi di carriera e di
esperienza molto diversificati e multipli.

Abbiamo parlato di tecnologie: quali secondo lei sono i
fattori di successo pensando all’environment per le
persone?

Come dicevamo, non si può governare un gruppo come il nostro
solo con le procedure e con un controllo approfondito. Bisogna
quindi adottare un approccio di empowerment, di piena
responsabilizzazione e di valorizzazione delle risorse che per
prime creano il successo dell’azienda stessa. Quando le
dimensioni e quindi la complessità aumentano, le soluzioni
tradizionali non bastano ed è necessario che vi sia innovazione
anche nel modo in cui ci si relaziona con le risorse stesse.Pur
non volendo assolutamente ridurre la soluzione ad un problema di
scelta degli strumenti, ancora una volta la tecnologia gioca un
ruolo essenziale. L’intento principale è quello di
riuscire a creare un network di relazioni fluide, dove ogni
persona possa contribuire secondo le proprie possibilità e la
propria specificità. Le iniziative che stiamo avviando sono
tante: dal “semplice” lancio di blog interni, ai
“think tank for improvements”, dai knowledge sharing
systems, alle iniziative di telelavoro, a una vasta diffusione di
sistemi di ecollaboration. Ma c’è un elemento soft che per
i manager penso sia essenziale. Qualche anno fa alcuni
ricercatori americani lanciarono un’iniziativa con lo scopo
di analizzare come le caratteristiche dei leaders cambiano nel
corso dei secoli. Alla fine rilevarono che non vi sono
cambiamenti, ma al contrario esistono degli elementi invarianti.
Primo fra tutti è la passione dei leader per ogni aspetto della
propria vita, da quello professionale a quello personale e
soprattutto la passione per le persone. Ma è difficile
esercitare questo fattore soft chiusi in una stanza da soli;
bisogna sempre essere almeno in due…magari collegati con
una piccola videocamera con i nuovi sistemi di e-collaboration.

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