Per lo smart manufacturing serve l’Hybrid IT

Un incontro a più voci, che ha visto coinvolte Fujitsu e Intel, con la loro vision da vendor, e Giovanni Miragliotta e Massimo Ficagna, con il punto di vista degli analisti. Cosa serve per fare davvero smart manufacturing? Cloud e una infrastruttura ibrida

Pubblicato il 15 Mar 2018

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L’Industria 4.0 sta portando una ventata di innovazione nelle imprese italiane. Sull’onda della digitalizzazione, che  coinvolge diversi settori industriali, e promossa da una leva fiscale significativa, frutto delle iniziative messe in atto in questi ultimi anni dal Governo nazionale, la manifattura connessa e intelligente inizia a prendere forma anche in Italia. Con la quarta rivoluzione industriale si aprono le porte del mercato del lavoro a nuove figure professionali – con competenze sempre più specifiche (e si inizia a parlare di figure professionali nella forma di Operatore 4.0) –  nascono forme organizzative innovative, ma soprattutto si pongono le basi per lo sviluppo di modelli di business inediti, con la grande sfida della “servitizzazione” ovvero del passaggio da prodotto a servizio.

In altre parole, l’Industria 4.0 è il manifesto di una visione del futuro secondo cui le imprese manifatturiere, con l’ausilio delle tecnologie digitali, aumenteranno la propria competitività, anche grazie alla maggiore interconnessione delle proprie risorse. Si entra di fatto nell’era dell’Internet delle Cose o meglio ancora dell’Industrial IoT e della centralità del dato. È in questo contesto che oggetti intelligenti e connessi, dialogando tra loro, abilitano la nascita di nuovi servizi. L’occasione per le aziende, insomma, è ghiotta, ma resta un interrogativo di fondo importante: quali sono gli strumenti ideali per sostenere e stimolare lo sviluppo del modello “Industria 4.0”?

Hybrid IT, l’infrastruttura ottimale per l’Industria 4.0

L’opportunità per rispondere a questa domanda è stato l’evento dal titolo “Industria 4.0: realizzare la fabbrica digitale con l’Hybrid IT” organizzato da Internet4things e BigData4Innovation, testate del gruppo Digital360, insieme a Fujitsu Italia e Intel Italia. Obiettivo dell’incontro? Dare un contributo ai professionisti del settore per capire come disegnare (o ridisegnare) l’infrastruttura IT ottimale, in grado cioè di sostenere in modo efficace le sfide della fabbrica connessa.

Ad aprire la tavola rotonda dell’incontro è stato Mauro Bellini, direttore di Internet4things e BigData4Innovation: «Per molto tempo l’attenzione degli addetti ai lavori – ha spiegato Bellini – si è concentrata sul delicato rapporto,  tra IT (Information Technology) e OT (Operation Technology) all’interno delle fabbriche, ora è necessario spostare l’attenzione e comprendere in che modo è possibile  progettare una infrastruttura IT capace di sostenere efficacemente lo sviluppo della digital factory».

Serve ancora un salto culturale per trasformare il manufacturing

Una prima interpretazione ha provato a darla Giovanni Miragliotta, direttore Osservatorio Industria 4.0, Internet of Things e Intelligenza Artificiale della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui la tecnologia su cui scommettere per potenziare i progetti in ambito Industria4.0 è senza dubbio il cloud. «Dall’applicazione del cloud alla manifattura – ha spiegato – ci aspettiamo i risultati migliori in termini di smart manufacturing». Una previsione supportata anche dai numeri, dato che nel 2017 la spesa pubblica per settore legata al cloud, in Italia, ha visto il manifatturiero prevalere sugli altri comparti, con il 24% dell’ammontare complessivo di spesa.

Un ruolo determinante per la realizzazione della smart factory – perno centrale del processo di trasformazione digitale della manifatturia – lo giocano anche le applicazioni legate agli ambiti “Analitycs” e “Iot”, che impattano rispettivamente per il 33% e per il 38% sulla costruzione della fabbrica intelligente.

Non bisogna dimenticare, però, che il processo di trasformazione digitale della manifattura è innanzitutto un fenomeno culturale prima ancora che tecnologico. Per poter rispondere alle istanze dell’innovazione, infatti, è necessario conoscere la tecnologia a tal punto da poterne estrarre valore. In altre parole, serve un vero e proprio salto di qualità all’interno delle aziende. Se la fabbrica del futuro sarà una sorta di ecosistema di dispositivi interconnessi, è lecito aspettarsi che la strategia di business delle imprese dovrà fare i conti con la forza dei dati. E magari prevedere l’inserimento di figure professionali con competenze del tutto diverse rispetto a quelle del passato. Si tratta di un passaggio obbligato, favorito tra l’altro da «un momento di convergenza tra information technology e operation technology, terreno fertile per lo sviluppo di soluzioni ibride» ha concluso Miragliotta.

L’orchestrazione è la vera sfida nell’utilizzo delle piattaforme cloud

A Massimo Ficagna, Senior Advisor Osservatori Digital Innovation, è toccato invece il compito di fare il punto sullo stato dell’arte dell’Hybrid IT. «Il sistema informativo sta cambiando la sua struttura – ha spiegato Ficagna – con le aziende che preferiscono approcci sempre più ibridi per la gestione dei dati». A confermare questo trend sono i numeri sugli investimenti in infrastrutture IT, che nel 2017 hanno sfiorato quota 2 miliardi di euro (in crescita del 18% rispetto al 2016). Più nel dettaglio, per quanto concerne il settore del cloud pubblico (i cui investimenti ammontano a quota 978 milioni), il 12% delle risorse sono state investite in ambito PaaS (Platform as a Service), il 42% nell’area IaaS (Infrastrucuture as a Service) mentre il 46% nel comparto SaaS (Software as a Service).

Fatto salvo questo scenario, «la vera sfida nell’utilizzo delle piattaforme cloud – continua Ficagna – riguarda l’orchestrazione dei servizi». Una fotografia scattata dall’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, su un campione di 163 grandi imprese, mostra lo stato attuale e futuro dell’attuazione di servizi cloud all’interno delle aziende. Si scopre così che buona parte di esse utilizza già i servizi della nuvola per attività di office automation, posta elettronica certificata, storage e backup; mentre altrettante prevedono di introdurre il cloud per gestire software di intelligenza artificiale, potenziare la sicurezza, analizzare e valorizzare la grade mole di dati prodotta.

Al di là dei numeri, però, l’obiettivo per le aziende resta la capacità di integrare modelli “on premise” e modelli “cloud”, prerogativa fondamentale per sviluppare sistemi informativi ibridi.

La digital transformation delle imprese nei focus di Fujitsu

Chi vuole accompagnare le aziende in questo percorso di trasformazione è Fujitsu, che ha sviluppato soluzioni in grado di rispondere alle diverse esigenze di digitalizzazione delle aziende. «Oggi la trasformazione digitale è una priorità per la maggior parte delle industrie».

Ha sottolineato Federico Riboldi, Business Program Manager Marketing di Fujitsu Italia. «È grazie alla digitalizzazione che i manager avranno maggior controllo e agilità nelle operazioni». La traduzione pratica di questo concetto è un modello di business cosiddetto “iperconnesso”, in grado cioè di mettere in contatto persone, cose e informazioni, all’interno di un ecosistema che si muove verso la completa digitalizzazione dei processi produttivi.

A giocare un ruolo strategico verso la digitalizzazione delle imprese, secondo Riboldi, saranno i modelli IT ibridi, quelli cioè capaci di orchestrare servizi a cavallo tra l’IT tradizionale e la tecnologia cloud. Una sorta di ponte di collegamento tra i due modelli. Per questo Fujitsu ha sviluppato una piattaforma che consente di raccogliere, condividere e utilizzare l’enorme quantità di dati generati da sensori e dispositivi. Si tratta di K5 una piattaforma cloud moderna e innovativa in grado di fornire alle aziende quel supporto necessario per affrontare la natura sfaccettata della trasformazione digitale.

Chi ha sposato la strategia dell’Hybrid IT insieme a Fujitsu è Intel, realizzando tra l’altro una nuova tipologia di server.

Il motivo lo ha spiegato in chiusura di convegno Carmine Stragraprede, Data Center Group South Europe Sales Manager Intel: «Negli ultimi dieci anni la vendita diretta di server nel mercato italiano si è ridotto a un quarto del totale». E poi ha aggiunto: «Da da qui al 2021, circa l’80% delle applicazioni business verrà erogata in formato cloud». 

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