Impiegati liberi di scegliere il computer e lo smartphone preferito per lavorare in azienda. È il nuovo corso strategico di Procter & Gamble per il Digital Workspace – ovvero gli strumenti di lavoro digitali – dei dipendenti nel mondo, un modello che, secondo Filippo Passerini, Chief Information Officer della multinazionale a livello worldwide, non solo è vantaggioso ma è sempre più inevitabile. Consapevole che il mondo è radicalmente cambiato nell’arco di pochi anni la Compagnia, leader nell’innovazione, sta spingendo sull’acceleratore della digitalizzazione in ogni ambito di attività. Il Workspace riveste un ruolo particolarmente importante perchè riguarda il “fattore umano”, ovvero la produttività, efficienza ed efficacia nel lavoro: P&G si trova oggi a soddisfare esigenze molto diverse – per età, Paese di origine, cultura… – e vuole soddisfare le esigenze di tutti gli impiegati.
I Digital Natives hanno aspettative, modalità di lavoro e competenze del tutto differenti rispetto anche solo dalla generazione precedente. Vale la pena, dunque, accollarsi le problematiche tecnologiche legate alla proliferazione dei terminali, perchè, afferma il CIO, «abbiamo dimostrato che è possibile, con un modello liberalizzato, aumentare la produttività delle persone e diminuire i costi, trovando il giusto punto di equilibrio fra la libertà del dipendente e le regole dell’organizzazione». Si tratta di un passo importante, perchè P&G aveva scelto, quindici anni fa, di adottare una piattaforma unica per tutti i dipendenti, standardizzando totalmente oltre 100mila computers, ovvero adottando pochi modelli hardware e una stessa immagine software.
Spiega Passerini: «La scelta era stata fatta perché ci consentiva di fare due cose all’epoca rivoluzionarie: distribuire il software automaticamente su tutti i computer e semplificare la risoluzione dei problemi da parte dei tecnici. Se da un lato questo ci ha permesso di ridurre i costi di manutenzione, dall’altro ha alzato la soglia della potenza minima dei computer, che spesso è molto maggiore rispetto al necessario, per le diverse mansioni». Nell’arco di tre lustri, però, l’avanzata delle tecnologie digitali ha completamente trasformato lo scenario mondiale. Tutto oggi è interconnesso, le informazioni sono immediate e i social network le diffondono a macchia d’olio, con le persone che vogliono commentare i fatti e partecipare attivamente ai dibattiti. Anche dalla prospettiva tecnologica il quadro si è ribaltato: i Sistemi Informativi si sono evoluti da un modello centralizzato – con il data center che era una sorta di fortezza protetta da un firewall – a uno distribuito, dove la sicurezza è sul singolo device e i device sono per tutti gusti.
«Circa un terzo degli assunti – afferma il manager – sono ormai giovani che interagiscono da anni tramite social network, instant messaging e smartphone e portano con loro un modo di lavorare ormai consolidato. Questi strumenti stanno creando un cambiamento culturale, un modo diverso di collaborare che aiuta la velocità. C’è sempre più un’integrazione tra la vita lavorativa e quella privata. E mentre in precedenza al lavoro si avevano gli strumenti tecnologici migliori, ora spesso accade il contrario: a volte si hanno a casa strumenti più potenti ed efficaci di quelli disponibili sul posto di lavoro». In P&G convivono dunque persone di varie generazioni, con background anche molto differenti, e ciascuno sarà libero di utilizzare lo strumento che ritiene più efficiente per il proprio lavoro.
«Crediamo che nulla vada imposto – spiega Passerini – e che non sia utile regolamentare la vita dei dipendenti, piuttosto cerchiamo di creare un vantaggio per gli impiegati e per l’azienda: è nell’interesse dell’impiegato essere produttivo ed efficiente, perché viene valutato sulla base dei risultati di business. Cerchiamo di aiutare le nostre persone a trovare un giusto equilibrio fra vita privata e lavorativa e in questo le tecnologie aiutano moltissimo. Sono convinto che la strategia che stiamo perseguendo possa creare un vantaggio competitivo. P&G è sul mercato da oltre 170 anni: siamo una delle più longeve compagnie al mondo e tutte le nostre decisioni strategiche sono in un’ottica di sostenibilità di lungo periodo».
Un tassello fondamentale della strategia “Going digital”
Il nuovo corso per il Digital Workspace di P&G si inserisce nella strategia “Going Digital” varata dal CEO e Chairman Bob McDonald e Filippo Passerini, managers convinti che la tecnologia possa trasformare il modo di fare business. Per questo stanno puntando ed investendo per far diventare P&G un’organizzazione sempre più avanzata in questo senso. La strategia digitale è molto articolata, ma se ne possono individuare quattro componenti principali. La prima è rappresentata da strumenti dedicati a particolari aree di business, “tecnologie verticali” introdotte con lo scopo di velocizzare, ottimizzare e ridurre costi. La seconda riguarda le soluzioni di Business Intelligence real time, che comprendono anche l’analisi del Web. La terza componente ha l’obiettivo di digitalizzare la Supply Chain, dalla ideazione del prodotto fino allo scaffale; la quarta e ultima componente è quella che riguarda i collaboratori e i nuovi strumenti per il “Digital Workplace”, che permettono di operare in tempo reale e in maniera più efficace. Si tratta anche del tema più delicato, perchè misurare il ritorno degli investimenti, quando si parla di produttività individuale, è particolarmente complesso.
Per definire i contorni del problema e arrivare a quantificare il vantaggio economico derivante dall’adozione del modello liberalizzato, P&G ha identificato alcune domande che ne sintetizzano tutti gli aspetti rilevanti. Quali sono gli strumenti giusti per massimizzare l’efficacia e la produttività dell’impiegato? Chi deve scegliere quanti e quali device gli impiegati utilizzano? La compagnia è in grado di gestire i costi, la sicurezza, la privacy e la complessità derivante dalla proliferazione dei device? È possibile permettere agli impiegati di portare al lavoro il proprio device, qualunque esso, sia? E se gli impiegati hanno la possibilità di scegliere, aumenta la loro efficienza? Quali processi o quale parte di essi deve essere portata su Mobile? Il punto di arrivo dell’analisi è una matrice sulla quale sono stati mappati i dipendenti e gli strumenti di lavoro a loro disposizione. Più in dettaglio, si tratta di una segmentazione del personale in cinque gruppi, a ciascuno dei quali è associata una dotazione tecnologica: pc e smartphone, strumenti di comunicazione (telefono fisso, chat, email e video), e il tipo di assistenza cui possono accedere.
Spiega Passerini: «La segmentazione garantisce che gli impiegati dispongano degli strumenti e delle giuste skills che servono per operare il più efficientemente possibile, e contemporaneamente ci permette di abbassare il costo complessivo. La nostra analisi ha evidenziato che 60mila persone hanno al momento una tecnologia sovradimensionata rispetto a quanto è necessario per svolgere la loro mansione; altri necessitano di strumenti “Mobile” più sofisticati. Tutti saranno riallocati nel giusto segmento. Per alcuni i costi aumentranno, per altri diminuiranno, ma nel complesso vedremo una diminuzione del costo totale, e strumenti più specifici per le mansioni di ognuno». È prevista anche una differenziazione del supporto: sia va dall’help desk con intervento a domicilio anche nel week end – un servizio riservato ad un segmento “top”- fino ad arrivare a una community support, fatta dai dipendenti, per esempio quella per gli utenti Apple: chi vuole usare il mac si deve affidare a questa. «Dal punto di vista pragmatico di business, persone diverse hanno un diverso costo per l’azienda, come pure diverse sono le esigenze di supporto. Un atteggiamento egualitario in questo caso non solo non funziona, ma crea minore soddisfazione con il servizio e costi più alti».
Bring Your Own Device
In alcune caselle della matrice compare l’acronimo BYO, Bring Your Own: significa che per alcuni dipendenti sarà possibile portare da casa computer e cellulare. «Oggi non c’è alcun ragazzo che vada all’università senza il proprio computer: inviteremo loro a portarlo in azienda quando vengono assunti – afferma Passerini -. Abbiamo già 300 impiegati che lo fanno, e un obiettivo di arrivare a 5000 nei prossimi 12-18 mesi. Siamo all’inizio del percorso, però abbiamo abbastanza evidenza per capire che è fattibile. Non ho dubbi che nell’arco di 3 – 4 anni, gradualmente, nella maggior parte dei Paesi in cui operiamo questo avverrà: a quel punto noi dovremo essere pronti a far sì che ogni device sia compatibile con la nostra infrastruttura, risolvendo i problemi di sicurezza che ne derivano ».
Anche la gestione del software viene rivoluzionata: l’idea è quella di selezionare i principali pacchetti software, fruibili tramite una piattaforma cloud unica, e permettere ai dipendenti di aggiungere sul pc altri software a piacimento, cosa che oggi non è consentita per motivi di standardizzazione. «Il primo passo fondamentale è mettere tutte le applicazioni su web; poi possiamo creare un’infrastruttura con un layer specifico che permetta di gestire i diversi device: ma non mi aspetto che saranno un numero infinito», conclude il CIO.
L’Application Store di P&G
Sono oltre 110 le applicazioni Mobile disponibili sul PG App Store, scaricabili dai dipendenti della società esattamente come si fa con l’App Store di Apple. Fra le applicazioni, tutte pensate per risolvere specifiche esigenze evidenziate dai dipendenti della società, ve ne sono alcune commerciali e altre sviluppate internamente. Il percorso che parte dall’idea e arriva all’applicazione Mobile è strutturato, e prevede varie fasi che coinvolgono il team di sviluppo interno oppure società esterne. Un esempio è iApprove, utilizzata dai top manager per fornire le diverse approvazioni di cui necessitano i collaboratori: invece di dover accedere ad applicativi diversi a seconda del tipo di approvazione richiesta, operazione che solitamente viene fatta dalla mail, l’applicazione Mobile riesce ad aggregare le richieste, riducendo il tempo impiegato dal manager. Le Mobile App non sono liberamente a disposizione dei dipendenti: le singole Business Unit della multinazionale sono tenute a corrispondere un pagamento per il download e per la manutenzione delle App. Spiega Passerini: «Abbiamo bisogno di capire il valore delle applicazioni e il modo migliore è dargli un prezzo. Se le persone le comprano, allora vuol dire che veramente trovano un vantaggio a utilizzarle».
Chi è Filippo Passerini
Filippo Passerini, nato a Roma nel 1957, si laurea in Scienze Statistiche e Ricerca Operativa. Nel 1981 entra in Procter&Gamble dove avvia il suo prestigioso percorso professionale sempre all’interno del Gruppo, in linea con la filosofia di “promozione dall’interno” da sempre elemento strategico per P&G. Dopo i primi 7 anni in Italia si sposta prima in Turchia, poi in Inghilterra, successivamente in Sud America, poi negli Stati Uniti, con incarichi di responsabilità sempre crescente nell’ICT, che segnano di fatto il punto di non ritorno ad una carriera nazionale. Segue un periodo in Grecia, questa volta come Marketing Manager della Business Unit locale, per poi ritornare in USA nell’attuale incarico di Group President, Chief Information Officer & Global Business Services (GBS) di P&G, esempio lampante di come il nostro Paese sia in grado di esportare nel mondo una classe manageriale di eccellenza. La GBS include i servizi condivisi per tutto il Gruppo, la contabilità, i sistemi di Human Resources, la parte di Facility Management, parte del Purchasing, e la funzione dei Sistemi Informativi, denominata Information Decisions Solutions (IDS). IDS lavora a stretto contatto con tutte le Business Unit e il suo ruolo va oltre i tradizionali aspetti dell’Information Technology (“hardware and software”). Il suo obiettivo è anche quello di guidare la definizione di nuove capabilities strategiche per il business, attraverso l’integrazione di informazioni, analytics e nuovi modelli di business. L’IDS trasforma lo sviluppo tecnologico in un vantaggio competitivo per l’azienda.
Filippo Passerini ha 15 riporti diretti con un totale di 7400 persone, più circa 4000 risorse esterne. Di queste, circa 3000 interni e 2000 esterni sono ICT. Nella propria carriera Filippo Passerini è sempre riuscito a coniugare le aspirazioni professionali con uno stile di vita fortemente orientato alla famiglia ed alle radici nazionali, basando il proprio successo non solo su un bagaglio di competenze elevate, ma anche su una capacità di motivare e coinvolgere persone, di creare e trasformare in valore le relazioni, di agire con intelligenza emotiva.
Procter&Gamble nel mondo
Procter&Gamble, fondata nel 1837, è una multinazionale che sviluppa produce, commercializza e distribuisce beni di largo consumo alimentari e per la cura della persona. Impiega circa 127.000 dipendenti e opera in 80 Paesi, commercializzando oltre 300 marchi a 4.4 miliardi di clienti nel mondo, con un fatturato annuo di oltre 82 miliardi di dollari. Alcuni fra i marchi più noti sono Dash, Ariel, Ace, Braun, Duracell, Gillette, Fusion, Pantene, Olaz, Wella e Oral B. Dal 1956 il Gruppo P&G è presente in Italia, dove possiede tre stabilimenti di produzione ed un centro tecnico di ricerca ed impiega circa 3500 persone. Gli stabilimenti sono a Pomezia (Roma), dove si producono detersivi in polvere e liquidi, a Gattatico (Reggio Emilia), prodotti per la detergenza della casa e a Campochiaro (Campobasso), dove si produce la candeggina Ace. Dal 1999 Procter & Gamble è strutturata in Global Business Units (GBU); MDO (Market Development Organizations); Corporate Functions (CF) e Global Business Services (GBS). Le GBU si occupano di ricerca, sviluppo, produzione e strategie di marketing dei prodotti; le MDO (tra cui quella italiana) gestiscono la struttura commerciale, rapporti con i clienti e comunicazioni con i consumatori locali; le CF offrono servizi specifici, principalmente di governance, formazione, sviluppo di competenze funzionali specifiche; GBS ha un ruolo trasversale nei servizi e nell’Information Technology. La funzione dei Sistemi Informativi, denominata Information Decisions Solutions (IDS) è incardinata nella struttura GBS e lavora a stretto contatto con tutte le Business Unit. Il ruolo dell’IDS va oltre i tradizionali aspetti dell’Information Technology e il suo principale obiettivo è quello di guidare lo sviluppo di nuove business capabilities e business transformation.