Una piattaforma che combina sensori connessi in ottica IoT e un approccio social e condiviso per promuovere un nuovo modo di fare impresa o governare un’amministrazione locale. Il mantra di Q-cumber è che la sostenibilità debba per forza sposarsi con il “fare” per raggiungere i propri obiettivi rispettando i diritti di chi ci sta intorno. Aziende e amministrazioni locali, infatti, sono sistemi aperti, che hanno rapporti di scambio continui con l’esterno, con l’ambiente e la collettività. Consumano risorse e inquinano ma se ben gestite e amministrate possono anche generare del valore aggiunto, sfruttando la miglior conoscenza reciproca. «La formula sulla quale ci basiamo – spiega Giuseppe Magro, fondatore e CEO della startup Q-cumber, che ha sviluppato l’omonima piattaforma, accessibile all’indirizzo www.q-cumber.org – è quella del creare valore condiviso. Abbiamo visto che è possibile dai tantissimi esempi che ci offre la sharing economy e, integrando questo approccio social con le tecnologie dell’Internet of Things il gioco è fatto. Q-cumber è uno strumento per la sostenibilità basato sulla conoscenza. Non si tratta propriamente di IoT ma, come dico io, di IoP, un Internet delle Persone che coinvolge la popolazione residente vicino a una fabbrica o in un Comune nelle attività di creazione del valore economico che siano il più possibile anche eco-compatibili e sostenibili».
Machine learning e sensori connessi
La piattaforma impiega tecnologie IoT che vanno dal machine learning alla
sensoristica avanzata per determinare modelli predittivi in grado di migliorare la stima di impatto ambientale di un’attività produttiva. Si tratta, in pratica, di un DSS (un sistema di supporto decisionale basato su analytics), che utilizza la rete Internet e la sensoristica per abilitare nuove capacità predittive sostenute e influenzate dal machine learning. «Alla PA locale offriamo una serie di tool con cui il sindaco e i funzionari del Comune possono avere accesso a informazioni sullo stato dell’ambiente, per assumere decisioni più informate sulla costruzione di un viadotto, per esempio, o sulla creazione di un nuovo termoconvettore, ma anche sul posizionamento di una cabina elettrica o l’avvio di un cantiere».
La startup ha sviluppato alcuni verticali della piattaforma che si indirizzano alla clientela aziendale (Q-business), specificamente pensati per garantire alle aziende una miglior conformità ai dettami della normativa 231/2001 sui rischi ambientali; un sistema digitale di gestione delle certificazioni ISO; uno strumento di auto-tutela dell’impatto ambientale di viadotti e autostrade; uno che misura le molestie olfattive nel Comune sulla base delle segnalazioni provenienti dai cittadini e uno sul bilancio di sostenibilità digitale – che sarà obbligatorio per le aziende con oltre 500 dipendenti che operano all’interno dei Paesi membri dell’Unione europea a partire da quest’anno.
Sono circa 5mila i cittadini che contribuiscono attivamente alla piattaforma con le proprie segnalazioni e commenti. La piattaforma mappa, al momento, diverse geografie come alcuni Comuni della provincia di Brescia, Mantova e Foggia, la città di Glasgow (grazie a una partnership con il CERC – Cambridge Environmental Research Consultants – di Cambridge) e diverse amministrazioni comuni in Portogallo. Entro fine 2017, però, saranno una sessantina i comuni interessati dalla rivoluzione Q-cumber, in 14 province e 3 Regioni dello Stivale. «I cittadini vogliono essere sempre più coinvolti nelle decisioni delle amministrazioni locali, aspirano a una maggior governance sui progetti pubblici e si aspettano di giocare un ruolo chiave nel codificare gli obiettivi condivisi tra PA e utenti. E le aziende sono più sensibili a queste tematiche, anche sulla scorta di alcune recenti ricerche che indicano come, per esempio, ben il 68% dei clienti sia disposto a cambiare le proprie scelte d’acquisto in funzione della maggior eco-sostenibilità dell’offerta».
Il ruolo dei contributor
Sviluppato a partire da Google Maps, Q-cumber offre una fotografia estremamente accurata del territorio evidenziando gli “stressor”, ovvero discariche, cave, impianti per la trasformazione dei derivati del petrolio… la piattaforma, poi, grazie a un’applicazione chiamata Georeport evidenzia anche gli elementi di potenziale vulnerabilità per il territorio, che andranno sovrapposti agli stressor per tener conto di eventuali situazioni penalizzanti e potenzialmente foriere di grossi problemi per l’ambiente e il territorio. Accedendo al portale, i cittadini potranno avere un’idea precisa di dove sono posizionate le centraline per il rilevamento dei dati ambientali e potranno contribuire con le proprie segnalazioni a migliorare il livello di accuratezza delle informazioni.
La piattaforma è accessibile e fruibile anche tramite un’App per smartphone (disponibile sia su Google Play, per i device a cuore Android, che nell’App Store di Apple), cosa questa che rende ancora più facile contribuire, segnalando – e documentando con foto e video – le fonti d’inquinamento e altre criticità ambientali, così come le molestie olfattive. La valenza “social” del progetto sta proprio nel fatto che i dati sono incrociati in tempo reale con quelli di tutti gli altri cittadini/contributori, per creare una mappa interattiva e costantemente aggiornata dell’ambiente che li circonda.
Il progetto è pensato per offrire una chiave di lettura del tipo win-win ai suoi
sostenitori: le aziende lo potranno utilizzare per dimostrare, anche ai fini del bilancio digitale di sostenibilità, il proprio impegno sul fronte della riduzione dell’impatto ambientale delle proprie attività, un aspetto che oggi molti consumatori valutano con favore. I cittadini potranno tenere costantemente monitorata la situazione del proprio territorio mentre le amministrazioni pubbliche avranno accesso a una quantità di dati impensabile da ottenere altrimenti, dati che permetteranno di prendere decisioni informate in merito a concessioni edilizie e altre tipologie di interventi amministrativi.
23 Gennaio 2017
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