Tre quarti dei consumatori usano il loro smartphone mentre sono all’interno dei negozi a fare shopping, e il settore retail deve imparare a sfruttare questa nuova tendenza. Questa una delle conclusioni più interessanti del recente intervento di Julie Ask, vice president and principal analyst di Forrester Research, al Mobile Commerce Summit 2013 tenutosi all’inizio di maggio a New York.
Ask ha citato una recente indagine su 4000 consumatori nord-americani, da cui emerge che i sette principali usi dello smartphone a supporto dello shopping sono trovare il negozio più vicino e i suoi orari d’apertura, fotografare un prodotto per condividere l’immagine con gli amici, cercare informazioni su un prodotto mentre si è in negozio (anche tramite la lettura del barcode), confrontare prezzi nel negozio con prezzi online, riscattare un coupon ricevuto sullo smartphone, e cercare recensioni del prodotto scritte da altri consumatori. “E di questi sette utilizzi, sei avvengono mentre il consumatore si trova in negozio”.
I brand quindi dovrebbero ormai definire le customer experience dei loro clienti in funzione di qualsiasi dispositivo possano usare, e dovunque si trovino quando decidono di fare un acquisto, e la domanda di ‘accesso alla marca’ da dispositivi mobili non farà che aumentare nei prossimi due anni: “Il Mobile sarà il canale di connessione digitale primario con i vostri clienti: già ora nel mondo ci sono 6 miliardi di abbonamenti e carte prepagate mobili su 7 miliardi di abitanti”.
Smartphone per attività immediate, tablet per approfondire
Un altro concetto molto interessante sottolineato da Ask è che tablet e smartphone non possono essere accomunati in un’unica strategia perché i consumatori li usano in modo diverso. “E’ vero che l’e-commerce su tablet supererà l’e-commerce su smartphone, ma il confronto non ha molto senso”. I tablet vengono utilizzati per lo più a casa, soprattutto in soggiorno e in camera da letto (solo l’8% dei possessori li usa nei negozi), gli smartphone dappertutto: in casa, sui trasporti pubblici, in coda, all’aperto, e naturalmente anche nei negozi.
I ‘marketer’ quindi devono capire le differenze nell’uso di questi due strumenti e sfruttarle al meglio: lo smartphone è usato per attività veloci, attive, che il consumatore vuole iniziare e finire in poco tempo, mentre il tablet è un media più ‘passivo’, di approfondimento, ha detto Ask.
Al momento il mobile commerce rappresenta solo il 2% dell’e-commerce, che a sua volta è circa il 10% del retail commerce, ma la sua incidenza è destinata a crescere molto rapidamente (anche in Italia, come ha evidenziato il più recente Osservatorio NFC e Mobile Payment del Politecnico di Milano), specialmente nel settore retail: “La tendenza più interessante in questo campo è la capacità del mobile di arricchire la ‘in-store experience’ del consumatore quando si trova nel punto vendita”.
In questo senso, spiega Ask, i commessi e gli addetti nel punto vendita dovranno essere all’altezza dei clienti nell’uso dei device mobili sia per applicazioni di supporto al cliente (suggerimento di accostamenti di colori o di accessori, confronto con acquisti passati, ecc.), sia di back-office (spedizione di fatture per e-mail, conversione di valute, ecc.).
La realtà aumentata che convince a entrare in negozio
Nella in-store experience il mobile può aiutare in tre modi: fornendo informazioni di contorno, semplificando le cose, e fornendo uno ‘strato’ di servizi personalizzati al di sopra dell’esperienza ‘fisica’ nel negozio. “La realtà aumentata per esempio può fornire informazioni che aiutano il consumatore ad assumere la decisione d’acquisto in tempo reale, magari convincendolo a entrare in uno store o in un ristorante mentre ci passa davanti, mostrando sullo smartphone informazioni su saldi e novità nel primo caso, o su specialità, recensioni e prezzi, fino addirittura al contenuto calorico dei vari piatti, nel secondo caso”.
L’adattamento al contesto in continuo cambiamento che circonda l’utente in mobilità, e l’intelligenza che deriverà dall’elaborazione di enormi moli di dati (applicazioni Big Data), saranno gli elementi più importanti che determineranno lo sviluppo della prossima generazione di App. Ask ha fatto l’esempio dell’App di una compagnia aerea che due giorni prima del volo mette in primo piano tutto ciò che riguarda la prenotazione (cambiamenti, scelta del posto, ecc.), due ore prima il check-in o il percorso per arrivare al gate d’imbarco, all’ora dell’arrivo le modalità di ritiro bagagli e i trasporti dall’aeroporto alla città.
“L’App di un retailer invece cambierà le funzioni esposte in funzione di dove si troverà il cliente: nei propri negozi (coupon, disponibilità se il prodotto è in stock-out, informazioni sui prodotti, proposte di credito al consumo, ecc.), in quelli della concorrenza (promozioni, confronti, distanza e percorso verso il proprio negozio più vicino, ecc.), o a casa (offerte, video pubblicitari o di istruzioni, shopping list, indirizzi e orari dei negozi, ecc.)”.
In generale, conclude Ask, chi opera nel retail deve organizzare le sue strategie mobile definendo i modelli d’uso dei diversi dispositivi mobili, e supportando l’intera customer experience dalla ricerca di informazioni al supporto post-vendita, senza dimenticare di evolvere regolarmente i servizi nel tempo.