Mobile innovation

Ricarica senza fili, al rush finale la tecnologia che cambierà la vita degli utenti Mobile

Secondo Juniper Research, entro il 2020 270 milioni di famiglie ricaricheranno le batterie dei propri smartphone e wearable senza l’uso di fili. Ma l’industria deve ancora superare gli ostacoli della definizione di uno standard unico e dei regolamenti nazionali sull’uso delle frequenze elettromagnetiche

Pubblicato il 22 Set 2015

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Dalla messaggistica alla produttività, passando per la navigazione in Internet e – anche se ancora non ancora diffusi nel nostro paese – i pagamenti da smartphone, qual è forse l’unico elemento che limita l’esperienza mobile? Come tutti ben sanno, la durata della carica della batteria del device.

Per quanto le batterie di nuova generazione siano molto più efficienti di quelle utilizzate fino a poco tempo fa, e nonostante aumentino a vista d’occhio sistemi di ricarica portatili più o meno pratici, e punti appositamente dedicati negli spazi pubblici, il problema è lungi dall’essere risolto.

Anzi, con l’aumento progressivo delle dimensioni dei display e soprattutto della complessità delle applicazioni e dei video in HD è facile immaginare come l’incremento del 6% annuo della capacità delle batterie agli ioni di litio non sia sufficiente a placare il crescente fabbisogno energetico degli handset.

Tutto quello che si può fare, al momento, è ideare sistemi di ricarica più veloci e pratici possibile. La prima soluzione che viene in mente è il wireless charging, ovvero il ripristino della carica delle batterie senza fili e senza contatto fisico. Juniper Research ha dedicato a questo tema e all’attuale sviluppo del mercato un white paper intitolato “Wireless charging – A source of interest”, nel quale si analizzano gli sforzi che soprattutto i consorzi industriali nati attorno a quest’ambito di ricerca stanno compiendo.

Sono tre i consorzi citati dal report: WPC (Wireless Power Consortium), sorto nel 2012, PMA (Power Matters Alliance) e A4WP (Alliance for Wireless Power), nati entrambi nel 2012 e poi uniti tra loro lo scorso maggio. Nonostante la fusione, è ancora WPC a rappresentare il 46% dei player del mercato, costituendo una maggioranza risicata ma sufficiente a impedire la definizione di uno standard univoco per tutto il settore.

Due sono le filosofie che sottendono allo sviluppo del wireless charging: la ricarica a induzione e la ricarica a risonanza. Tradizionalmente, i due metodi sono stati sviluppati e utilizzati in maniera separata, con il consorzio PMA specializzato sul fronte dell’induzione e WPC e A4WP focalizzati sulla risonanza. Ma ora gli approcci stanno convergendo ed è il momento di capire quale dei due protocolli in uso dai trend setter del mercato riuscirà a prevalere e a conquistare più clienti.

Juniper stima che entro il 2020 circa 270 milioni di famiglie in tutto il mondo adotteranno sistemi di ricarica wireless. Negli Stati Uniti sarà quasi il 40% degli utenti, mentre in Europa oltre il 20%. Ma sarà il Giappone, a patto che il governo sostenga gli operatori mobile con le corrette iniziative regolatorie, a guidare la spinta innovativa in questo senso.

Sempre secondo la società di ricerca, un quinto dei wearable device incorporerà esclusivamente tecnologie di ricarica wireless, a tutto vantaggio delle prestazioni del dispositivo, grazie al migliore sfruttamento dei volumi della scocca, privata di jack e connettori tradizionali. Perché tutto questo si realizzi, però, è necessario che i produttori permettano ai consumatori di fruire dell’esperienza di ricarica wireless nel modo più comodo e intuitivo possibile. Il che significa riuscire a compiere un salto simile a quello fatto dalla connessione Internet quando è passata dal cavo al Wifi.

Nulla di trascendentale dal punto di vista tecnico, anche se al momento non sono ancora disponibili prodotti finiti. Allo studio ci sono però già diverse soluzioni sperimentali, capaci di permettere di ricaricare la batteria del proprio dispositivo anche a diversi metri dalla fonte del segnale. A questa tecnologia, avverte Juniper Research, c’è un unico freno: quello normativo.

Negli Stati Uniti, per esempio, nel Codice dei regolamenti federali della Commissione dedicata alle Comunicazioni, si stabilisce che le emissioni di trasmettitori radio che operano alle frequenze di 45kHz e oltre non possono esprimere una potenza superiore a un watt. Per consentire ricariche sufficientemente rapide, occorrerebbe invece una potenza compresa tra i cinque e i 15 watt, senza contare l’attenuazione della potenza dovuta alla trasmissione a distanza.

Date le conoscenze attuali in ambito elettromagnetico, delle due ipotesi, l’una: o le previsioni di Juniper Research non sono corrette o le lobby dell’elettronica di consumo riusciranno a convincere i legislatori americani e internazionali a rivedere i propri regolamenti sulla materia in questione.

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