L’agricoltura di precisione è uno degli esempi più significativi di come il digitale possa cambiare radicalmente il modo di lavorare e l’approccio al business. Il digitale rappresenta un mezzo innovativo nel precision farming per trovare una sintesi tra la gestione delle risorse, l’efficienza nel lavoro e lo sviluppo di forme di agricoltura innovativa. Tanto sono elevate le aspettative nei confronti della Smart Agrifood e tanto questo nuovo modo di interpretare l’agricoltura richiede la integrazione di competenze diverse, con figure professionali che solo poco tempo fa non avrebbero mai pensato di lavorare fianco a fianco.
La fotografia di quanto sia importante portare sul campo competenze anche molto diverse è rappresentato dall’esperienza di Sal Engineering che ha saputo unire competenze ingegneristiche, valori legati alla conoscenza del territorio, agronomia, sensoristica, gestione di rilevazioni aeree tramite droni e competenze di data analytics. L’agricoltura di precisione è tutto questo e molto di più, soprattutto se si aggiunge l’obiettivo di portare sul campo tutto il valore di conoscenza che arriva dai dati.
L’avventura di Sal Engineering nasce con l’obiettivo di dare risposte nuove, più vicine alla realtà del territorio, nei settori dell’agricoltura di precisione e nelle energie rinnovabili ovvero nel mondo della Smart Energy. «Dal punto di vista tecnico il nostro mondo fa riferimento a tre grandi aree strategiche – osserva Marco Bosi, socio della società – Il fulcro è rappresentato dal remote sensoring, con l’obiettivo di recuperare dati e informazioni attraverso mezzi che permettono di leggere il territorio come la sensoristica di campo e come i droni. Nel nostro caso particolare – prosegue – Sal Engineering progetta e realizza i droni anche in funzione del tipo di sensoristica necessario alla realizzazione del progetto». Ma il focus non è sul drone come mezzo tecnico, anzi, si tratta di tipologie di prodotto che sono destinate a diventare una commodity e nell’ambito di queste tipologie di progetto rappresentano una delle tante componenti. Nessun servizio è oggi standard soprattutto in un ambito come la agricoltura di precisione dove non ci sono standard e ogni progetto nasce da un fattore di originalità basato sulle più specifiche esigenze dei clienti. Non è più sufficiente acquistare un drone e disporre di una competenza fotogrammetrica per dare vita a un progetto di agricoltura di precisione. «Serve anzi una visione più ampia dove le applicazioni di Internet of Things sul territorio – prosegue Bosi – sono concepite per integrarsi con soluzioni di analytics per consentire una lettura puntuale dei dati territoriali».
Sperimentazione anche nei modelli di business
Nel mondo dell’agricoltura di precisione ci sono tante aziende che fanno sperimentazione e che testano anche nuovi modelli di business. Nel mondo dei droni ci sono due grandi linee di sviluppo:
- La prima riguarda la safety per le persone, ovvero la possibilità di effettuare analisi di strutture ad esempio utilizzando i droni allo scopo di aumentare il livello di sicurezza, sapendo che le attività si possono svolgere più velocemente con meno rischi per le persone.
- La seconda linea di sviluppo riguarda la possibilità di aumentare l’efficienza, puntando sul fatto che tipicamente un drone è in grado di svolgere lo stesso tipo di attività di più persone, ma in molto meno tempo.
La logica di business legata ai droni deve poi essere assolutamente collegata e integrata con i temi legati ai dati e alla gestione e alla interpretazione dei dati stessi.
«La tipologia di dati che fanno riferimento alla sensoristica dei droni – prosegue Bosi – è rappresentata da tre categorie»:
- Dati Fotogrammetrici
- Dati Termografici
- Dati Multispettrali
Tutte le applicazioni sono sempre e comunque basate sul valore del dato e sulla capacità di generare in modo stabile dati affidabili, con i droni, con la sensoristica di campo o di ambiente, o con entrambi i mezzi in forma integrata.
Maia: sensore multispettrale dedicato all’agricoltura di precisione
«Noi come Sal Engineering – continua Bosi – stiamo puntando molto sulla qualità dei dati e sullo sviluppo di soluzioni che permettono di aumentare la qualità e la quantità di dati da analizzare. A questo proposito abbiamo sviluppato un sensore multispettrale specificatamente dedicato anche all’agricoltura di precisione: Maia, “the multispectral camera“, un prodotto realizzato insieme a Optis e alla Fondazione Bruno Kessler di Trento. E per questo nuovo sensore abbiamo pensato ad applicazioni nel campo dell’agricoltura di precisione partendo dalla constatazione che di Precision farming si parla da tanti anni con una prospettiva che permette di utilizzare in modo più razionale e sostenibile le macchine agricole e soprattutto la distribuzione prodotti chimici».
Mappe di Vigore e Mappe di Prescrizione
«Oggi il precision farming – ci spiega Marco Dubbini, Ph.D. Geomatic and Remote Sensing Manager presso SAL Engineering srl e Technical Researcher, Adjunct Professor sec. Geography University of Bologna -, si focalizza sull’indagine e sulla valutazione dello stato di salute del campo». Il valore dei dati risiede anche nel fatto di essere sempre corredati da una posizione ben precisa. Il punto di riferimento del digital farming sta nella capacità di definire una georeferenziazione sempre più precisa correlata ai dati relativi alla sensoristica. Il concetto stesso di precision farming punta ad analizzare il campo di qualsiasi tipologia nell’ambito dell’agricoltura, associando ciascun dato a una posizione ben precisa. «Questa analisi deve fornire valutazioni in termini di indici vegetativi del campo con una procedura che prevede una parcellizzazione del campo stesso in funzione degli stati vegetativi. In particolare il lavoro parte dalla realizzazione delle cosiddette Mappe di Vigore che definiscono lo stato vegetativo del campo.
Le Mappe di Vigore vengono realizzate utilizzando i sensori sul campo o una lettura aerea con i droni. Grazie alla funzione ottica si legge lo stato di salute della pianta e si riesce a definire se sta meglio o se sta peggio in un rapporto di relazione con le altre piante.
La definizione delle Mappe di Vigore e delle successive Mappe di Prescrizione sono il frutto di una strettissima collaborazione tra le competenze ingegneristiche e competenze di agronomia. Una società come Sal Engineering, per questi progetti, lavora a stretto contatto con gli agronomi per una conoscenza sempre più profonda e condivisa del territorio.
Come detto le Mappe di Vigore rappresentano la base di partenza per la rappresentazione della situazione di “campo”. «Dalle Mappe di Vigore – prosegue Dubbini – si procede con la produzione delle Mappe di Prescrizione che si generano attraverso la lettura territoriale delle Mappe di Vigore. Grazie alla Mappa di Vigore l’agronomo legge la variazione di vigoria delle piante e individua le problematiche che determinano i fattori critici e stabilisce le prescrizioni per gli interventi necessari a ciascuna area relativa alla mappa di vigore. Con queste prescrizioni associate alle aree che compongono la Mappa di Vigore si costruisce la Mappa di Prescrizione».
In altre parole la Mappa di Vigore legge lo stato di salute delle piante di una determinata area con una prospettiva di relazione. L’agronomo, che può essere paragonato a un medico, interpreta la sintomatologia di questo stato di salute e definisce le prescrizioni per quelle piante che rispetto ad altre segnalano una situazione di crisi, di difficoltà, di ritardo o di malattia e necessitano di una determinata quantità di fitofarmaco o di fertilizzante o di irrigazione.
Il ruolo fondamentale dell’agronomo
L’agronomo è una figura strategica che svolge le sue analisi all’interno di aree omogenee, in modo da stabilire la prescrizione più accurata per ciascuna area. «La Mappa di Prescrizione viene poi data in pasto ai sistemi di distribuzione agricoli che sono associati alle mappe agricole geo-referenziate e che provvedono alla distribuzione dei prodotti sulla base delle regole (quantità e qualità) stabilite dall’agronomo per ciascuna area della Mappa di Prescrizione». Concretamente la distribuzione dei prodotti agricoli scelti dall’agronomo è guidata dalla Mappa di Prescrizione attraverso una soluzione che prevede una forma di semi-automazione. All’agricoltore spetta a questo punto solo il ruolo di conducente del mezzo che provvede alla distribuzione sul territorio delle prescrizioni definite dall’agronomo. Il dosaggio e la distribuzione delle prescrizioni per ciascuna area del territorio sono così completamente automatizzati.
Si può aggiungere che ci sono già anche esempi di completa automazione con mezzi agricoli che provvedono alla distribuzione senza la necessità di un conducente, ma da una parte si tratta di soluzioni ancora in fase sperimentale e dall’altra si deve aggiungere che molti agricoltori su quest’ultimo aspetto «esprimono ancora un po’ di perplessità – commenta Dubbini – e non se la sentono di lasciare completamente fuori dal controllo umano mezzi tecnici del valore di svariate centinaia di migliaia di euro».
Perplessità a parte sulla guida “autonoma” dei mezzi tecnici, la centralità di queste soluzioni è nella qualità del dato. «Le Mappe di Vigore – sottolinea Dubbini – devono essere puntuali e precise e devono essere basate sull’utilizzo di sensori con specifiche tecniche di qualità». In quest’ottica si colloca Maia il sensore multispettrale che permette di gestire la generazione di dati di qualità sul campo. Il processo di elaborazione dei dati sviluppato per questi progetti è relativamente semplice – prosegue -: si applicano indici basati su algoritmi che sono in grado di restituire l’indice di vigore relativo a una determinata piantagione. Se il dato di base non è corretto, ovvero se la sensoristica sul territorio non produce dati affidabili, di qualità, il dato in input, che è l’elemento più importante per sviluppare corrette Mappe di Vigore, rischia di non portare all’attenzione dell’agronomo la rappresentazione corretta dello stato di salute delle piante e dunque la stessa prescrizione rischia di essere compromessa».
L’esempio dell’infrarosso
Anche in questo caso può essere utile un esempio per meglio comprendere questo tipo di criticità. «Uno dei dati più importanti per l’agronomo – spiega Dubbini – è rappresentato dai dati raccolti attraverso gli esami all’infrarosso. L’infrarosso è una banda dello spettro elettromagnetico molto ampia che supera la banda visibile dall’occhio umano. In particolare la banda visibile dal nostro occhio finisce con il rosso, a quel punto inizia la banda dell’infrarosso, che l’occhio non è in grado di percepire. All’interno dell’infrarosso ci sono poi diverse posizioni che corrispondono a specifici livelli in termini di vigoria delle piante che sono oggetto dell’indagine. L’infrarosso è estremamente importante per visualizzare e misurare il processo della fotosintesi clorofilliana. La pianta riflette la luce solare e il nostro occhio vede una parte dell’energia delle piante, riflettendo l’infrarosso in funzione della fotosintesi clorofilliana. Più la pianta è vigorosa e più è ricca di clorofilla, più riflette l’infrarosso. La lettura dei livelli di infrarosso riflessi dalla pianta forniscono dunque all’agronomo dati molto precisi sul suo stato di salute».
Due piante possono apparire ugualmente verdi all’occhio umano, ma possono esprimere dati all’infrarosso profondamente diversi che nella valutazione dell’agronomo si concretizzano in un valore di vigoria molto più preciso.
I livelli dei progetti Smart Agrifood
Bosi a sua volta sintetizza le attività del progetto smart agrifood in tre grandi livelli:
- Acquisizione dati
- Interpretazione dati e Prescrizione
- Azione.
Il tema della “Precisione” accompagna tutto il processo. a partire dalla precisione nella raccolta dei dati, per proseguire con la precisione che deve guidare le macchine agricole nella distribuzione delle prescrizioni stabilite dall’agronomo. E se non si segue rigorosamente il principio della precisione si rischia di commettere errori, ovvero di non ottenere il risultato richiesto. Queste applicazioni di smart agriculture trovano oggi spazio e interesse nel vitivinicolo, nella coltivazione del pomodoro, ma anche nell’orticolo iniziano ad esserci casi significativi.
Nella valutazione di queste esperienze per molte imprese agricole il vero tema è legato alla misurazione dei vantaggi ovvero alla valorizzazione dei costi e del risparmio.
«Non ci sono ancora numeriche consolidate – osserva Bosi – ma dalla casistica realizzata si evince un risparmio che può variare dal 10 al 50% in funzione del tipo di coltivazioni e del tipo di organizzazione che si attiva per questi progetti. Oltre all’aspetto legato ai vantaggi economici occorre considerare che questo tipo di soluzioni permettono anche di ottenere una maggiore sostenibilità che è a sua volta un valore importantissimo: non va infatti dimenticato – conclude – che con questa soluzione si sparge meno fitofarmaco, meno fertilizzante, meno diserbante e lo si concentra solo ed esclusivamente dove è necessario».