Per gli italiani, fino a qualche anno fa, gli obiettivi nella vita erano la casa e l’auto di proprietà. Per acquistare l’una si stipulavano mutui ultradecennali, per possedere l’altra c’erano le cambiali (prima) e i finanziamenti di credito al consumo in periodi più recenti. Oggi, invece, l’automobile non è più necessaria per spostarsi e in futuro non si parlerà più della “propria” auto ma di mobilità individuale. È una tendenza già avviata, come dimostra il successo dei progetti di car sharing attivi da qualche anno nelle maggiori città dello Stivale (e nel mondo).
Sul palco di IAB Forum 2016 il Direttore Marketing di BMW Italia, Salvatore Nicola Nanni, parla dei trend che influenzeranno il futuro della mobilità e di quale ruolo l’azienda si è ritagliata in uno scenario di mercato che cambia continuamente. «Il nostro settore si sta trasformando da automobile industry ad automobility industry – esordisce Nanni –. Noi stessi non ci occupiamo più di produrre auto, ma di creare prodotti e servizi a sostegno della mobilità». Una mobilità del tutto nuova, condivisa, ecologica, intelligente e circolare.
La mobilità del futuro, secondo il manager, è definibile dall’acronimo ACES, che rimanda ai quattro pilastri su cui si regge la nuova strategia BMW. “A” come “autonomous driving”, perché nei prossimi anni «le automobili a guida autonoma inizieranno a invadere le nostre strade e sarà possibile spostarsi in città sulla propria quattro ruote dover per forza guidare, magari mentre si presiede in videoconferenza il tavolo del Consiglio d’Amministrazione di un’azienda», spiega. “C” come connettività, perché l’auto del futuro sarà sempre più connessa. Digitalizzazione e tecnologie IoT permettono di rendere la mobilità individuale più flessibile e sicura. “E” come elettrica, perché ormai la tecnologia permette di allineare le prestazioni delle ibride a quelle delle auto tradizionali e gli automobilisti sono sempre più sensibili alle tematiche ecologiche. I modelli i3 e i8 della casa tedesca sono prodotti nella super factory di Lipsia, nella quale il colosso dell’automotive ha investito 400 milioni di euro proprio a sostegno delle linee di produzione delle quattro ruote elettriche. “S”, infine, come sharing perché la condivisione è una nuova modalità di utilizzo dei beni (specie quelli complessi come le automobili) che si sta diffondendo lungo tutte le industry «e noi ci crediamo, lo dimostra anche il nostro servizio di car sharing DriveNow di recente avviato anche a Milano con una flotta iniziale di 480 Mini e BMW».
La società sta cambiando profondamente, spiega, «basta pensare che nel mondo, oggi, esistono ben 20 megalopoli, agglomerati urbani che ospitano una popolazione superiore ai 20 milioni di abitanti e questo non può che influenzare pesantemente le politiche legate alla mobilità». Sono sempre più numerosi, infatti, gli abitanti delle metropoli che decidono di non avere l’auto di proprietà ma di muoversi utilizzando i servizi di car o bike sharing. Altro elemento fondamentale è «l’integrazione delle politiche di mobilità sostenibile, aperta e condivisa con le altre iniziative di sviluppo delle Smart City», sottolinea il manager, per il quale è fondamentale il contributo diretto delle amministrazioni centrali e locali nel ridisegnare gli scenari e i flussi degli spostamenti all’interno delle città intelligenti.
L’infrastruttura delle Smart City è fondamentale, quindi, e proprio in questi giorni arriva anche la “lettera d’intenti” del Commissario UE ai Trasporti, Violeta Bulc: «La digitalizzazione del trasporto non è un’opzione ma una necessità», ha spiegato la Bulc illustrando gli ultimi, fondamentali, tasselli del piano I-CTS (Cooperative Intelligent Transport Systems) nel quale l’Unione investirà da qui al 2019 circa 3 miliardi di euro. I-CTS si propone di rendere le strade del Vecchio Continente sempre più digitalizzate e intelligenti, grazie alle tecnologie IoT e alle infrastrutture di rete 5G che connetteranno, progressivamente, tutto dal semaforo ai lampioni, per arrivare fino al casello autostradale. I sensori posizionati sulle smart car riceveranno e scambieranno in tempo reale moltissime informazioni, dagli aggiornamenti in sul traffico alla velocità di marcia ottimale e l’UE sta lavorando di concerto con tutte le maggiori case automobilistiche alla definizione di un set di standard condivisi, tra i quali spicca DSRC (Dedicated Short Range Communications), che permetterà l’implementazione di servizi di infomobilità innovativa.
Molti paesi hanno già reso disponibili alcuni tratti di strada per testare le auto senza pilota e la spagnola Indra ha
avviato dei progetti su scala ridotta basati su soluzioni applicative Internet of Things nelle aree metropolitane di Lisbona, Madrid e Parigi. Gli altri Paesi del Vecchio Continente, invece, si muovono in autonomia, con la Germania che ha già aperto una cinquantina di chilometri della sua rete autostradale ai servizi Wi-Fi e digitali di supporto alle auto a guida autonoma per arrivare fino allo Stivale, dove ANAS ha presentato nei giorni scorsi il progetto Smart Road. Sulla carta, Smart Road dovrebbe permettere di aggiornare le infrastrutture di ben 2.500 chilometri di rete autostradale italiana, compresa la famigerata Salerno-Reggio Calabria, a fronte di un investimento di circa 140 milioni di euro.
2 Dicembre 2016
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