Che cos’è il sensore induttivo
Il sensore induttivo è un particolare tipo di sensore che si basa sull’induzione elettromagnetica.
L’induzione, in fisica, avviene quando le condizioni o le caratteristiche di un corpo vengono modificate dalla presenza di un altro corpo: variazioni misurate attraverso apposite grandezze. L’induzione elettromagnetica, in particolare, è causata dalla variazione di un campo magnetico in un circuito chiuso, spesso per la presenza di un materiale ferromagnetico: quando il materiale entra nel campo, viene attraversato da corrente elettrica indotta, perché la sua riluttanza, ovvero l’opposizione al flusso di corrente di un elettromagnete, si abbassa. Questa variazione è misurata dal sensore induttivo, che può quindi calcolare presenza/assenza o distanza dall’oggetto target.
Nell’immagine a destra, un campo magnetico indotto
Ancor più precisamente: un sensore induttivo ha al suo interno un circuito oscillante, che genera un campo magnetico ad alta frequenza. In presenza di un materiale ferromagnetico, il campo varia e il sensore potrà rilevare sia la variazione di riluttanza del materiale sia la variazione della propria minore oscillazione a causa delle correnti indotte. La misurazione avviene attraverso un selettore e un amplificatore di segnali.
L’ oggetto misurabile però, può essere solo ferromagnetico. In particolare, un metallo.
I diversi tipi di sensore induttivo
I sensori induttivi si dividono per forme, funzionalità e caratteristiche, perfino modalità di montaggio (“a filo” o “non a filo” sul metallo).
Tra le classificazioni più comuni, troviamo: interruttori o rivelatori di prossimità, sensori a induttanza o riluttanza variabile, sincronizzatori, resolver, RVDT – Rotary Variable Differential Transformer e LVDT – Linear Variable Displacement Transducer.
I sensori induttivi più comuni sono gli interruttori o rilevatori di prossimità. Rilevano quindi la presenza/assenza dell’oggetto target: più l’oggetto è vicino, più le correnti indotte aumentano e l’ampiezza di oscillazione del circuito elettromagnetico diminuisce. Vengono utilizzati al posto degli interruttori elettrici tradizionali, ad esempio in ambienti in cui è presente molta acqua.
Nell’immagine, schema elettrico di un sensore di prossimità a riluttanza variabile
I sensori a induttanza o riluttanza variabile rilevano lo spostamento di un materiale ferromagnetico a partire dalle variazioni dell’induttanza e della riluttanza nel circuito: l’induttanza è la forza elettromotrice indotta dalla corrente, la riluttanza, come abbiamo visto, l’opposizione al flusso di corrente.
I sincronizzatori sono invece dispositivi composti da una parte fissa (statore) e una parte mobile (rotore), entrambe collegate elettricamente: misurano l’accoppiamento induttivo durante la rotazione, ovvero il trasferimento di energia elettrica per induzione tra un sistema e l’altro. La loro evoluzione sono i resolver, o brushless, molto simili ma collegati elettricamente solo sulla parte fissa.
Anche i sensori induttivi LVDT e RVDT misurano la variazione di accoppiamento induttivo ma mentre l’LVDT è un trasformatore lineare, l’RVDT è un trasformatore rotativo. Sono sensori di spostamento.
I sensori induttivi sono alla base dei sistemi di posizionamento con interfaccia IO-Link, il protocollo aperto di comunicazione seriale per lo scambio dei dati tra sensori e dispositivo di elaborazione. Questi sistemi posizionano automaticamente gli utensili o la griglia durante il processo produttivo, memorizzano i dati e consentono di personalizzare i parametri di configurazione (normalmente aperto/normalmente chiuso, uscite transistor PNP/NPN) oltre che di monitorare in modo costante la linea di produzione. I sistemi di posizionamento vengono utilizzati per rilevare posizioni di pinze, rulli, valvole industriali.
I sensori induttivi possono essere miniaturizzati, quadrati, cubici, ad anello e a tubo flessibile, accoppiati in corrente continua o, più spesso, alternata. Possono essere a due, a tre, a quattro fili, dotati o meno di un led che si accende durante l’uscita del segnale. Accanto ai sensori induttivi cilindrici si trova la sigla M+numero (M8, M12, M18, M30): la M indica la filettatura metrica del diametro espresso in millimetri. Più aumenta il diametro maggiore è la distanza di commutazione, ovvero la distanza entro cui il sensore percepisce la variazione ed emette la misura: in una parola, commuta. I sensori induttivi che hanno un’unica distanza di commutazione per tutti i metalli vengono chiamati a fattore 1.
La sigla IP sta per International Protection, convenzione definita nella norma EN 60529 per individuare il grado di protezione degli involucri dei dispositivi elettrici ed elettronici contro la penetrazione di agenti esterni di natura solida o liquida. Al prefisso IP vengono fatte seguire due cifre: la prima individua la protezione contro il contatto di corpi solidi esterni e contro l’accesso a parti pericolose, la seconda individua la protezione contro la penetrazione dei liquidi.
La sigla ATEX sintetizza le parole “ATmosphères ed EXplosives”, “atmosfera esplosiva”, ed è la certificazione che richiama le due direttive comunitarie per la regolamentazione delle apparecchiature impiegate in zone a rischio esplosione (2014/34/UE) e la sicurezza dei lavoratori in atmosfere esplosive (99/92/CE).
I sensori NAMUR vengono impiegati tipicamente negli ambienti a rischio esplosione: sono sensori a due fili con uscita in corrente e non in tensione. Prendono il nome dalla “NormenArbeitsgemeinschaft für Mess- Und Regeltechnik in der Chemischen Industrie”, l’Associazione per la Standardizzazione della misura e del Controllo nelle Industrie Chimiche che ne ha diffuso lo standard.
A cosa serve
I sensori induttivi servono a rilevare oggetti ferromagnetici o a calcolarne gli spostamenti. Il loro funzionamento non dipende da contatti elettrici mobili, temperatura, umidità e acqua, corpi estranei come sporco e sabbia. Sono quindi affidabili anche in condizioni critiche.
Per la loro resistenza sono usati nelle macchine utensili, nelle linee di assemblaggio, per il monitoraggio dello scorrimento di oggetti ferromagnetici sulle linee di produzione, per il rilevamento della presenza dei sigilli nel packaging o per la misurazione dello spessore delle bobine in movimento. Sono impiegati nel settore militare, aerospaziale, ferroviario e, ovviamente, nell’automazione, dove è necessario rilevare senza contatto la posizione di oggetti metallici. I sensori di distanza sono impiegati nel monitoraggio dei movimenti dei dispositivi di punzonatura o serraggio nell’industria meccanica. Spesso sono utilizzati come generatori di impulsi per compiti di conteggio dei componenti metallici (o dei contenitori nei sistemi di trasporto a catena), per misurare il livello di liquido in un contenitore di plastica tramite galleggiante metallico, per rilevare denti di ingranaggio.
I sensori induttivi resistenti alla pressione sono utilizzati per il controllo di finecorsa (per l’arresto automatico di macchine in movimento) su cilindri idraulici o nel monitoraggio di posizione delle valvole. I sensori induttivi realizzati in acciaio, particolarmente robusti, sono usati nell’industria alimentare.
I sensori induttivi resistenti alle alte temperature (fino a 230°C) sono impiegati nell’industria siderurgica, nelle macchine per lo stampaggio a iniezione e nei processi di fonderia.
Pro e contro del sensore induttivo
I sensori induttivi rilevano a una distanza nell’ordine dei millimetri, non si usurano facilmente, sono particolarmente resistenti agli urti, alle vibrazioni e alla polvere, non richiedono contatto oltre ad avere una frequenza di commutazione sufficiente a monitorare il passaggio rapido di oggetti anche in rotazione.
La stessa robustezza li rende sì precisi e affidabili ma spesso anche ingombranti. Non è un caso che si stiano diffondendo i sensori miniaturizzati. I sensori più accurati non sempre sono economici, per la cura richiesta negli avvolgimenti delle bobine del circuito oscillante. Inoltre, i sensori induttivi richiedono per l’installazione adeguate competenze anche di elettronica analogica. Non rilevano oggetti non ferromagnetici.
Sono quindi indicati per distanze di misurazione brevi e per il controllo di linee di produzione in ambienti industriali anche proibitivi su oggetti esclusivamente ferromagnetici e metallici.