“Smart City: andare oltre la “Terra di Mezzo”. È questo il titolo molto evocativo scelto dalla School of Management del Politecnico di Milano come titolo per la presentazione dell’Osservatorio Smart City.
Una Terra di Mezzo che indica una certa forma di immobilismo e di rallentamento che si è registrato sul tema nel tempo, e che sembra oggi in qualche misura superato.
In effetti, Giulio Salvadori – Direttore Osservatorio Smart City, così ha esordito: “Parliamo di un mercato che sicuramente potrebbe fare di più a livello di valori assoluti. Nel 2022 abbiamo registrato un valore complessivo di 900 milioni di euro in Italia, con un tasso di crescita del 23% rispetto ai 730 milioni di euro del 2021”.
Va precisato che il dato presentato da Salvadori è stimato sia sulla base dell’indagine condotta dagli stessi Osservatori su oltre 400 Comuni italiani, sia sulla base del valore dei bandi pubblici pubblicati e messi a terra dalla pubblica amministrazione locale nel corso del 2022.
È un mercato che abbraccia ambiti che spaziano dall’illuminazione alla mobilità smart (sharing mobility esclusa), dalla componente energy legata alla smart grid e alle comunità energetiche allo smart metering in un contesto pubblico, dalla raccolta rifiuti alla sicurezza e al monitoraggio ambientale e del territorio.
Chi investe in Smart City, continua a investire
“Rispetto ad altri mercati internazionali l’Italia performa molto bene: + 23% rispetto al più 9% europeo e 15% statunitense. Tuttavia, partivamo da un valore assoluto di mercato molto ridotto. È anche vero che fattori come il PNRR stanno iniziando ad incidere anche sul mercato italiano: ne è prova anche il fatto che nel corso del 2022 un Comune su cinque ha avviato progetti nei dodici mesi del 2022. Percentuale che tocca il 39% se guardiamo ai Comuni medio-grandi con popolazione superiore a 15.000 abitanti, mentre quasi dimezza al 13% per i Comuni più piccoli”.
Il dato più significativo sottolineato da Salvadori è che l’89% dei Comuni che hanno già realizzato progetti di Smart City vogliono proseguire. “Questo a nostro avviso è un bel dato, perché testimonia un elevato livello di soddisfazione”.
Meno soddisfacente è invece il riscontro presso i cittadini.
Da un’indagine condotta dagli Osservatori in collaborazione con Doxa emerge infatti che solo due cittadini su tre hanno sentito parlare di Smart City e, quel che è peggio, che il 35% non è soddisfatto dell’offerta digitale della città in cui vive.
“Sicuramente bisogna fare più progetti, ma bisogna anche comunicarli meglio”.
Illuminazione: la parte del leone della Smart City
Per quanto riguarda gli ambiti, sicuramente il primo comparto del mercato Smart City è quello dell’illuminazione pubblica connessa e intelligente.
“Vale 215 milioni di euro, quasi un quarto del mercato e registra una crescita del 39% anno su anno. I Comuni hanno avviato progetti di telecontrollo, per la gestione da remoto dei vari punti luce, sempre più visti sempre più come hub integrati nei quali integrare altre funzionalità come sicurezza, ricarica elettrica, monitoraggio dei parametri ambientali. Si parla anche di integrazione di tecnologie legate all’intelligenza artificiale per abilitare funzionalità aggiuntive come l’illuminazione attiva, che permette di variare l’intensità luminosa sulla base delle condizioni del traffico o del meteo”.
In questa misurazione non è stata presa in considerazione la parte LED, che se oggi praticamente tutti i Comuni la inseriscono nelle loro progettualità.
“Preoccupante è però il fatto che il 39% dei Comuni ha avviato solo la componente LED. È un concetto un po’ datato che non guarda a una Smart City integrata né alle tecnologie più avanzate, ma abbracci auna sola componente che permette di ottenere sicuramente dei benefici ma che potrebbe essere integrata insieme ad altre funzionalità”.
Il ruolo del PNRR
Lo sottolinea anche Luca Gastaldi, Responsabile Scientifico Osservatorio Smart City.
“Il PNRR mette a disposizione ciò che alla PA è sempre mancato per potere uscire dalla Terra di mezzo: i soldi. La P.A. ha sempre avuto tutto il tempo del mondo per fare le cose, ma neanche un soldo. Adesso siamo esattamente all’opposto: abbiamo soldi che mai avremmo pensato di avere, ma non abbiamo tempo”.
Attraverso un’indagine svolta su un panel di 271 Comuni, prosegue Gastaldi, si è cercato di capire se abbiano intenzione di utilizzare i fondi del PNRR.
“Ovviamente il riscontro è positivo con percentuali bulgare. Ma purtroppo notiamo pochi interventi di digitalizzazione legati alla Smart City. E questa ci sembra una visione un po’ miope, perché le opportunità all’interno del PNRR sono enormi”.
La Smart Mobility
La seconda componente del mercato Smart City è quella mobilità Smart, che vale 190 milioni di euro e registra una crescita del 31% anno su anno.
“Come in fondo ci aspettavamo, sono soprattutto i Comuni grandi medio grandi ad avviare progetti legati alla mobilità: sono quelli che hanno maggiori esigenze dal punto di vista del traffico e dei parcheggi. Quindi possiamo dire che nel 73% dei casi questi progetti vengono avviati da Comuni medio grandi. Le aree applicative principali sono parcheggi e traffico, vale a dire la localizzazione dei parcheggi e dunque la possibilità per il cittadino di capire dove si trova il parcheggio libero più vicino, e l’ottimizzazione dei flussi del traffico. È qui che si concentra la maggior parte delle progettualità, mentre altre come la mobility as a service, per cui il PNRR fa ha da poco erogato un secondo bando con una dotazione di 17 milioni di euro, sono più indietro. Ci sono sperimentazioni, ma non fanno il grosso del mercato”.
Sperimentazioni molto interessanti, ricorda Salvadori, stanno nascendo ad esempio sul tema delle smart road e della guida autonoma ma siamo ancora agli albori.
Come per l’illuminazione, anche sul lato della mobilità la ricerca non prende in esame la mobilità elettrica, pur nella consapevolezza che occupa posti di massimo rilievo nella graduatoria delle funzionalità più implementate dai Comuni italiani.
Energy e Comunità energetiche
In terza posizione troviamo tutto il comparto energy legato a Multiutility, smart grid, comunità energetiche rinnovabili, smart metering, sempre in un contesto pubblico. Complessivamente parliamo di un comparto che cresce, nelle sue diverse componenti, tra il 10 e il 28%.
“Sulle comunità energetiche c’è una forte spinta normativa, che sta portando alla nascita di tante sperimentazioni, persino a livello di quartiere. A queste si aggiungono iniziative per il monitoraggio ambientale, sulla sicurezza, sulla raccolta rifiuti”.
Anche sul tema della sicurezza, sottolinea Salvadori, va fatto un distinguo, come nel caso dell’illuminazione.
La security ha bisogno di un approccio integrato
“Nell’85% dei casi vuol dire telecamere connesse. Ma in pochi pensano a integrarle con strumenti di video analytics, elementi di intelligenza artificiale per monitorare eventuali segnalazioni sospette, in una logica di visione integrata della sicurezza, realizzando control room che possano guardare a 360 gradi che cosa accade in città. Sono progetti ancora poco diffusi”.
Positivo, in questo scenario, è che i Comuni vogliono andare avanti e sperimentare proprio in una logica di maggiore integrazione tra i diversi ambiti e servizi.
“Il fatto che chi ha già avviato progetti sia più propenso a proseguire indica che evidentemente c’è un ritorno economico, sociale e ambientale misurabile. Il rischio che invece intravvediamo è che i progetti continuano ad essere troppo verticali, troppo a compartimenti stagni. Sono pochi i progetti che adottano uno sguardo a 360 gradi sull’ecosistema Smart City. Avviene solo in poche grandi città. C’è bisogno di vedere invece la Smart City come un ecosistema integrato in grado di collaborare anche con altre realtà”.
E poi, non poteva mancare la “madre” di tutte le barriere. “Mancano le competenze. Ce lo dice un Comune su due tra i Comuni più maggiori di 15.000 abitanti e 6 Comuni su 10 tra quelli più piccoli. Mancano le competenze, ma manca anche il personale. E questo è un tema sul quale non è facile intervenire”.
Smart City: cosa vogliono i cittadini
Un’ultima nota la dedichiamo ai risultati dell’indagine di cui si è fatto già cenno, condotta in collaborazione con Doxa su un campione statisticamente rappresentativo di cittadini italiani che abitano in comuni da 20.000 abitanti in su.
Quando si parla di Smart City, ha spiegato Matteo Risi, Ricercatore Senior Osservatorio Smart City, i cittadini pensano a una città innovativa, tecnologica, in cui vi siano servizi digitali molto avanzati.
“L’innovatività è al primo posto e dopo troviamo fattori come la sostenibilità o l’inclusività. Le problematiche più sentite sono quelle quotidiane: la difficoltà nel trovare i parcheggi, le pessime condizioni delle strade, la criminalità, il vandalismo, l’eccessivo livello di traffico e il trasporto pubblico locale carente. Sono in genere temi legati alla mobilità e non ci stupisce vedere che al primo posto tra i progetti smart che le città potrebbero mettere in campo c’è proprio la smart mobility”.
Al secondo posto non stupisce trovare la sicurezza e quindi che i Comuni vadano implementare sistemi smart per per la sicurezza, non solo attraverso telecamere smart, ma anche Artificial Intelligence, che consenta di individuare situazioni critiche o di pericolo.
“Le persone non sono impaurite dall’Artificial Intelligence, che viene anzi citata a supporto delle progettualità delle Smart City”.
Altrettanto interesse si registra sul tema della Smart Control Room, in ottica di sicurezza e controllo del territorio.
“L’ultimo posto è legato all’esigenza di superare la crisi energetica e la crisi climatica. Ecco dunque l’interesse verso le comunità energetiche rinnovabili”.
In generale il 97% dei rispondenti si dice convinto che i Comuni debbano intervenire per contrastare la crisi energetica, da un lato con una spinta maggiore verso le rinnovabili, dall’altro evitando gli sprechi.
“I cittadini hanno capito che i progetti smart nella Smart City effettivamente possono aiutare a superare anche la crisi energetica. Forse hanno un’idea ancora un po’ immatura di quella che è la smart city, un’idea molto futuristica e tecnologica. Però cominciano a cogliere gli aspetti positivi dei progetti sui quali si va a lavorare”.