C’era una volta la domotica. “Un tema di nicchia, anche un po’ snob, se vogliano. Poi abbiamo cominciato a chiamarla smart home, ma ancora la si trattava con una logica di gadget, non correlati a modelli di business e di servizio rilevanti per la vita delle persone. Siamo ora entrati nella terza fase, nella quale emerge un mercato che mostra segni di adeguata maturità, sia dal punto di vista dell’offerta, che oggi esprime nuove proposizioni di valore e modelli di business, sia dal punto di vita della domanda, con i consumatori più interessati e consapevoli”.
Sono queste le parole con le quali Alessandro Perego, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, ha dato il via alla presentazione dei risultati dell’Osservatorio Smart Home, che da qualche anno anticipa l’analisi sull’intero comparto dell’Internet of Things nazionale, atteso per la primavera.
Un Osservatorio dal titolo che di per sé molto chiarisce: “La Smart Home riprende a correre e apre la porta ai servizi”.
L’Italia cresce, ma si poteva fare di più
Riprende a correre perché, come sottolinea fin da subito Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things, dopo un 2020 in calo del 5% a causa dell’emergenza pandemica, torna a crescere e lo fa in modo sostanziale, mettendo a segno un +29% a 650 milioni di euro complessivi.
Cifre che fanno tuttavia dire: “Bene, ma non basta”.
E non è solo il raffronto con gli altri Paesi europei e non, che mettono a segno crescite più significative.
E non è solo la constatazione che alla fine stiamo parlando di una spesa di 11 euro in media per abitante, quando in UK se ne spendono oltre 58 e in Germania quasi 47.
Ciò che pesa è il fatto che il mercato ha condizionato pesantemente il comparto, sia per la carenza di materie prime, e in particolare di semiconduttori, sia per l’inevitabile calo dei prezzi medi di vendita in uno scenario oggi più concorrenziale rispetto al passato.
In sintesi, secondo l’Osservatorio le mancate vendite hanno pesato per 75 milioni complessivi, con i quali la crescita sarebbe stata addirittura del 45%.
Smart Home: gli elettrodomestici connessi guidano il comparto
Rammarico a parte, resta poi l’analisi del comparto che oggi è guidato dal grande comparto degli elettrodomestici connessi, che pesano per 135 milioni di euro sul totale, seguiti a ruota dagli smart speaker, che valgono 130 milioni di euro sul totale e ancora dalle soluzioni per la sicurezza (125 milioni), caldaie, termostati e condizionatori connessi per riscaldamento e climatizzazione (110 milioni), e via via da tutta la pletora di dispositivi che “fanno” la casa smart, come casse audio, lampadine, smart plug e dispositivi per gestire tende e tapparelle da remoto.
Non stupisce il primo posto degli elettrodomestici: da un lato, oggi tutti i principali produttori hanno a catalogo almeno una linea di prodotti connessi, dall’altro siamo in presenza di un pubblico di destinazione (il consumatore) sempre più informato e consapevole. E non è certo un caso che la gestione da remoto dell’apparato entri ormai a pieno titolo tra le caratteristiche maggiormente richieste dai consumatori stessi.
Per quanto riguarda le altre categorie di prodotti, si segnala qualche criticità sul fronte degli smart speaker, ancora poco utilizzati per gestire altri dispositivi connessi in casa, mentre torna a crescere, dopo la frenata degli scorsi anni, il comparto della sicurezza. È un segmento ancora molto legato alla vendita di hardware, nel quale tuttavia si notano con maggiore frequenza offerte legate ad abbonamenti e a servizi aggiuntivi.
Per caldaie, termostati e condizionatori connessi, oltre alla spinta propulsiva legata agli Ecobonus, cui faremo cenno più avanti, va sottolineata l’aspettativa del consumatore, che punta su questi prodotti nella speranza di ottenere benefici nel risparmio energetico e comfort.
Una spinta più decisa verso i servizi per la smart home
La cresciuta e crescente maturità del comparto smart home si misura da un lato dal livello di conoscenza diffuso su questo tema (oggi il 74% dei consumatori ne ha sentito parlare e il 46 per cento degli italiani ha in casa almeno un oggetto smart), dall’altro dal consolidamento di strategie e sistemi di business basati sulla servitizzazione e sul pay per use, come sottolinea a sua volta Giulio Salvadori Direttore dell’Osservatorio Internet of Things.
C’è un importante passaggio culturale in corso, di cui si era già parlato anche nelle precedenti edizioni della ricerca, ma che oggi trova piena realizzazione: si passa infatti dall’oggetto smart, all’oggetto smart e connesso, per arrivare finalmente al sistema di sistemi in un’ottica di sempre maggiore integrazione.
Nella sua analisi, Angela Tumino invita al realismo: gli incentivi statali, in primis l’Ecobonus, hanno in qualche misura condizionato la crescita del mercato. Non bisogna fermarsi. La spinta sui servizi, legati alla vendita dei prodotti, è quella che sosterrà la crescita del comparto anche quando l’effetto degli incentivi andrà a esaurirsi.
I consumatori più disposti a pagare per il servizio
L’abbinata prodotto servizio, in effetti, si fa sempre più pervasiva e riguarda un po’ tutti gli ambiti applicativi, dalle caldaie, la cui vendita si completa con servizi di teleassistenza, ai servizi di water metering, che correlano la vendita di sensori ai servizi di rilevazione delle perdite e di tracciamento dei consumi, ai servizi di monitoraggio e allarme correlati alla vendita di impianti di sicurezza, fino ad arrivare ai servizi di allenamento personalizzato associati agli smart watch o ai fitness tracker.
Ma c’è un segnale ancora più importante, sottolineato da Angela Tumino: oggi il 12% dei consumatori ha attivato servizi aggiuntivi, come servizi cloud per l’archiviazione delle immagini, collegamenti alle centrali operative o a servizi di vigilanza privata nell’ambito della videosorveglianza. Un dato interessante, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente.
Ancor più significativo è però il dato che vede in prospettiva il 77% dei consumatori interessati a questi servizi aggiuntivi e ben il 64% di essi disposti a pagare di più per il servizio stesso. Percentuale quest’ultima che di fatto raddoppia quella dello scorso anno.
Uno scenario troppo frammentato
Per quanto riguarda i consumatori, è vero che il cambiamento degli stili di vita, anche in ragione dell’emergenza pandemica, e la nuova consapevolezza accompagna la crescita del comparto, ma è anche vero che permangono ancora alcune criticità.
Gli oggetti smart sono oggi più facili da installare e non è un caso che il 72 per cento dei consumatori installa in autonomia gli oggetti acquistati e il 54% attiva autonomamente anche la relativa App.
Tuttavia, la situazione è ancora troppo frammentata, tanto che solo il 17 per cento dei consumatori utilizza una unica App per dispositivi dello stesso brand sono ancora meno (7%) i consumatori che utilizzano una sola App per dispositivi di brand diversi.
L’integrazione resta un obiettivo ultimo, ma ancora là da venire, per lo meno nel percepito, visto che in generale circa il 30 per cento dei consumatori lo considera raggiungibile solo in un lasso temporale che va dai 5 ai 10 anni.
Come nelle passate edizioni, anche quest’anno l’Osservatorio ha analizzato il percepito rispetto ai rischi di violazione della privacy nella smart home. La preoccupazione sembra in leggera crescita rispetto all’anno scorso (46% di consumatori contro il 45%), con una incidenza maggiore nella fascia di popolazione più senior.
Tecnologie per la smart home: in attesa di Matter
Dal punto di vista delle tecnologie, tema affrontato anche quest’anno da Antonio Capone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things, poche sono le novità, legate principalmente alla definizione dello standard Matter, di cui abbiamo scritto diffusamente in questo servizio. I ritardi nella pubblicazione delle specifiche dello standard incidono anche sulla disponibilità dei prodotti: si parla di primi rilasci di prodotti Matter compliant verso la fine di questo 2022.
Chi vende smart home?
Un’ultima nota, infine, spetta ai canali di vendita.
Continua il momento positivo degli operatori dell’online, che crescono del 25% e coprono il 35% del mercato, attestandosi a 225 milioni di euro.
In ripresa anche i retailer multicanale e la filiera tradizionale, che nel 2020 avevano accusato un rallentamento anche a causa anche delle restrizioni imposte nel corso dell’anno: i retailer multicanale segnano un +29%, grazie al ritorno dei clienti nei negozi e al crescente interesse verso la possibilità di gestire da remoto dispositivi ed elettrodomestici connessi in casa. Anche la filiera tradizionale ha osservato una forte crescita nel 2021 (+40%, 245 milioni di euro), grazie anche alla spinta data dagli incentivi, Ecobonus su tutti. Rimangono limitate per il momento le vendite di utility, assicurazioni e telco, anche se, soprattutto per le prime due, è stato un anno di rilancio sul fronte delle nuove offerte per la casa.