La trasformazione del settore manifatturiero non passa soltanto dalle moderne tecnologie ma, soprattutto, dalle competenze umane. Che dovranno necessariamente evolversi e arricchirsi, per consentire alle industrie di abbracciare quella riconversione digitale di cui tanto si parla, a sua volta necessaria all’ottimizzazione del business in un contesto competitivo sempre più sfidante. Questa la principale conclusione del report che è stato presentato in occasione del World Manufacturing Forum di Cernobbio.
Uno skill gap che interessa milioni di persone
La presenza di uno skill gap – che non interessa soltanto il settore secondario – è innegabile: secondo MC Kinsey a livello globale nel periodo compreso tra 2016 e 2030 saranno necessari circa 800 milioni di posti di lavoro oggi non esistenti, a maggiore livello di qualificazione rispetto a quelli attuali. D’altra parte, nello stesso intervallo temporale, la maggiore automazione è destinata a togliere l’occupazione a circa 400 milioni di persone, di cui una quota importante nei paesi occidentali. Il saldo occupazionale della digitalizzazione è positivo, ma i numeri del fenomeno permettono di comprendere come il passaggio non sarà per nulla semplice e indolore. Tanto da richiedere uno sforzo in termini di ridisegno delle competenze e formazione, in particolare per il mondo industriale. Già oggi queste imprese faticano a trovare le figure professionali in grado di interfacciarsi correttamente con le tecnologie che stanno trasformando l’ambiente di produzione (intelligenza artificiale, realtà aumentata, ecc). L’avvento del paradigma Industria 4.0, infatti, non significa soltanto una massiccia iniezione di tecnologia nelle fabbriche, quanto piuttosto, mettere le persone al centro dei processi produttivi. Ma perché questo passaggio avvenga, le persone devono essere dotate di quegli skills e competenze adatti ad affrontare questa fase.
Le dieci competenze necessarie per lo Smart Manufacturing
Ma nel concreto, di quali skill e competenze c’è necessità? Secondo lo studio del WMF 2019 sono dieci le caratteristiche principali di cui avrà bisogno il settore manifatturiero nel prossimo futuro.
1) L’alfabetizzazione digitale, intesa come abilità olistica per interagire, capire, abilitare e persino sviluppare nuovi sistemi di produzione digitale, tecnologie, applicazioni e utensili
2) La capacità di utilizzare e progettare nuove soluzioni di analisi dei dati e AI, interpretando criticamente i risultati
3) Problem solving creativo
4) Una spiccata mentalità imprenditoriale, che implica proattività e la capacità di pensare fuori dagli schemi
5) Capacità di lavorare fisicamente e psicologicamente in sicurezza ed efficacemente con le nuove tecnologie
6) Una mentalità interculturale e disciplinare, inclusiva e diversificata
7) La capacità di gestire cybersecurity, privacy e consapevolezza dei dati/informazioni
8) Capacità di gestire l’aumento della complessità di richieste multiple e compiti simultanei
9) Efficaci capacità comunicative con umani, IT e AI attraverso diverse piattaforme e tecnologie
10) Apertura costante al cambiamento e capacità di trasformazione.
Uno sforzo educativo e formativo
Non a caso i sei lavori emergenti individuati dallo studio hanno poco a che fare con la produzione industriale di tipo tradizionale: nei prossimi anni le aziende industriali cercheranno soprattutto Digital Ethics Officer, Lean 4.0 Engineer, Industrial Big Data scientist, collaborative Robot expert, IT/OT integrationa manager, Digital mentor. Un catalogo di competenze e professionalità, è facile da comprendere, che hanno soprattutto a che fare con aspetti qualitativi e cognitivi, che non saranno per nulla semplici da ottenere. Governi, organizzazioni e società sono perciò chiamati a mettere in campo uno sforzo formativo straordinario, sviluppando politiche educative e formative che siano in grado di creare quegli skill necessari allo smart manufacturing. Si dovrà lavorare anche per dissolvere la cattiva reputazione che ancora oggi circonda il settore, considerato che i non addetti ai lavori ancora reputano la fabbrica come un ambiente lavorativo ripetitivo e privo di creatività.