Smart retail: cosa significa mettere l’IOT al servizio di brand e consumatori

L’Internet of Things porta una nuova intelligenza di servizio dentro agli store e fuori dagli store. Può essere integrata in qualsiasi oggetto: prodotto, strumento o componente di arredo. Aiuta a declinare un uso polifunzionale. Abilita nuove piattaforme di gestione ad alta integrazione

Pubblicato il 20 Giu 2017

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Smart retail è un termine che sta a significare una distribuzione sempre più intelligente e capace di cortocircuitare le informazioni che ruotano attorno ai processi di acquisto, rendendoli estremamente veloci e funzionali. Come? Grazie a una serie di soluzioni tecnologiche e di strategie incentrate sull’uso di una Internet of Things strategica nel rafforzare la relazione tra i prodotti e i consumatori.

L’uso di una sensoristica avanzata e a sistemi di codifica e di lettura diversificati, infatti, non solo rende i prodotti parlanti, ovvero intelligenti e comunicanti ma permette ai negozi di trasformarsi, diventando più efficienti e predittivi. La IoT può essere integrata in qualsiasi tipo di oggetto: prodotto, strumento o componente di arredo, favorendo un uso sempre più multifunzionale, integrato e interattivo delle soluzioni. Con un plus: per governare la Internet of Things bisogna introdurre nuove piattaforme di gestione ad alta integrazione.

Accogliere una nuova intelligenza di sistema capace di intercettare i diversi flussi di dati che si generano dalle carte fedeltà, dalle app, da quella nuova dimensione omnicanale dei consumatori che passa attraverso i social media, i siti on line e l’e-commerce per i brand della distribuzione è una scelta vincente sotto molti punti di vista.

Smart retail = smart object = smart management

Dalle smart label, a supporto del Product Lifecycle Management e della logistica a livello di back end, a quello smart retail che rivisita l’estetica delle tecnologie, coinvolgendo i designer per trasformare il negozio in un concept store l’innovazione porta il digitale sul front office. Scaffali intelligenti e magic mirror, soluzioni di digital signage integrate in totem interattivi e postazioni multifunzione, sistemi di geolocalizzazione e geofencing integrate da videocamere e sensori di temperatura, sistemi antitaccheggio e vetrine che sfruttano la realtà aumentata: la Internet of Things entra negli store portando tanti spunti di rinnovamento ma anche di potenziamento del business.

Crescono le aspettative dei consumatori omnicanali

Il punto di partenza del cambiamento sono i clienti che oggi non solo sono sempre più omnicanali, ma sono anche sempre più esigenti. Secondo l’Ufficio Studi ANCC di COOP 2017, il 93% dei consumatori italiani in negozio è incuriosito sia dai nuovi prodotti che dai nuovi servizi. Secondo i ricercatori, quasi 8 shopper su 10 sognano supermercati intelligenti, senza file e senza l’obbligo di leggere i codici a barre dei prodotti acquistati. L’uso di sensori che abilitino il riconoscimento automatico è tra le massime aspirazioni dei clienti italiani che, di anno in anno, alzano l’asticella delle aspettative, iniziando a pensare che oltre allo smartphone ci siano molte altre cose che possono essere smart. Tra i desiderata, per il 60% del panel viene segnalato il frigorifero intelligente, capace di ricordare cosa consumare prima della scadenza e cosa comprare, per evitare sprechi e fare la spesa che serve quando serve davvero. Passando dalla GDO all’abbigliamento, i camerini virtuali piacciono a quasi 6 consumatori italiani su 10. La realtà aumentata, in particolare, affascina al punto che quasi 5 italiani su 10 (45%) dichiara di essere disposto a utilizzare occhiali o visori intelligenti che permettano di accedere a informazioni ad hoc mentre si procede con la scelta dei prodotti.

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Dallo smart retail agli smart data

La società di ricerca McKinsey ha rilevato come nella distribuzione i retailer che fanno uso dei Big Data hanno aumentato i propri margini del 60%. In che modo? Analizzando i comportamenti di acquisto, ovvero lo scontrino, associato alla carta fedeltà e alle varie interazioni con le promozioni, gli annunci, l’e-mail marketing, le eventuali newsletter che si ricevono periodicamente e periodicamente si aprono. Tutto questo rappresenta una montagna di informazioni da collezionare e da analizzare per definire un’offerta sempre più a misura di cliente.

Dal punto di vista dei servizi associati alla geolocalizzazione, ad esempio, beacon, NFC, app e touch point interattivi generano una quantità di dati (Big Data) che, se ben gestiti, secondo gli esperti consentirebbero di generare qualcosa come 600 miliardi di dollari favorendo un surplus dei consumi. Big Data Management significa andare oltre l’elaborazione degli ordini, implementando nuovi sistemi a supporto delle campagne di marketing arrivando a gestire meglio i programmi fedeltà attraverso un monitoraggio dei feed back registrati da ogni singola promozione, lancio di prodotto, iniziativa ma anche potendo gestire le richieste di garanzia o i reclami, arrivando a raggiungere una visione a 360 gradi dei clienti, dei prodotti e di qualsiasi operazione commerciale.

Dalla shopping experience alla customer experience

Oggi, oltre il 60% degli italiani è omnicanale: in generale, la popolazione al di sopra dei 14 anni di età perfeziona il processo di acquisto attraverso un mix di punti di contatto fisici e digitali attraverso un percorso non lineare (Fonte: Politecnico di Milano – Maggio 2017). Studiare la customer experience prima ancora della shopping experience è diventato fondamentale per capire in che modo un cliente si avvicina verso un prodotto o un servizio. Il customer journey, infatti, si è scoperto che può essere immediato (vedo/compro), oppure lunghissimo, con un percorso di maturazione che somma vari input legati all’influenza delle cerchie sociali, dei media tradizionali (il 63% dei consumatori è influenzato da tv, radio e stampa), delle azioni sviluppate dal marketing (newsletter, promo, digital signage, proximity marketing diversificato tramite tecnologie beacon, smart code e via dicendo). Quello che è certo è che la multicanalità ha cessato di rappresentare un fattore occasionale od opzionale: i comportamenti degli italiani si sono notevolmente evoluti e oggi sono all’insegna dell’always on.

Il negozio deve quindi poter fornire in maniera veloce ciò di cui il cliente ha bisogno. Come ultimo requisito, poiché non è più possibile distinguere in compartimenti stagni le dimensioni del fisico e del virtuale, occorre che lo store sia sempre più connesso, così da rendersi presente al consumatore secondo la forma a lui più accessibile, accompagnandolo in tutte le fasi di acquisto. Un campione di negozi che ha introdotto tali elementi di innovazione ha fatto registrare nei primi quattro mesi del 2016 una crescita di fatturato pari a +6,9%, a fronte di un calo degli altri negozi (Fonte: Nielsen 2016). Multicanalità, infatti, significa agganciare il consumatore lungo tutti i suoi possibili punti di intersezione con il brand, utilizzando al meglio tecnologie, per altro già oggi tutte disponibili per vendere di più e vendere meglio. In questo senso la Internet of Things fa la differenza, aiutando i brand a portare dentro ai negozi e fuori dai negozi quella componente smart che aiuta a rafforzare la relazione e la comunicazione lungo tutta la filiera: dalla fabbrica al consumatore.

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