TIM e Vodafone uniscono le forze sul 5G, perlomeno da un punto di vista infrastrutturale: come era stato parzialmente preannunciato lo scorso febbraio, le due società hanno firmato un accordo che prevede l’estensione del vigente accordo di condivisione delle infrastrutture passive con INWIT e la condivisione della componente attiva della rete mobile. In buona sostanza INWIT (attualmente controllata da TIM), attraverso un’operazione finanziaria sarà controllata congiuntamente da entrambe le società con una quota del 37,5%. In questo modo si darà vita alla maggiore Towerco italiana, che grazie all’apporto di Vodafone potrà ora contare su un portafoglio di oltre 22.000 torri distribuite sull’intero territorio nazionale, diventando la seconda realtà a livello europeo. Oltre ai supporti fisici, saranno condivise anche le cosiddette componenti attive, ossia le antenne e i sistemi radio che consentono la trasmissione del segnale.
La necessità di affrontare la partita del 5G
Il motivo di questa complessa e importante operazione risponde alla volontà di affrontare al meglio l’importante partita del 5G: come hanno ammesso entrambi gli amministratori delegati (Luigi Gubitosi di TIM e Aldo Bisio di Vodafone Italia), l’obiettivo è di accelerare la costruzione della rete 5G, ottenendo risparmi anche dal punto di vista dei costi, grazie a una più efficiente implementazione della nuova tecnologia su un’area geografica più ampia. Grazie alla condivisione, i benefici per entrambe le compagnie si aggireranno intorno agli 800 milioni di euro, per effetto dei minori investimenti e delle vere e proprie dismissioni di apparati e infrastrutture in determinate aree geografiche (potendosi appoggiare agli apparati condivisi).
Resta la competizione sul mercato
TIM e Vodafone condivideranno anche gli apparati attivi delle rispettive reti 4G esistenti, per supportare la condivisione attiva della rete 5G. Inoltre, i due carrier adegueranno le rispettive reti di trasmissione mobile, attraverso l’utilizzo di cavi in fibra ottica a più alta capacità (“Fiber-to-the-Site” o “backhauling”), che dovrebbe permettere di trarre pieno vantaggio delle caratteristiche del 5G. Le due aziende continueranno comunque a competere sul mercato grazie alle frequenze rispettivamente acquisite nell’asta pubblica, dunque dal punto di vista del consumatore finale non dovrebbero esserci conseguenze significative.