Tlc, tandem pubblico-privato per le competenze 4.0

Il protocollo firmato da Asstel e dall’Agenzia Nazionale per le Politiche attive del lavoro punta su formazione e riqualificazione dei lavoratori e dei giovani in uscita dai percorsi di studio. Obiettivo: creare i professionisti del futuro e offrire un impulso decisivo allo sviluppo dell’industry 4.0 italiana

Pubblicato il 18 Lug 2017

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Rilevare i fabbisogni delle aziende che operano nel settore digitale e delle telecomunicazioni, programmare interventi di formazione specialistica e dei giovani in uscita dei percorsi di studio e realizzare nuovi percorsi di politiche attive del lavoro. È un piano per l’occupazione di ampio respiro quello messo in campo da Asstel, l’associazione di categoria del network di Confindustria che rappresenta le imprese della tecnologia dell’informazione che offrono servizi di telecomunicazione fissa e mobile, e Anpal, l’Agenzia Nazionale per le Politiche attive del lavoro introdotta con il Jobs Act.

Il protocollo pubblico-privato, si legge nel primo articolo dell’accordo, si pone l’obiettivo di “definire un quadro di collaborazione finalizzato a favorire l’occupazione e l’occupabilità nell’ambito dei processi di digital transformation”. Si tratta di uno di più importanti progetti pubblico-privati mai avviati in Italia che riguardano l’economia digitale ed è nato sulla scia del Piano Calenda, che ha avuto il merito di stimolare una corsa agli investimenti tecnologici accompagnando alla componente economico-strategica anche una serie di interventi in materia di competenze digitali. Un ambito tutt’altro che secondario rispetto a quello degli investimenti, che senza capitale umano non possono scaricare a terra tutto il loro potenziale.

Asstel: “Servono nuove professionalità”. Anpal: “Fondamentale agire a livello sistemico”

“Le imprese hanno l’esigenza di affiancare ai piani di sviluppo digitale già messi in campo dal governo su banda larga, crescita digitale e industria 4.0 un progetto nazionale che miri ad aumentare l’occupabilità delle persone nella filiera delle Tlc – spiega la presidente di Asstel, Dina Ravera -. L’implementazione dei piani di infrastrutturazione a banda ultralarga fissa e mobile, infatti, sta facendo emergere la necessità di nuove figure professionali e nuove competenze da parte delle aziende Tlc”. L’accordo con Anpal, spiega la presidente da poco riconfermata al timone dell’associazione, “va proprio nella direzione di consentire ai lavoratori di essere pronti ad accompagnare l’evoluzione già in atto nella filiera: efficaci politiche attive del lavoro sono la chiave per promuovere l’incontro tra domanda e offerta e mettere tutti, lavoratori e imprese, nelle condizioni di cogliere al meglio le opportunità che derivano dalla trasformazione digitale dell’economia”.

Il valore aggiunto di questo accordo, aggiunge il presidente di Anpal, Maurizio Del Conte, risiede nella “volontà di ricondurre a unità l’intera filiera e quindi progettare misure di politica attiva del lavoro mirate ai lavoratori della filiera stessa e non più generaliste, favorendo processi di mobilità professionale”.

L’asse fra Asstel e Anpal si occuperà dell’ambito lavorativo a 360 gradi, intervenendo tanto sulla formazione di chi è già nel mondo dell’economia digitale quanto di chi si appresta ad entrarci. Saranno infatti previsti percorsi di qualificazione professionale a tutto campo, che coinvolgeranno anche i giovani, a cui faranno da spalla dei percorsi di inserimento messi in campo tramite la rete dei servizi per il lavoro pubblici e privati. Fra i piani d’azione rientra poi un’attività di sensibilizzazione rivolta ai beneficiari del protocollo, che punta a rendere più chiari i vantaggi che la formazione e l’inserimento delle competenze digitali è in grado di garantire in termini di competitività.

Lavoro, competenze digitali antidoto contro inattività e disoccupazione giovanile

Accordi di questa portata possono giocare un ruolo di primo piano nella partita dell’industry 4.0 italiana. La recente relazione presentata da Giorgio Alleva, presidente dell’Istat, ha non a caso messo in evidenza la correlazione tra le spinte verso l’industria 4.0 e la necessità di nuove competenze per i lavoratori. Il Governo si è comunque mosso in proprio, prevedendo nel piano la creazione di competence center sul territorio da parte delle università, centri di ricerca privati, startup e grandi o medie imprese. Ma una spinta ulteriore dalle collaborazione fra le grandi associazioni di categoria ed enti pubblici specializzati nelle politiche del lavoro, focalizzata sull’IoT, i big data, il cloud e gli altri driver della digital transformation, non può certo far male.

Progetti che potrebbero aiutare anche a combattere il drammatico fenomeno fotografato dall’ultima indagine sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) elaborata dalla Commissione. Un rapporto da cui emerge che quasi un quinto dei giovani italiani nella fascia tra 15 e 24 anni non cerca lavoro né è impegnato in un percorso formativo o di studio. Un esercito di cosiddetti Neet (acronomo di “not (engaged) in education, employment or training”) che consegna all’Italia uno dei tassi di giovani inattivi più alti d’Europa (19,9% contro una media UE dell’11,5%). Numeri preoccupanti che rappresentano uno dei peggiori lasciti della crisi economica, ma che allo stesso tempo segnalano una difficoltà senza tempo del sistema Paese nel formare a dovere le nuove generazione. Sotto questo punto di vista, il fermento attorno ai temi dell’industria 4.0, della banda larga e più in generale della trasformazione digitale rappresenta forse un’ultima chiamata alle armi.

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