Tre sviluppi tecnologici, avvenuti tutti nel 2013, possono dare la spinta decisiva all’esplosione del mercato Internet of Things. È uno dei più interessanti responsi del più recente report dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, secondo il quale più in dettaglio i tre sviluppi sono il supporto dello standard Bluetooth Low Energy anche su Android (su iOS lo è già dal 2011), il rilascio commerciale di diverse piattaforme di gestione e sviluppo multi-vendor, e la definizione delle specifiche GSMA per le SIM “embedded”.
Ciascuna di queste evoluzioni – spiega il report, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria dell’ateneo milanese – risponde a un problema aperto nel mondo IoT con soluzioni concrete e industrialmente percorribili, che daranno una spinta al mercato in termini sia di disponibilità di prodotti e soluzioni, sia di ulteriore sviluppo di alcuni ambiti applicativi.
BLE, lo standard per connettere la “personal area network”
Lo standard Bluetooth Low Energy (BLE, BTLE, Bluetooth 4.0 o Bluetooth Smart) è una variante del protocollo Bluetooth ottimizzata per lo scambio di piccole quantità di dati con bassissimo consumo energetico, e pensata per implementazioni hardware semplificate e di basso costo. Apple iOS supporta BLE già dal 2011, ma ora si è aggiunto anche Android, il sistema operativo mobile più diffuso al mondo, con l’obiettivo primario di connettere gli oggetti che ruotano attorno alla persona (Personal Area Network, PAN).
L’adozione di questo standard per tutti i dispositivi mobili di più recente produzione è fondamentale, sottolinea l’Osservatorio, secondo il quale solo in Italia a fine 2013 c’erano già circa 8,3 milioni di smartphone BLE abilitati, il 27% di quelli in circolazione. «Il BLE integra le migliori caratteristiche di altri protocolli (basso consumo e latenza, uso di profili standard per facilitare lo sviluppo di applicazioni), evitando la complessità delle funzioni più evolute (Reti Mesh e relativi problemi di configurazione) e azzerando i problemi di compatibilità hardware (come avviene ad esempio tra dispositivi basati su ZigBee, Z-Wave, WHart) e retro-compatibilità (come ad esempio per ZigBee 2004 vs. ZigBee 2006 o 2007/Pro)».
Infine il BLE, continua il report, evidenzia il ruolo che i dispositivi mobili (smartphone e tablet) avranno nel panorama IoT, diventando “gateway” di un ampio insieme di oggetti intelligenti, dai “wearable device” ai sensori di prossimità, fino ai dispositivi per localizzazione e comunicazione indoor (come iBeacon) per applicazioni personali e commerciali.
Un’interfaccia unica per controllare tutti i dispositivi “smart” di casa
La forte frammentazione dei protocolli di comunicazione verso gli oggetti intelligenti e la mancanza di un chiaro “vincitore” generano una frequente incompatibilità tra device di produttori diversi che, pur offrendo funzionalità simili o complementari, si basano su protocolli diversi (per esempio BLe, ZigBee o Z-Wave). Questo è uno dei fattori che più frenano l’adozione su ampia scala di soluzioni IoT, soprattutto in ambito Smart Home & Building.
Il 2013 però ha visto una crescita notevole nell’offerta di piattaforme software (come MioS, Revolv, ioBridge, Zonoff), a volte corredate anche da gateway hardware multi-protocollo, in grado di interfacciarsi con tanti dispositivi diversi, fornendo all’utente un’interfaccia unica di gestione ed evitando la caotica situazione in cui ogni dispositivo (il termostato, il sistema di illuminazione, l’allarme antiintrusione, ecc.) va controllato con un’applicazione apposita.
Parallelamente si è arricchita anche l’offerta di piattaforme rivolte alle aziende, in ottica B2B o Business to developers (come Xively Thingworx, One Platform By Exosite), che offrono un ambiente integrato per lo sviluppo e il Life Cycle Management di applicazioni IoT, supportando diverse famiglie di dispositivi hardware tramite interfacce di programmazione di alto livello (API) e offrendo funzionalità molto attraenti per le aziende, come cloud storage, data analytics e reportistica integrata. Questo è un segnale molto importante, poiché accelererà l’integrazione di funzionalità IoT in applicazioni IT più consolidate.
SIM embedded indipendenti dall’operatore telefonico
La pubblicazione a dicembre 2013 da parte della GSMA (associazione globale degli operatori mobili) delle prime specifiche per le SIM embedded, cioè integrate in dispositivi machine-to-machine (M2M) già dalla loro produzione, è una notizia di grande rilievo. Le nuove specifiche abilitano il provisioning e la gestione della SIM “over the air” (via rete cellulare), rimuovendo il legame intrinseco tra la SIM e l’operatore telco che la possiede e gestisce.
Questo comporta vantaggi evidenti per le aziende utenti, tra cui l’eliminazione dei costi operativi collegati alla sostituzione fisica della SiM in caso di cambio operatore, e la possibilità di avere più fornitori in parallelo e farli evolvere nel tempo in funzione delle caratteristiche di connettività degli oggetti connessi. GSMA stima che quest’apertura del mercato porterà nel 2020 ad avere 11 miliardi di dispositivi connessi con rete cellulare, principalmente grazie ad applicazioni con SIM embedded.
L’apertura delle modalità di gestione delle SiM M2M segna inoltre uno spartiacque tra connettività rivolta a persone (voce e grandi moli di dati) e a oggetti (piccole moli di dati), e richiede un adeguamento del quadro normativo. In quest’ottica Agcom lo scorso dicembre ha avviato una consultazione che è parte di un programma conoscitivo di portata europea. Da queste consultazioni è lecito attendersi una rimodulazione degli obblighi di servizio oggi garantiti, a ulteriore supporto delle applicazioni IoT basate su rete cellulare.