Ridurre i costi del data center scongiurando il pericolo dei fermi non pianificati grazie agli UPS. I cali improvvisi della tensione elettrica sono, infatti, tra le cause che mettono in forse il buon esito delle strategie di Business Continuity in azienda, insieme agli errori umani e agli attacchi cyber.
Le applicazioni critiche delle aziende moderne non possono essere indisponibili anche solo per una frazione di secondo ed ecco perché i sistemi UPS si rivelano fondamentali. Che si tratti di un merchant che opera sul Web, di un ospedale o di una piccola impresa manifatturiera, la disponibilità continua di dati e applicazioni critiche è per tutti fondamentale. Il cliente, sia esso un’azienda o un consumatore, non concepisce un servizio non sia sempre perfettamente efficiente e l’organizzazione che incappa in fermi e guasti può vedere compromesso in modo definitivo il proprio business. È dello scorso dicembre la notizia che un’interruzione dell’alimentazione elettrica all’hub internazionale di Atlanta (Georgia) ha causato alla compagnia aerea Delta un danno di 125 milioni di dollari, con 1.400 voli cancellati in mezza giornata e 10mila passeggeri bloccati pronti a chiedere un indennizzo economico alla società. Un caso estremo, certo, che mette in evidenza quanto la Business Continuity rappresenti un obiettivo strategico con ricadute sia a livello economico-finanziario che di immagine (e reputazione). Solo i casi più eclatanti, infatti, conquistano le prime pagine dei quotidiani, ma sono moltissimi i “piccoli disastri” che non hanno eco sulla stampa. Secondo la Data Center Industry Survey 2017 dell’Uptime Institute, infatti, un’azienda su quattro (il 25%) ha sperimentato almeno un’interruzione alla continuità operativa del proprio data center negli ultimi 12 mesi e il 90% dei professionisti IT sostiene che il management è più preoccupato delle interruzioni non prevedibili rispetto al passato. Il perché è presto detto: i fermi non pianificati costano, e parecchio. Secondo le ultime stime di Gartner, il costo medio di un minuto di downtime si attesta, nel 2017, a 5.600 dollari e un fermo prolungato in molti casi mette in forse la sopravvivenza stessa dell’organizzazione. Le cause dei fermi imprevisti sono diverse, dall’errore umano agli attacchi cyber, ma sono frequenti anche le interruzioni legate a blackout elettrici. Quello forse più noto è quello che, il 21 aprile 2017, ha letteralmente “spento” la città di San Francisco ma anche in Italia questo tipo di inconvenienti si verifica sempre più spesso, come è accaduto a Torino lo scorso 28 aprile. La disponibilità continua delle applicazioni critiche, in questi casi, può essere garantita solo grazie agli UPS e alla possibilità di continuare a far funzionare per ore, anche in assenza di alimentazione elettrica, i sistemi operativi (OT) e informatici (IT).
Le componenti di costo dei fermi imprevisti
Due sono conseguenze da considerare quando si valutano gli effetti dei fermi imprevisti. Anzitutto quelle evidenti, come la perdita di business legata all’indisponibilità dei sistemi di e-commerce o le penali legate alla mancata conformità dell’infrastruttura fisica del data center ai dettami di continuità operativa imposti da normative di settore. In seconda battuta, quelli occulti, come le ripercussioni sulla Customer eXperience e, di conseguenza, la riduzione del tasso di fidelizzazione della clientela. Le strategie di Business Continuity impongono, spesso, un ridisegno delle infrastrutture del data center, utile a garantirne la massima affidabilità: una revisione che, oggi più che mai, deve riguardare tutti i componenti, non solo quelli IT. La distribuzione degli UPS, al pari di quella dei server o degli apparti di rete, andrà progettata tenendo conto dei principi della ridondanza. Nel caso di guasto a un componente di rete, un UPS, un server, uno o più componenti alternativi devono poter essere attivati immediatamente e fornire la potenza (di rete, di calcolo, elettrica) necessaria a sostituirlo per garantire che le applicazioni critiche siano sempre disponibili.
Come mitigare le cause delle interruzioni non pianificate
Ovviamente, essere consapevoli dei rischi di downtime del data center e adottare misure utili per prevedere i potenziali problemi di Business Continuity sono due cose molto diverse. Ecco cosa può fare, concretamente, un’azienda per mitigare le cause delle interruzioni non pianificate:
UPS
Eseguire periodicamente test di capacità e controllare regolarmente la temperatura del data center e la tensione delle celle delle batterie degli UPS permette di contenere i rischi di fermo.
Errore umano
Prevedere un’attività di formazione ad hoc per lo staff del data center dovrebbe essere una priorità.
Cybercrime
Il cybercrime, insieme all’errore umano, è tra le principali cause dei downtime. Per migliorare la resistenza contro gli attacchi cyber le aziende devono compiere audit periodiche dei propri sistemi IT.
Guasti agli impianti di condizionamento e riscaldamento
La ridondanza degli impianti di riscaldamento e raffrescamento è consigliata. Altrettanto rilevanti sono le attività di manutenzione preventiva e il corretto bilanciamento dei carichi di lavoro della sala macchine.
Eventi naturali
I disastri naturali e i cataclismi sono per loro natura inevitabili, ma è possibile cercare di contenere i danni causati da eventi avversi testando i sistemi di backup e Disaster Recovery con regolarità.
Guasti ai generatori
Compiere test periodici sull’efficienza dei generatori e dei quadri elettrici è importante per limitare i rischi di interruzioni non pianificate.
Guasti ai sistemi IT
Le ispezioni fisiche e i test regolari sull’operatività di server, storage e networking permettono di limitare al minimo i guasti ai sistemi IT.
Come usare gli UPS per massimizzare l’efficienza del data center
Data center manager e facility manager lavorano avendo bene in mente l’obiettivo della massima efficienza dei siti che gestiscono. L’efficienza operativa, anzitutto, ovvero la capacità di garantire che i server, lo storage, la rete, i sistemi di alimentazione e raffreddamento siano correttamente calibrati per soddisfare le necessità IT senza incorrere in spese inutili. Ma anche l’efficienza di business, ovvero la capacità di mantenere questo equilibrio assicurando la massima flessibilità delle risorse del data center, per adattarne l’utilizzo alle mutevoli esigenze dell’azienda. Ciò significa che l’infrastruttura fisica, così come la potenza di elaborazione e le prestazioni, devono poter scalare in modo efficace, e senza rischio di fermi.
Le simulazioni sulle interruzioni di corrente o il mancato backup delle batterie degli UPS in grado di garantire la Business Continuity anche in caso di forti sbalzi di tensione o improvvise sospensioni nel servizio elettrico rappresentano una buona pratica che inizia a diffondersi tra i data center e i facility manager.
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Come tradurre in pratica i nuovi approcci smart energy grazie agli UPS
Gli UPS possono anche essere impiegati per abilitare i nuovi scenari smart energy e, quindi, le reti elettriche intelligenti di nuova generazione. Si tratta di utilizzi ancora in gran parte sperimentali ma destinati a diffondersi nei prossimi anni. All’interno dei grandi data center aziendali, infatti, le batterie dei sistemi UPS sono utilizzate solo in parte per sostenere l’alimentazione di workload e applicazioni critiche. Potrebbero, quindi, rappresentare dei veri e propri accumulatori di elettricità pronta all’uso: l’energia prodotta in eccesso potrebbe essere immagazzinata e utilizzata in tempi diversi per supportare, per esempio, i picchi di consumo, contribuendo ad abbattere i costi del data center e a garantire la continuità operativa.