È un caso interessante che guarda all’applicazione dell’Internet of Things al mondo automotive e alla valorizzazione dei dati quella che vede protagonista Vodafone Automotive, società del Gruppo Vodafone, specializzata nello sviluppo di piattaforme tecnologiche connesse per il mondo della mobilità. Il caso, oggetto di approfondimento nel corso della Ricerca 2020 dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics, promosso dallo School of Management del Politecnico di Milano, guarda in modo specifico allo sviluppo di servizi legati al mondo assicurativo, come ad esempio, servizi di assistenza e recupero veicoli rubati, servizi di prevenzione di furti, servizi di gestione degli incidenti. Si parla, in buona sostanza, di servizi sviluppati nel quadro della Usage Based Insurance, che correla le analisi delle abitudini e stili di guida e le analisi del rischio assicurativo.
Usage Based Insurance: il ruolo delle blackbox
Dopo aver installato a bordo del veicolo una blackbox dedicata, Vodafone Automotive è in grado di raccogliere numerose informazioni, che le consentono di fornire alle società di assicurazione i profili degli stili di guida degli assicurati, aiutandole nella creazione di uno “score” sintetico in grado di rappresentare il rischio associato alla tipologia di guidatore e di conseguenza alla singola polizza.
È un progetto IoT, perché prevede l’acquisizione di dati dai veicolo, ma è anche un progetto fortemente basato sui dati: obiettivo era proprio quello di valorizzare al meglio i dati generati dalle blackbox, aiutando anche le compagnie di assicurazioni non solo nella fase di determina del prezzo della singola polizza, ma, cosa ancora più importante, a utilizzare i dati stessi per lo sviluppo di nuovi servizi, al fine di migliorare l’esperienza dei propri clienti e di conseguenza la loro fedeltà.
Parliamo di servizi come messaggi di allerta nel caso in cui il guidatore parcheggi in una zona ad alto rischio di furto, oppure di segnalazioni nel caso di allerta meteo particolarmente gravi.
Un progetto di ecosistema: Vodafone collabora con Cloudera
Stiamo parlando di un progetto di ecosistema, che vede Vodafone Automotive collaborare con Cloudera, la cui piattaforma si occupa proprio della raccolta, gestione e analisi in tempo reale i Big Data raccolti dai sensori, vale a dire le scatole nere, installati a bordo.
Si tratta di un progetto avviato ormai tre anni fa e giunto ora a piena maturità, focalizzato proprio sulla crescita della componente servizi all’interno del pacchetto assicurativo.
Dal punto di vista prettamente tecnologico, il progetto ha visto l’implementazione delle componenti Apache Kafka, Spark e l’accoppiata HDFS ed HBase: in questa configurazione la piattaforma Cloudera è in grado di gestire grandi quantità di dati in tempo reale, in maniera flessibile ed elastica, consentendone anche l’archiviazione per successive rielaborazioni.
La soluzione consente di ricostruire il percorso effettuato dal veicolo, partendo dai dati puntuali di localizzazione e velocità e dalle informazioni geografiche acquisite attraverso il GPS e l’accelerometro presente nelle blackbox istallate a bordo veicolo.
Il lavoro sui dati
I dati vengono puliti e preparati, per essere sicuri che le analisi vengano effettuate su set di dati corretti e coerenti: questo al fine di prevenire errori di valutazione che potrebbero impedire di comprendere se effettivamente il guidatore ha bisogno di assistenza e di che tipo.
Vodafone ha scelto un’implementazione in house: la piattaforma e i suoi server sono ospitati nell’Hub tecnologico di Vodafone Group per l’Italia, a Milano, mentre i server di backup si trovano nel data center gemello di Vodafone destinato alla disaster recovery.
Le informazioni relative all’assicurato vengono inviate con latenze di pochissimi minuti dalla registrazione dell’evento sulla blackbox del veicolo, così da assicurare la massima tempestività degli interventi. Si parla infatti di 15 minuti di latenza massima dalla generazione alla ricezione dei dati sul Cloud del Cliente.
Come è facile immaginare, si tratta di un progetto particolarmente complesso, a partire dalle numeriche in gioco: si parla infatti di oltre 33 milioni di messaggi al giorno e 227 milioni di messaggi alla settimana relativi.
Nei primi tre anni di implementazione, il servizio ha generato qualcosa come 130 terabyte di dati e ha richiesto la creazione di un team dedicato, sia nelle fasi progettuali, sia nelle fasi di esercizio, oltre allo sviluppo di competenze nuove in tutte le figure coinvolte.
Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, già si pensa all’integrazione di funzionalità di Machine Learning applicate alle fasi di controllo dell’affidabilità e qualità dei dati, che consentirebbero di accorgersi più velocemente di eventuali malfunzionamenti dei dispositivi di bordo.