BI Mobile: per chi e per che cosa

Una Tavola Rotonda organizzata da ZeroUno in collaborazione con Microstrategy per discutere sul valore che può venire all’impresa da soluzioni di intelligence e analisi disponibili sempre e in mobility e su come l’It debba lavorare per conseguire tale obiettivo.

Pubblicato il 06 Giu 2014

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Da tempo l’evoluzione dei sistemi di business intelligence segue due linee di sviluppo tecnologico, in larga parte in sovrapposizione tra loro: una è la capacità di analizzare l’enorme crescita, in numero e diversità, dei dati considerati rilevanti; l’altra è la velocità con la quale i risultati delle analisi vanno forniti all’utente. Queste esigenze nascono entrambe dalla necessità di sfruttare le mutate condizioni nelle quali la conoscenza di tutto ciò che, dentro e fuori l’impresa, ne riguarda l’attività, va costruita e soprattutto impiegata da parte di un’utenza che oggi si allarga a quasi ogni livello dell’organizzazione.

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La rivoluzione mobile, con smartphone e tablet che in diffusione hanno già superato i Pc, ha portato un elemento nuovo nel problema. Il fatto che dati e informazioni possano giungere ai destinatari in ogni luogo per essere fruiti dove e quando più occorrono ne moltiplica il valore per il business. Microstrategy da tre anni ha indirizzato la propria strategia verso la BI mobile diventando il fornitore dalla piattaforma tecnologica più specializzata in questo senso. Ed è appunto con Microstrategy che ha collaborato ZeroUno organizzando a metà maggio una ‘Tavola Rotonda di Redazione’ dal titolo: Business Intelligence Mobile: per decidere consapevolmente sempre e in ogni luogo.

Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno

Sul modello di fruizione della BI mobile si è sviluppato l’intervento introduttivo di Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, che citando dati dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano ha ricordato come le soluzioni mobili siano oggi al primo posto, con il 58% dei casi, tra le aree di sviluppo dei sistemi di BI; più importanti della BI self-service, dell’analisi in-memory e dell’intelligence operativa (vedi articolo correlato "Percorsi di successo tra i dati") “Sono iniziative che rispondono ai bisogni di imprese ‘estese’ la cui presenza sul territorio ha confini sempre più dinamici e distribuiti e che – ha aggiunto il direttore – non investono solo la tecnologia, ma l’evoluzione di tutto l’information management nella sua complessità, con aspetti che coinvolgono i processi, l’organizzazione, le competenze delle risorse umane”. Compito dell’It è, ovviamente, quello di identificare e di applicare quelle soluzioni in grado di aiutarla nel fornire le informazioni nei tempi e modi richiesti da parte di chi ne abbia bisogno. Ma che significa disegnare una strategia di BI mobile? Fino a che punto l’It può dialogare con l’impresa sul bisogno di diffondere e rendere disponibili dati e informazioni? Come ciò si può realizzare seguendo sia i desideri degli utenti sia le esigenze di sicurezza, unicità del dato e quant’altro, necessarie per una BI enterprise? Su questi e altri temi si è acceso un dibattito che ha coinvolto per più di due ore in un fattivo confronto tutti i convenuti.

BI mobile: per che fare?

Demetrio Migliorati, Head of Enterprise Digital Orgnization di Banca Mediolanum

Non a caso, stante il richiamo di Uberti Foppa alla complessità del problema ‘BI mobile’ nella sua relazione con il business, tra i temi che più hanno stimolato il confronto vi è quello introdotto da Demetrio Migliorati, Head of Enterprise Digital Orgnization di Banca Mediolanum. Dopo aver parlato dei rischi per la sicurezza del cosiddetto Byod (bring your own device), al quale si va aggiungendo quello, ancora più pericoloso, del “bring your own app”, con l’uso di applicazioni personali estranee e non controllate dall’It aziendale, Migliorati ha posto la provocatoria domanda-chiave: “BI in mobilità? Sta bene, ma per fare cosa?”. Sia chiaro: la rivoluzione mobile, che Migliorati sta attuando con progetti volti a realizzare un ‘digital workplace’ che consenta agli utenti mobili una completa attività lavorativa, non si discute. Il punto è che pur riconoscendovi grandi potenzialità bisogna ancora capire bene come la BI mobile si leghi alle applicazioni aziendali fruite da chi opera sul campo e quindi come i relativi sistemi vadano integrati.

Luca Fioletti, Responsabile Area Canali della Banca Popolare di Sondrio

A questa visione di BI mobile in chiave operativa si associa Luca Fioletti, Responsabile Area Canali della Banca Popolare di Sondrio, per il quale la questione si traduce nella mancanza di applicazioni adatte: “In una banca come la nostra sarebbero i promotori finanziari, che vanno presso il cliente, a lavorare in mobilità. Ma avrebbero bisogno di schede Crm, procedure di vendita, cataloghi prodotti, tutti attualmente forniti da processi datati, stratificati, che non si parlano tra loro. Io temo – conclude Fioletti – che nel breve termine potrò dare a questi operatori un iPhone con posta, Internet e le informazioni, ma senza la capacità operativa che è il vero plus della mobilità”.

Daniele Cericola, Responsabile Sistemi di Governance Ict di Banca Carige

Anche Daniele Cericola, Responsabile Sistemi di Governance Ict di Banca Carige, riconosce la grande difficoltà di portare applicazioni e infrastrutture dei sistemi aziendali ai terminali mobili: “Si tratta di mettere una postazione di filiale ‘in tasca’ alla forza vendita”. Inoltre, osserva come occorra una notevole potenza di calcolo affinché dai terminali mobili, “che non saranno certamente smartphone ma tablet” si possano fare analisi all’interno di un processo che per essere efficace dev’essere bidirezionale, con dati che dall’operatore sul campo vanno ai sistemi aziendali e ritorno”.

Sirio Antonellini, Business Analyst Ict Corporate Service Line di A2A

Sirio Antonellini, Business Analyst Ict Corporate Service Line di A2A (servizi di pubblica utilità nell’energia) ricorda come, in banca come altrove, si debba dividere l’utenza “…tra chi, come un venditore, ha bisogno di avere poche e puntuali informazioni da usare in un processo guidato e chi invece, come un marketing manager, deve avere una visione di tutto ciò che avviene entro e fuori l’azienda per decidere il da farsi”. Al primo la BI mobile sarà utile, al secondo probabilmente no. “Il punto quindi – conclude Antonellini – è distinguere chi sarà l’utente finale della BI mobile in modo da definirne chiaramente le necessità”.

Business e It, insieme per amore o per forza

Su questa nota Uberti Foppa entra nel dibattito portandovi alcuni temi di riflessione. Il primo riguarda la collaborazione fra It e business: “La risposta al ‘che fare’ viene da lontano, cioè da una capacità di sinergia tra l’area It e il business che si costruisce nel tempo. Quando si parla di ‘data scientist’ (una delle figure delle quali si sente maggiormente la mancanza in Italia) si pensa a una figura professionale che è a contatto quotidiano con la parte business, ne coglie le criticità ma anche e soprattutto le opportunità, e in base a ciò si rivolge alla parte It per elaborare risposte propositive. Ragioniamo quindi – prosegue – su un’organizzazione dell’It sempre più pervasiva sul fronte business e le risposte al ‘che fare’ verranno dallo sviluppo di progetti dal contenuto innovativo, tra cui vi potrà essere anche la fruizione della BI sui device mobili”. Una seconda riflessione nasce dal fatto che mentre lo scenario competitivo coinvolge l’impresa a ogni livello, secondo l’Osservatorio BI del Politecnico nella gran parte delle realtà italiane una strategia di intelligence diffusa in azienda e trasversale alle sue attività è ancora tutta da costruire. Infine, citando una recente analisi Forrester, Uberti Foppa ricorda che: “…l’azienda vincente sarà quella capace di ‘entrare in tasca’ all’utente finale, cioè quella i cui prodotti/servizi saranno sempre e ovunque disponibili ai clienti/utenti”. Che per la BI significa uscire dai limiti della fruizione interna e concepire servizi d’informazione, e magari anche di analisi, pensati per utenti raggiungibili oggi solo da dispositivi mobili.

Paolo Sassi, Group It Director di Artsana

Su questi stimoli il confronto prende una nuova svolta e sia Migliorati sia Paolo Sassi, Group It Director di Artsana, convengono sull’opportunità di aprirsi al mondo degli utenti e/o consumatori: “Dobbiamo assolutamente farlo – dice Sassi – perché i tempi per porre il prodotto sul mercato sono cortissimi. Non parliamo neanche più di ‘time to market’: c’è lo scaffale vuoto che va riempito subito. E per capire cosa mettere in quello scaffale bisogna interpretare dati, purtroppo per noi quasi sempre destrutturati, che vengono dai consumatori. Chi è più vicino al consumatore ha in mano il mercato”. Di questo quadro la BI mobile è un tratto essenziale e va fatta. Ma, conclude Sassi, avendo una visione architetturale: “Dietro, nel back-end, occorre un buon disegno, anche dal punto di vista delle scelte infrastrutturali”.

Jean Pierre Giannetti, Country Manager di Microstrategy

Lo sviluppo organico di un disegno di BI mobile permette a Jean Pierre Giannetti, Country Manager di Microstrategy, di ricordare come “buona parte di questi progetti sia nata ‘dall’alto’, cioè prima come cruscotti informativi per dare sugli smartphone dei top manager l’andamento dei Kpi e solo poi con soluzioni, destinate in gran parte alla forza vendita, dove entrano esigenze di interazione con le applicazioni aziendali. Questa svolta comporta diverse esigenze del device, una tastiera e uno schermo leggibile e, ovviamente, un più complesso sviluppo di applicazioni dedicate”. Sul primo punto l’offerta hardware sta già provvedendo con dispositivi adeguati e, come osserva Pierangelo Raffini, Direzione Marketing PR e comunicazione di Capecod, secondo una ricerca Usa il 50% di chi oggi fa analisi lo farà presto su tablet. Sul secondo, Giannetti osserva come si possa accelerare lo sviluppo delle applicazioni sia sfruttando servizi cloud di PaaS sia adottando direttamente soluzioni cloud come quelle fornite dalla sua società.

Pierangelo Raffini, Direzione Marketing PR e comunicazione di Capecod

Dall’intervento di Microstrategy parte un ultimo giro di discussione sul ruolo dei vendor. Per Migliorati “si tratta di un ruolo essenziale nel portare soluzioni nuove per noi ma che altre banche hanno già fatto. E il racconto ragionato di esperienze già vissute, e non solo del risultato, è una base che crea fiducia in ciò che il vendor propone e che, avendo prodotto, esperienze e competenza, potrà mettere in pratica”. C’è il rischio, interviene Sassi, che il vendor scavalchi l’It andando a parlare direttamente con il management. Il che può capitare, osserva Uberti Foppa, “se l’It non è capace d’identificare gli snodi strategici di tipo infrastrutturale e organizzativo sui quali calare le scelte d’investimento”.

Luca Caldarigi, Responsabile Amministrazione del Consorzio Corepla

Concorda Luca Caldarigi, Responsabile Amministrazione del Consorzio Corepla (recupero e riciclaggio della plastica) che aggiunge: “Per chi come me non è dell’area It, riesce a volte difficile comprendere, anche come linguaggio, le problematiche di sviluppo dei progetti che mi vengono poste”. Occorre uno sforzo da ambo le parti e non a caso Giannetti conclude osservando come non sia facile nemmeno parlare con il business: “Bisogna aprire, come vendor, per far incontrare le parti al fine di creare delle partnership che poi si possano tradurre in progetti che possano a loro volta, trattandosi di innovazione, diventare referenze per chi vorrà fare altrettanto”.

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