È indubbio che tra i termini oggi più gettonati nel settore Ict vi siano “App Economy” e “Digital Transformation”. Tutti, analisti, giornalisti, vendor, consulenti, partono dal concetto di “disruption” causata dalla trasformazione digitale per definire l’affermarsi di un modello di business e di economia basato sul software e sulle applicazioni. Lo conferma anche quanto emerge dallo studio internazionale, “The Battle for competitive advantage in the App Economy”, realizzato da Oxford Economics (prestigiosa società di consulenza economica in joint venture con l’Università di Oxford) con la sponsorizzazione di CA Technologies. Lo studio ha coinvolto circa 200 top manager d’azienda ed Executive It di Stati Uniti, Europa, Asia e America Latina in svariati settori d’industria ed è la fotografia di un trend che sta trasformando in profondità la struttura di mercati e imprese.
App Economy: numeri e tendenze
Forrester utilizza un ossimoro per sintetizzare il cambiamento in corso: “Aggressività passiva”. Che significa? Con la proliferazione delle esperienze di contatto digitale in essere tra imprese e clienti (multicanalità), l’azienda riuscirà sempre meno ad avere un controllo e una corretta comprensione delle esigenze di questi ultimi. Una strategia inside-out (attivare contatti con i clienti sulla base dei diversi canali da loro utilizzati, inondando il mercato di messaggi e campagne pubblicitarie) lascia il passo ad una profonda conoscenza delle abitudini e dei profili, basata sulla comprensione, sempre aggiornata, del cliente, per una capacità di risposta di servizi e prodotti specifica e personalizzata (outside-in).
Che i modelli di business aziendali siano cambiati è sotto gli occhi di tutti: dal 2000 ad oggi, solo il 48% delle Fortune 500 è ancora sul mercato. “Bnpp, il principale cliente di CA Technologies in Europa, ha più sviluppatori di noi – ha detto Marco Comastri, President & General Manager Emea, Ca Technologies nel corso della presentazione -. Citibank ha più sviluppatori di Microsoft; Tesla Motors (produttore mondiale di auto elettriche ad alte prestazioni – ndr) ha annunciato di recente un miglioramento alle proprie sospensioni grazie ad un update software. Il 64% delle nuove App oggi rilasciate sono finalizzate alla generazione diretta di fatturato”.
Insomma, siamo già in piena App Economy. Marc Adreessen, inventore del primo Web browser grafico Mosaic e cofondatore di Netscape, già nel 2011 fece scalpore con un suo articolo su The Wall Street Journal dal titolo: “Software is eating the world”, sottolineando proprio la centralità del software, e delle conseguenti tecniche di sviluppo rapido e flessibile (Agile) nelle strategie delle aziende, perché il software diventa il driver principale del business in tutti i settori di industria. Oggi ci siamo.
La crescente dipendenza dal software porta fattori quali l’“Agilità” e il “Time-to-market” ad essere fondamentali per il supporto competitivo. Della ricerca di Oxford Economics, molto articolata, riportiamo solo alcuni dati significativi:
- il 51% degli intervistati ha dichiarato di aver investito in nuove forme di software negli ultimi tre anni;
- il 54%, a seguito della digitalizzazione spinta del mercato, sta elaborando nuove strategie di interazione con i clienti;
- il 49% poi, evidenzia un fenomeno molto interessante: sta riportando in azienda gran parte dello sviluppo software, perché considerato elemento strategico di business;
- il 47% sta pianificando (o ha già in corso) operazioni di merge&acquisition per potenziare la propria capacità di sviluppo applicativo;
- solo il 22% delle aziende dichiara di riuscire a tracciare tutte le informazioni necessarie. E proprio su quest’ultimo punto si apre un altro tema fondamentale: le nuove competenze necessarie per muoversi nell’App Economy. Ben il 42% ha affermato che la mancanza di conoscenza e di skill è il principale ostacolo ad una strategia di successo nell’App Economy. “Gli skill, insieme a un vero cambio culturale, sono i due più grandi ostacoli che le imprese dovranno affrontare” ha confermato John Reiners, Managing Editor, Thought Leadership – Emea Oxford Economics. “Nella ricerca di competenze, per ranking di importanza, il 19% sottolinea lo sviluppo di Api, il 20% il DevOps, il 21% skill di collaboration e networking, il 22% data science”.
DevOps: migliore collaborazione tra le aree aziendali
È chiaro che in un contesto di questo tipo la capacità di sviluppo applicativo rapido, correttamente correlato alle esigenze del mercato, garantendo continuità di servizio, gestione delle performance per assicurare sempre un’elevata user experience, una sicurezza, in termini oltre che prestazionali anche di identity management e una continua capacità di analisi dei dati sul comportamento degli utenti, diventano fondamentali. Ed è qui che entra in gioco CA Technologies.
I “building blocks” su cui l’azienda ha sviluppato la propria offerta (anche attraverso acquisizioni mirate) sono chiari: DevOps, Security/Identity Management, Application Performance Management.
La necessità di migliorare e accelerare il rilascio di applicazioni trova la sua risposta primaria nel modello DevOps. Il DevOps, spinge ad una migliore collaborazione tra le aree aziendali, oggi ancora strutturate “a silos”, forzando una maggiore integrazione organizzativa e di processo per una continua capacità di sviluppo meglio allineata alle esigenze applicative dei differenti cluster di clienti a cui dare servizi personalizzati. Centrale al modello è l’integrazione delle funzioni, spesso separate, di sviluppo (Dev) e produzione/operations (Ops), in un processo unificato e soprattutto continuo, con frequenti riallineamenti orientati alla massima efficacia dell’Applicazione. Anche in questo caso, gli elementi di maggior freno sono organizzativi, di processo e culturali, perché il DevOps forza al cambiamento strutture con policy definite e gruppi di lavoro con practice consolidate.
L’Apm (Application Performance Management/Monitoring) è un altro elemento centrale della App Economy perchè è fondamentale poter caricare in tempi rapidissimi i contenuti consumati dalle applicazioni (quick loading) per garantire all’utente la migliore experience. Il controllo costante delle performance applicative si estende così dal tradizionale back end dei sistemi informativi alla prospettiva dell’utente (user experience), integrandosi con strumenti efficaci di Analytics per un monitoraggio continuo di come viene usato il device, quali app sono utilizzate, con quali livelli di performance, quali canali preferenziali sono scelti dai differenti utenti e altro ancora. Per migliorare di continuo la loro esperienza digitale e arricchire di funzioni e servizi personalizzati l’offerta.
“Oggi con il digitale, molte divisioni aziendali interloquiscono con il cliente finale nelle diverse fasi del ciclo di acquisto. Questo presuppone una grandissima capacità d’integrazione tecnologica e organizzativa nonché di analisi, per capire correttamente come si muovono i clienti e poter reagire alle opportunità che si presentano” – dice Comastri. “Attraverso una corretta strategia di terze parti cerchiamo di declinare opportunamente sulle differenti industries il nostro software, che porta agilità e sicurezza nel data center a supporto di business sempre più software based. Ormai non è più un tema tecnologico, ma di business – conclude il top manager -. Oggi qualunque Ceo non può più permettersi di non capire cosa sia la digitalizzazione, altrimenti non capisce come si sta muovendo il proprio mercato”. È l’App Economy, bellezza!