“Ci stiamo sempre più avvicinando a quello che Gartner definisce Digital business, una digitalizzazione che coinvolge le aziende in tutte le loro funzioni, toccando non solo i processi interni, ma anche il modo in cui queste si propongono alla propria clientela e ripensano i propri prodotti e servizi” esordisce Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, in apertura del webcast “Da prodotto a servizio: L’Internet of Things per la trasformazione d’impresa”, organizzato in collaborazione con Solair. “Soprattutto le aziende manifatturiere – prosegue Uberti Foppa – si trovano in questo momento di fronte alla possibilità di poter rendere i propri prodotti, grazie a sensori di ogni tipo, oggetti intelligenti e quindi di generare dati sulla base dei quali diventa possibile ideare, a completamento della propria offerta, nuove tipologie di servizi”.
Ad affiancare il Direttore di ZeroUno, Tom Davis, Ceo di Solair, e Annamaria Di Ruscio, Direttore Generale di NetConsulting, che si sono confrontati sul tema soffermandosi – anche in risposta alle domande e ai commenti che gli utenti hanno proposto – sugli aspetti che di seguito riassumiamo.
Non è più possibile rimandare
Spostarsi verso un business dei servizi dovrebbe ormai rappresentare una priorità per ogni azienda, di qualsiasi dimensione, qualunque sia il core business di cui si occupa: l’evoluzione dell’offerta appare infatti ormai chiaramente orientata in questa direzione. L’Iot, come ha detto Di Ruscio, è già una realtà: “Non stiamo parlando di futuro, ma di volumi di mercato che hanno già oggi una dimensione importante: in Italia il mondo Iot concepito in senso esteso ha un valore di circa 1,4 miliardi di euro, con crescite che contrastano rispetto all’andamento del Global digital market, che, secondo i nostri numeri, è in decrescita anche quest’anno”. Come spiega ancora il Direttore Generale di Net Consulting, secondo le ricerche della società di analisi: “Le imprese stanno iniziando a considerarle l’IoT una opportunità”. Ovviamente, come è stato ricordato, ci sono settori dove il processo è particolarmente avanzato: “In alcuni ambiti, come per esempio nell’automotive – dice Di Ruscio – proporre servizi evoluti in abbinamento ai propri prodotti è ormai una necessità per le aziende che vogliono rimanere sul mercato, ma in ogni settore esiste comunque già oggi una domanda di servizi più o meno forte da parte del mercato”.
Un cambiamento che riguarda tutta l’impresa
Un simile adeguamento in chiave Iot ha un forte impatto su tutti i processi aziendali. Abbracciare un business di servizi significa riorientare la vendita, la produzione, la ricerca, ogni reparto aziendale: cambia il posizionamento sul mercato, cambia il marketing e il modo in cui l’azienda si propone, cambiano anche produzione, progettazione e prototipazione. Come ha spiegato Davis, se posso raccogliere dati per verificare come un prodotto si comporta direttamente sul campo, potrò costantemente riorientare la produzione apponendo dei correttivi; lo stesso concetto di prototipo muta perché il miglioramento del prodotto avviene appunto non solo in fase preliminare, ma anche dopo che è stato commercializzato. “Da questo punto di vista General Electric – ricorda Di Ruscio – ha misurato nell’ordine di migliaia di miliardi i benefici per il proprio comparto industriale in termini di riduzione dei costi dei sistemi di produzione grazie all’utilizzo dei dati provenienti dai prodotti: sfruttare l’Iot e gestire le informazioni per migliorare questo aspetto, è una conditio sine qua non per fare business”.
Big data: tanti dati, ma pochi quelli utili
Raccogliere dati è solo il primo passo; occorre poi avere una buona strategia che determini quali di questi possono avere reale valore, e strumenti di analytics capaci di rielaborarli per trarre le informazioni che servono. Secondo i relatori, in Italia, la competenza sulla gestione e l’analisi del dato va ancora sviluppata: mancano figure capaci di padroneggiare questi aspetti, compito non facile soprattutto se si pensa che, come ha detto Di Ruscio, “siamo nel ‘puro Real time’: quello che qui serve è soprattutto fare analisi predittiva, trarre informazioni che possano indurre tutta una serie di cambiamenti di posizionamento”. E a proposito di big data, Davis invita le aziende a non essere “spaventate dai numeri”: “Della mole di informazioni che si ricevono sono poi poche quelle effettivamente utili: dei dati che una certa lampadina – si immagini qui per esempio il contesto dell’illuminazione cittadina – invia costantemente per informarci del suo stato, solo le eccezioni ci interessano”. Certo, bisogna essere in grado (e quindi avere gli strumenti adeguati per farlo) di discernere le informazioni utili da quelle superflue.
Il ruolo del Cio come guida del cambiamento
Mentre garantisce l’integrazione delle tecnologie che cooperano nella produzione dei servizi, il Cio dovrà affiancare le Lob nella definizione di una strategia di innovazione; non si tratta più solo di fornire gli strumenti adatti, ma di guidare in prima persona questo percorso: “È sicuramente la figura che deve divenire promotrice di questo percorso d’avvicinamento al Digital business – dice Davis – Deve essere sempre coinvolto dalle Lob nella stesura delle strategie e deve lavorare a stretto contatto con il direttore commerciale, perché il modo in cui il consumatore interagisce oggi con l’azienda è ormai quasi sempre digitale e la creazione dei servizi di cui si è parlato rende il suo intervento in fase decisionale fondamentale”. Seguendo lo stesso ragionamento, Di Ruscio invita i Cio a essere i promotori di nuove business case, impegnandosi a capire come il prodotto dell’azienda possa divenire digitale e come poi la macchina retrostante possa rimanere sincrona rispetto a questo cambiamento.