MILANO – “La digital identity nella application economy è molto più di un username e una password: riguarda tutto quello che gli utenti fanno quando usano strumenti digitali”; così ha introdotto il tema Paul Ferron, Director Security Solutions Emea di Ca Technologies all’evento che l’azienda ha di recente tenuto a Milano, durante la quale, anche attraverso una ricerca realizzata dal Ponemon Institute interpellando 3000 manager It e business a livello mondiale, i relatori hanno illustrato che ruolo ha l’identità digitale nel contesto di cambiamento che stiamo vivendo, quanto le aziende ne stanno percependo l’importanza in chiave business e quali sono i fattori che condizionano il comportamento dell’utente.
Rispetto a quest’ultimo aspetto vi è una certezza: tutti si aspettano di poter identificarsi e accedere alle app in ogni momento, in modo semplice; è per questo che il tema del sempre più diffuso Byoid, Bring your Identity (da intendersi come la possibilità di utilizzare, per accedere a vari servizi, un’unica identità digitale o social già esistente) diventa di forte attualità: la ricerca realizzata dal Ponemon Institute è non a caso dedicata in particolare a questo fenomeno. Come ha spiegato Ferron, il Byoid favorisce l’usabilità, riducendo la necessità di creare nuovi account per ciascun sito (operazione che spesso frena l’utente) sfruttando un Identity provider già familiare. Le aziende hanno capito il suo grande potenziale: il 50% dei manager It interpellati e il 61% di quelli delle Lob esprimono un alto livello di interesse; l’identità digitale non è più vista come uno strumento neutro, ma un asset strategico che può incrementare il fatturato e rafforzare il rapporto con i clienti, specialmente nel nostro paese, dove la possibilità di offrire una migliore experience per l’utente è per il 60% del panel il più alto valore che una buona gestione della identità digitale può dare. Un acceleratore alla diffusione del Byoid potrebbe essere la sicurezza: come emerge dai risultati, soprattutto secondo l’It, aumentare i livelli di sicurezza, proteggendo i dati immessi nella fase di autenticazione, darebbe nuovo slancio al fenomeno; in Italia si fa riferimento soprattutto all’autenticazione “Multi-factor” (ovvero che richiede più di una forma di autenticazione per verificare la legittimità di una certa azione, per esempio una password fissa combinata con un’altra temporanea che appare su un hardware in possesso dell’utente), buona soluzione per il 72% dell’It. Sicurezza dunque, ma sempre abbassando il più possibile i livelli di complessità: un buon esempio è offerto da Postecom, ospite all’evento: per accedere ai suoi servizi bancari, assicurativi e postali, il cliente ha un’unica identità digitale; il secondo codice temporaneo necessario all’autenticazione è ora inviato tramite app, e non tramite dispositivo dedicato come prima accadeva, perché lo smartphone, a differenza delle varie “chiavette”, è sempre a disposizione dell’utente. Infine, la privacy: sarà essenziale permettere gli utenti di avere il pieno controllo delle proprie identità; questi, come ha detto Ferron, finiranno infatti per premiare le aziende tanto quanto verrà loro garantita la massima libertà e trasparenza nella scelta delle informazioni da condividere.