Nonostante gli ostacoli culturali, la mobility si prospetta come un’opportunità irrinunciabile che le aziende devono senz’altro cogliere. Secondo una ricerca effettuata da Doxa all’inizio di quest’anno su 1.010 mobile surfer (equamente distribuiti tra Millennials, 18-35 anni, e Baby Boomers, 52-72 anni, per comprendere i differenti comportamenti generazionali) il 50% dei mobile surfer ha già sostituito, o sta gradatamente per farlo, il pc con lo smartphone (con una incidenza maggiore, come è prevedibile, nei Millennials rispetto ai Boby Boomers), ed è ormai una percentuale interessante quella che utilizza lo smartphone non solo per documentarsi, ma anche per acquistare: “Questi due dati – ha sottolineato Guido Argieri, Telco & Media Director di Doxa – indicano che ormai il mobile è entrato nella vita di tutti i giorni e che diventa lo strumento attraverso il quale si compiono sempre più attività. In particolare, le persone che noi definiamo ‘mobile centriche’ rappresentano un terzo del campione”. Inoltre, 6 minuti su 10 di navigazione Internet provengono da smartphone e le app occupano circa il 90% del tempo di navigazione complessivo degli smartphone.
Argieri lancia a questo proposito un campanello d’allarme: “Nonostante i consumatori diano un buon voto (7,3 su 10) alla fruizione dei siti da mobile, il 57% dei mobile surfer negli ultimi 3 mesi ha abbandonato un sito o un’app perché non funzionava o non era sufficientemente veloce”.
Ma l’abbandono può essere determinato non solo da problemi funzionali: al crescere dell’utilizzo del mobile da parte dei consumatori, inevitabilmente aumenta l’attività di advertising delle aziende attraverso lo smartphone e la survey Doxa pone l’attenzione su adv eccessivamente impattanti: “Attenzione al ‘tutto schermo’: che si tratti di banner o, ancora peggio, di video, la pubblicità di questo tipo viene ritenuta estremamente fastidiosa” ha detto Argieri.
“Se i device sono quasi ovunque – ha affermato Paolo Catti Associate Partner di P4I – Partners4Innovation – le app si declinano spesso in progetti one-shot, senza strategie di mobility ad ampio raggio”.
Ma un’iniziativa di successo sollecita le richieste di nuove applicazioni: si innesca una dinamica “senza tregua”, che va gestita. Come? “Attraverso tre leve – ha affermato Catti :
- la user experience per app e device, che se ben curata abbatte i costi di change;
- la governance dei dispositivi attraverso gli strumenti di gestione;
- la sicurezza che sottende all’accoppiata app/store aziendali”.
Il tutto deve trovare un’armonia: il governo non deve imbrigliare l’usabilità, a patto che si preservi la security. Il consiglio di Catti è iniziare dall’esperienza utente per derivare la strategia di governance (“Partendo dalla sicurezza, il rischio è definire un contesto di policy troppo restrittivo a discapito della user experience”).