Mercati

I comportamenti dei mobile surfer. Attenzione alle pubblicità troppo invasive

Il 50% degli utenti mobile ha soppiantato il Pc con lo smartphone e il 34% lo utilizza per effettuare acquisti. Crescono le promozioni offerte via mobile, con un sempre maggiore interesse da parte delle aziende verso il proximity marketing. I consumatori sono però infastiditi da alcune tipologie di pubblicità…

Pubblicato il 27 Feb 2017

Come si comportano gli utenti mobile, i mobile surfer? Quali sono le attività che ritengono irrinunciabili e quali quelle che valutano inutili o peggio ancora fastidiose? Lo smartphone sta sostituendo il Pc? Per tutto o solo per alcune attività? I mobile site o le app vengono utilizzati principalmente per informarsi o sono anche “luoghi” di acquisto? Le offerte geo-localizzate sono apprezzate o considerate con fastidio?

Guido Argieri, Telco & Media Director Doxa

Sono alcune delle domande alle quali ha cercato di dare una risposta la ricerca effettuata da Doxa nel gennaio 2017 su 1.010 mobile surfer (equamente distribuiti tra Millennials, 18-35 anni, e Baby Boomers, 52-72 anni, per comprendere i differenti comportamenti generazionali) e recentemente presentata da Guido Argieri, Telco & Media Director dell’istituto di ricerca, al Convegno Mobile: think out of the box, durante il quale sono anche stati presentati i dati dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

Il livello di penetrazione del mobile e le funzionalità attive

Il 50% dei mobile surfer ha già sostituito, o sta gradatamente per farlo, il Pc con lo smartphone (con una incidenza maggiore, come è prevedibile, nei Millennials rispetto ai Boby Boomers), ed è ormai una percentuale interessante quella che utilizza lo smartphone non solo per documentarsi, ma anche per acquistare (figura 1): “Questi due dati – ha sottolineato Argieri – indicano che ormai il mobile è entrato nella vita di tutti i giorni e che diventa lo strumento attraverso il quale si compiono sempre più attività. In particolare, le persone che noi definiamo ‘mobile centriche’ rappresentano un terzo del campione”.

Figura 1 – Utilizzo dello smartphone rispetto al PC e per effettuare acquisti – Fonte: Doxa, 2017

Inoltre, 6 minuti su 10 di navigazione Internet provengono da smartphone e le app occupano circa il 90% del tempo di navigazione complessivo degli smartphone (Google e Facebook le più gettonate, occupando quasi la metà del tempo totale di navigazione).

E veniamo ora ad alcune funzionalità specifiche del mobile, tra la connessione WiFi e quella Bluetooth risultano sempre attive rispettivamente per il 68% e il 19% del campione; la geo-localizzazione viene invece lasciata sempre attiva per il 37%.

Ci sembra importante soffermarci su questo punto perché WiFi e geo-localizzazione sono funzionalità alle quali le aziende guardano con sempre maggiore attenzione per entrare in contatto con i consumatori mobile anche se, per il momento, sono ancora relativamente poco sfruttate (e lo è sicuramente più la seconda che non la prima). La connessione WiFi può per esempio rappresentare il cavallo di Troia attraverso il quale i retailer possono rispondere a una delle sfide che la trasformazione digitale loro impone:  riuscire a offrire un’esperienza digitale accattivante anche all’interno del negozio. Grazie alla possibilità di collegarsi come ospite alla rete WiFi del negozio, il consumatore può essere accolto da un portale di benvenuto e può ricevere offerte specifiche, proposte di sconti personalizzati ecc.; le aziende, dal canto loro, possono monitorare il flusso dei clienti all’interno del negozio, tracciare i loro movimenti, vedere i prodotti che attraggono maggiormente la loro attenzione ecc. Insomma un potenziale importante in termini di marketing e infatti, secondo Maravedis Research (società di analisi specializzata in infrastrutture wireless), entro il 2020 ben 100 milioni di access point offriranno servizi di guest Wi-Fi, per un mercato complessivo di 25 miliardi di dollari.

Figura 2 – Motivazioni per il mancato utilizzo di alcune funzionalità dello smartphone – Fonte: Doxa, 2017

La geo-localizzazione rappresenta la componente principe del proximity marketing; se è disattivata non vi è possibilità di ingaggiare il consumatore che transita nei pressi del negozio o dell’attività che si desidera promuovere.

È quindi interessante vedere le motivazioni in base alle quali queste funzionalità non sono sempre attive (figura 2). In entrambi i casi il problema principale è quello della batteria, ma va notato che, per quanto riguarda la geo-localizzazione, per il 51% dei casi entra in gioco la tutela della privacy.

Figura 3 – Interesse verso la geo-localizzazione a fronte dell’offerta di servizi – Fonte: Doxa, 2017

La survey Doxa ci dice però che, sebbene quello della privacy sia un tema caldo (su una scala da 1 a 10, in media il consenso al tracciamento della navigazione per offerte mirate raggiunge 5,4 e quello al tracciamento degli spostamenti per avere offerte e messaggi mirati è 4,9), cresce l’interesse per offerte geolocalizzate (figura 3), anche se Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, mette in guardia dall’eccessivo ottimismo che questi dati possono suscitare:  “Se anche Il 22% e il 47% affermano di gradire rispettivamente molto e abbastanza il fatto di ricevere offerte passando accanto ai negozi, ho la sensazione sia un dato che derivi anche dal fatto che a oggi non sono moltissime le attività di proximity marketing messe in atto. Penso che questo atteggiamento positivo potrebbe correre il rischio di un’inversione di tendenza qualora le aziende eccedessero in questo tipo di comunicazione”.

Mobile user experience: cosa va e cosa no

Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy

Questa considerazione di Valsecchi apre un altro tema affrontato dalla suvery, ossia qual è la riposta degli utenti alle attività mobile delle aziende. Argieri lancia subito a questo proposito un campanello d’allarme: “Nonostante i consumatori diano un buon voto (7,3 su 10) alla fruizione dei siti da mobile, il 57% dei mobile surfer negli ultimi 3 mesi ha abbandonato un sito o un’app perché non funzionava o non era sufficientemente veloce”.

Ma l’abbandono può essere determinato non solo da problemi funzionali: al crescere dell’utilizzo del mobile da parte dei consumatori, inevitabilmente aumenta l’attività di advertising delle aziende attraverso lo smartphone e la survey Doxa pone l’attenzione su adv eccessivamente impattanti (figura 4): “Attenzione al ‘tutto schermo’: che si tratti di banner o, ancora peggio, di video, la pubblicità di questo tipo viene ritenuta estremamente fastidiosa”, ha detto Argieri.

Figura 4 – Reazione degli uenti alla pubblicità su mobile – Fonte: Doxa, 2017

E a questo proposito ricordiamo che il fenomeno degli Ad blocker (software che viene installato con l’obiettivo di rimuovere gli annunci pubblicitari dalle pagine visualizzate) è in crescita: in un White Paper pubblicato lo scorso anno da Iab Italia si legge infatti che a livello mondiale sono 198 milioni gli utenti con un Ad blocker attivo (tasso di crescita del 41% rispetto all’anno precedente): “La situazione sui dispositivi mobili (smartphone e tablet) – precisa Iab Italia – diviene ancor più esasperante: oltre alle motivazioni che spingono a installare Ad blocker sui desktop, gli utenti li installano sui dispositivi mobili anche per migliorarne le performance, per limitare il consumo di traffico dati, il risparmio energetico della batteria e per la ristretta dimensione dello schermo”.

La survey Doxa rileva poi un forte interesse verso il Mobile Wallet, ossia la possibilità di disporre di un’unica app per gestire coupon, buoni sconto, carte fedeltà, biglietti di eventi o trasporti ecc.: a fronte del 27% e del 41% che hanno risposto “sicuramente sì” e “probabilmente sì”, solo il 4% ha dichiarato un “sicuramente no”.

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