MILANO – “Enterprise Mobility Management in Italia”: questo il titolo dello studio curato da The European House Ambrosetti, recentemente presentato da Citrix (che ha commissionato lo studio). Il rapporto Ambrosetti raccoglie le visioni di 24 Cio di grandi aziende italiane: le 4 maggiori banche, 2 fra le maggiori assicurazioni, 2 ministeri, la Presidenza del Consiglio, il Senato della Repubblica, Regione Lombardia, Comune di Milano, oltre a Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, Telecom Italia, e a nomi come Fiat, Enel, Eni, Finmeccanica, Lottomatica, Nestlè Italia, Tnt Post, Saras, Sea.
La foto di gruppo del campione di queste aziende non è entusiasmante. Il peraltro notevole potenziale di consumerizzazione costituito dalla diffusione di smartphone e tablet presso i dipendenti è indiscutibilmente ancora sottoutilizzato. Significativo il raffronto tra i due motori della penetrazione dei dispositivi mobili, quello spontaneo e quello ad iniziativa aziendale, sia pure limitato ai soli smartphone (tablet e palmari esclusi): almeno 5 dipendenti su 10 possiedono uno smartphone in tasca, ma la spinta all’utilizzo di smartphone aziendali, cioè il numero di device di cui le aziende del campione dotano i loro dipendenti non arriva al 10%. Insomma, le Grandi Aziende “trascurano una risorsa aziendale immediatamente disponibile”, accessibile a metà dei loro dipendenti, a capex zero, con il loro semplice benestare.
C’è a monte uno sbarramento culturale ancora molto forte nei confronti di politiche di Byod: l’iniziativa Byod è adottata solo dal 12% delle grandi aziende (4 su 24 del campione), mentre in ben 10 è “vietata o non presente” e in altre 10 è “tollerata, ma non normata ed è comunque limitata”. Una resistenza non del tutto ingiustificata, stante il rischio percepito di introdurre “varchi nella sicurezza dei sistemi aziendali” e soprattutto “il quadro giuslavoristico incerto” che alimenta il timore che “autorizzare il dipendente a utilizzare un suo strumento per finalità aziendali porti a rivendicazioni e conseguenti costi per l’azienda”. Assai meno giustificabile invece è la persistente “cultura del dispositivo mobile come status symbol” anziché come strumento di lavoro. Una cultura figlia delle “scelte verticistiche” in cui tutte le 24 aziende del campione mettono uno o più dispositivi mobili (leggi smartphone e tablet) a disposizione dei vertici e a scendere ne dotano il personale solo “laddove giustificato da ragioni di reperibilità o mobilità”.
Ma il campione dice soprattutto che per la gestione dei dispositivi mobili le grandi aziende italiane sono ancora a un grado di maturità, in media, solo iniziale, sia nell’adozione di soluzioni tecnologiche sia dal punto di vista organizzativo aspetto quest’ultimo, di cui la ricerca evidenzia l’importanza dato che incorporare mobilità nei processi li trasforma e genera innovazione organizzativa. Infatti quasi il 40% degli intervistati non dispone di una soluzione tecnologica per il Mobile Device Management e che, degli altri, solo in quattro sono alla seconda generazione (figura 1).
In termini di servizi disponibili, ben 10 aziende sulle 24 del campione si limitano alla sola e-mail e solo in Intranet. È quello che il rapporto chiama “deserto delle App” per l’utente, paragonato alla ricchezza offerta dal mondo consumer. Delle 14 aziende che vanno oltre l’e-mail, 13 hanno applicazioni gestionali, di consultazione, non dispositive, con possibilità di visionare e talvolta navigare la reportistica dei principali vendor di sistemi Erp o di business intelligence (figura 2).
Solo 10 hanno cominciato ad addentrarsi nel mondo delle App mobili, di processo o complementari al processo. Cioè solo in 10 hanno aperto al percorso (positivo e irreversibile) di innovare i processi operativi capitalizzando sulla mobilità. E solo 3 aziende in tutto hanno inaugurato un loro App store, per una gestione dinamica delle App.
Ma guardando al bicchiere mezzo pieno, ci sono 10 su 24 grandi aziende (circa il 40% del campione) che ha incominciato a ripensare i loro processi in mobilità. Di più, nel corso dell’evento Citrix Mobility 2014, Daniela Rao, Research Director di Idc, ha illustrato una pressione dell’utenza aziendale (Market demand) in Italia addirittura più forte rispetto al resto d’Europa, che fa ben sperare per un rapido recupero nel 2014 (fonte Idc 2013 Western Europe Cio Survey, con 375 Aziende intervistate). Ben il 53% (contro il 42% della media europea) delle aziende italiane presenti nella survey prevede di adottare una politica Byod da adesso ai prossimi 12-18 mesi per ridurre i costi dei dispositivi e del supporto. Quasi in linea con la media europea (49% contro 52%) la motivazione legata a “produttività e capacità di collaborare”.
La strategia Citrix per la mobility “Da sempre, per cultura e storia, Citrix mira a rispettare l’armonia di come le persone vivono e lavorano, piuttosto che forzarle a cambiare il proprio stile di vita per adattarsi a una determinata tecnologia”, esordisce così Massimiliano Ferrini, Country Manager italiano alla tappa milanese del Citrix Mobility 2014, roadshow europeo che l’azienda dedica al tema del mobile. Ferrini afferma con orgoglio che Citrix è il n.1 mondiale in tre nicchie strategiche per la mobilità: virtualizzazione di desktop e applicazioni; supporto alle piattaforme mobili; presenza mobile nei cloud pubblici. Alla radice, spiega nella keynote Philip Redman, Vp Mobile Solutions and Strategy dell’azienda, il differenziatore vincente è l’esperienza mobile offerta dall’infrastruttura software di Citrix: per scelta strategica e capacità di esecuzione, è un’esperienza ubiqua (anywhere, anyplace) e indipendente dal tipo di dispositivo mobile e dal vendor relativo (any device). E questo diventa il primo di tre mantra. “L’any-ness è vincente”, afferma Redman, ed è il principio in virtù del quale Citrix osserva l’agnosticismo più rigoroso nel Byod: supportare – non dettare – la configurazione di dispositivi-piattaforme-applicazioni utilizzati da clienti e dipendenti. Il secondo mantra, “semplice è meglio”, dà atto che l’esperienza mobile deve consentire di “poter operare con una mano – dice ancora il Vice president Citrix – e nel modo più intuitivo possibile mascherando all’utente le complessità infrastrutturali e la molteplicità di tecnologie sottostanti”. È quello che Redman chiama il WorkCloud: “L’utente Citrix vedrà sempre e solo soluzioni: di comunicazione (GotoMeeting), di condivisione di contenuti (ShareFile), di mobilizzazione delle applicazioni (far girare un’applicazione Windows 7 o 8 ottimizzata in ambiente mobile). E avrà sempre una esperienza consistente tra diverse piattaforme supportate”. Redman spiega che l’infrastruttura Citrix si ispira a “una strategia di virtualizzazione end-to-end” che fa leva sull’ipervisore open Xen: XenApp, componente dell’ipervisore per le App, rende a queste “fluido” l’ambiente mobile, evitando l’altrimenti inesorabile “lock-in” del sistema operativo sul quale sono state sviluppate (Android, iOs, Windows, Rim di Blackberry, Symbian). XenMobile assicura il supporto a qualunque dispositivo mobile, così come XenDesktop per qualunque dispositivo fisso ha fatto da motore alla virtualizzazione del desktop. In più, sottolinea Redman, la piattaforma Xen è integrata con Netscaler, che offre funzionalità di management e di sicurezza pienamente scalabili ed integrabili con i sistemi enterprise. Il terzo mantra lo spiega Massimiliano Grassi, Marketing Manager, Citrix Italia: “il lavoro non è un luogo”, sottende l’idea che vanno supportati tanti stili di lavoro in mobilità, quanti i vari possibili dispositivi consentiranno; in funzione di ciò che l’utente deve fare, o per esempio della semplice disponibilità di una keyboard grande (tablet), o piccola (smartphone). In termini generali, un determinato Mobile Workstile che Citrix gestisce combina tre fattori: una Workplace Reinvention in mobilità; una trasformazione del workflow nel nuovo contesto (Workflow Transformation); e l’obiettivo costante di ingaggiare chi sul mobile lavora (WorkForce Engagement). In definitiva la visione del WorkCloud è “far lavorare in cloud” i posti di lavoro mobili, dopo quelli fissi. Con una metafora implicita che possiamo leggere così: come i server fisici sono stati virtualizzati con un ipervisore open (Xen), diventando un insieme di Virtual machine nel cloud, così i WorkPlace mobili vengono virtualizzati con XenMobile, diventando delle Work machine nel cloud, un WorkCloud appunto. |