MILANO – “Let’s take the internet to the next phisical level”, è l’appello di Vint Cerf nel suo intervento in occasione del Forum Mondiale Internet of Things (IoT) organizzato da Ieee (Institute of Electrical and Electronics Engineers). Cerf, considerato uno dei padri di Internet avendo definito, con Bob Kahn, il protocollo Tcp/Ip e oggi Vice Presidente e Chief Internet Evangelist di Google, non ha dubbi sul formidabile impatto che l’IoT avrà sulle persone e sull’economia, paragonabile a quello che ebbe Internet. L’evoluzione verso la più recente versione IPv6 è una delle condizioni perché si affermi: “In una rete con decine di termination points, abbiamo bisogno ovunque di IPv6 – ha sostenuto – L’IPv6 è la chiave del successo dell’IoT, dal supporto agli indirizzi, alla sicurezza e la privacy ed è essenziale per il suo sviluppo.”.
Ma ci saranno altri importanti cambiamenti in tutti gli ambiti tecnologici, come ha sottolineato Patrick Wetterwald, Ctao [Chief Technology and Architecture Officer, ndr] IoT Standards and Architecture di Cisco, oltre che fondatore e primo presidente di Ipso Alliance (la mission dell’Alliance è creare una piattaforma e un sistema a supporto dell’Iot che includa librerie, repository, kit di progettazione e consapevolezza nel settore sulla necessità di standard e interoperabilità). Si va dalle architetture agli standard, dall’indirizzamento alla sicurezza, dalla bassa potenza al wireless. Niente resterà come prima.
Gli aspetti principali sono stati articolati nelle tre giornate del Forum, sia attraverso le conferenze dei ricercatori sia attraverso momenti di discussione su temi come la standardizzazione, il rapporto fra evoluzione dell’IoT e Big data/analytics, l’impatto delle soluzioni per il manufacturing in chiave industry 4.0, con focus su industry come l’automotive, i nuovi paradigmi per la sicurezza e la privacy, la dialettica fra architetture cloud in una logica centralizzata e l’intelligenza distribuita localmente in una logica fog computing [un paradigma di computing che, distribuendo l’intelligenza nella rete, estende i servizi cloud verso la periferia della rete, per avvicinare il più possibile tali servizi agli utenti finali, ndr]. Su quest’ultimo aspetto, un importante messaggio che arriva dal Forum è che anche l’architettura cloud più avanzata e distribuita non sarà in grado di gestire le esigenze di dati e comunicazioni tipiche dell’IoT.
L’intelligenza distribuita nella rete
Wetterwald, ha motivato nel suo intervento le molteplici ragioni a favore di un’intelligenza distribuita che vanno dalla grande quantità di dati, alla necessità di circuiti di controllo locale; dal supportare il provisioning agile delle applicazioni, al costo elevato della banda a fronte di bassi costi di elaborazione locale; fino alla necessità di tempi di risposta inferiori ai millisecondi. Visto che l’architettura tradizionale che connette gli end point con il data center o il cloud, attraverso la rete core, non è in grado di soddisfare i requisiti dell’IoT, subentra l’architettura fog, basata su intelligenza ed elaborazione locale.
La comunicazione (intesa come trasmissione dei dati), dovrebbe, secondo Roberto Minerva, Research Coordination di Telecom Italia Lab, capire il ruolo di terminali e device e, sfruttando l’intelligenza locale per un primo livello di elaborazione, mettere in rete per trasferirle a livello centrale, solo le informazioni e le funzioni di valore. D’altra parte, il fatto che Intel abbia annunciato che la connessione wi-fi sarà parte integrante di qualunque microprocessore, fa ipotizzare una connettività integrata di default. “Siamo pronti a gestire miliardi di oggetti intelligenti e indipendenti?” si è chiesto Minerva, che ha proseguito: “Questi non possono essere gestiti in modo tradizionale [con un intervento umano, ndr: ] ma serve un’evoluzione verso sistemi che si configurino in modo autonomo e si autorganizzino, utilizzando, per gestire reti di reti complesse e dinamiche; ad esempio la teoria dei giochi [Teoria matematica che intende descrivere la scelta razionale dei giocatori (individui, famiglie, imprese,…) in situazioni di interazione strategica, cioè in situazioni in cui il comportamento di un giocatore può influenzare il comportamento e/o il benessere di un altro giocatore, ndr] per sistemi altamente distribuiti”. Più in generale, conferma Wetterwald, IoT richiede innovazione e nuovi paradigmi non solo in termini di comunicazione, ma in termini di real time, nonché: l’adozione di reti deterministiche; intelligenza distribuita (garantita dal fog computing); reti che auto-apprendono, grazie a soluzioni di reti intelligenti; elaborazioni dei dati grazie agli analytics.
A favore della intelligenza distribuita anche le analisi nell’ambito del controllo del traffico, dove comunicazione vehicle-to vehicle (V2V), oltre a migliorare la sicurezza e aiutare la gestione del traffico, è una delle condizioni anche per la diffusione delle auto senza pilota. “L’approccio distribuito è un ottimo complemento alla supervisione centralizzata, basata sull’Internet cloud – spiega Mario Gerla, professore del dipartimento di Computer Science della Università di California, che su queste tematiche ha sviluppato le sue ricerche – Le automobili stanno evolvendo per diventare piattaforme IoT”. E infatti già si parla dell’Internet e di cloud dei veicoli, per i quali, al momento, una delle principali criticità è la definizione di protocolli e standard condivisi dai produttori di auto.
L’impegno dell’Europa e l'Alliance for Internet of Things Innovation
Segnaliamo su questi temi l’impegno dell’Europa che con Aioti (Alliance for Internet of Things Innovation) punta alla leadership nel campo IoT a partire dalla creazione di un ecosistema europeo. Ne fanno parte, insieme a Pmi e startup, grandi vendor di diversi settori, fra cui Alcatel, Bosch, Cisco, Ibm, Intel, Samsung, Schneider Electric, Siemens, STMicroelectronics, Telecom Italia, Vodafone. L’agenda europea in questo campo, prevede, dopo la creazione di un ecosistema, di andare sul mercato nel 2016-17, sperimentando le soluzioni su larga scala.
Nel programma giocano un ruolo fondamentale gli standard per realizzare l’interoperabilità, fondamentali per i benedici previsti ai cittadini e all’industria. “Nel passaggio da Fp7 a Horizon2020 il ruolo giocato dagli standard è aumentato di un fattore 3”, ha dichiarato Gèrald Santucci, responsabile della unità della Commissione Europea Dg Connect, Knowledge sharing. “C’è una grande differenza – ha spiegato – fra limitarsi a collegare un dispositivo a Internet e creare effettivamente un framework attraverso il quale tutti i dispositivi possono essere indirizzati. La frammentazione di protocolli e standard è il principale ostacolo a una più ampia adozione a livello industriale”.
Il compito è tutt’altro che semplice visto che implica l’impegno su più livelli: quello della connettività dei dispositivi, del trasporto (Ip, non Ip e Internet), dei dati, di aree specifiche (wearable, mobilità e veicoli, smart home, smart city.
In conclusione sono tre i pilastri su cui si fonda l’evoluzione dell’IoT, sintetizzati da Cerf:
- la gestione dei dati e dell’identità dei sistemi IoT, indipendentemente dai produttori di hardware e di software;
- l’adozione di open standard così da garantire interoperabilità e modularità;
- lo sviluppo e la ridefinizione di nuovi paradigmi di interazione fra persone e dispositivi visto che le tastiere saranno usate sempre meno.
Per maggiori informazioni: IoT, il mercato in Italia e gli strumenti del fare