Il mercato della Mobile Enterprise, inteso come la spesa delle imprese per soluzioni digitali che favoriscono la mobilità dei dipendenti, nel 2014 vale circa 2.200 milioni di euro (con una crescita del 18% rispetto all’anno precedente) e si stima arriverà a superare i 3.300 milioni nel 2017, con una crescita del 53% in 3 anni. Il valore del recupero di produttività nelle aziende legato all’adozione di dispositivi Mobile a supporto dei dipendenti si stima attorno ai 10 miliardi di euro nel 2015.
“Il problema – afferma Marta Valsecchi, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Enterprise della School of Management del Politecnico di Milano nel corso della presentazione dell’11° rapporto, effettuato su un campione di 351 piccole e medie aziende italiane – è che una Pmi su 4 non ha ancora introdotto in azienda alcun mobile device, né notebook, né smartphone, né tablet, e solo il 25% ha già introdotto mobile biz-app a supporto dei propri processi di business: il 60% inoltre dichiara di non aver alcun interesse né esigenza di introdurre app”.
“La limitata diffusione di soluzioni Mobile Enterprise nelle Pmi è dovuta anzitutto a budget dedicati all’Ict molto limitati e in contrazione da anni, spesso in grado di coprire solo i costi di manutenzione. Inoltre in quasi due Pmi su tre manca (ancora) una vera e propria direzione It che governi e stimoli i progetti di innovazione e sappia cogliere le opportunità della mobility per il proprio business”.
Device (non) utilizzati
Nello specifico dei dati rilevati dalla ricerca, con riferimento alle tipologie di dispositivi mobili presenti nelle Pmi, è interessante notare che a fronte di un 61% che utilizza già un notebook, il 34% dichiara di non aver alcun interesse all’utilizzo né a medio né a lungo periodo. Questo disinteresse aumenta rispetto a un utilizzo futuro di smartphone e tablet: in media quasi la metà delle Pmi dichiara che non ha alcuna intenzione di adottarli.
Per quanto riguarda i sistemi operativi adottati sui tablet, il 54% ne ha scelto uno solo, altri due o più, ma un quarto delle aziende non ha invece ancora scelto alcun sistema operativo di riferimento. Tra tutte quelle che hanno scelto uno o più sistemi, il gioco è guidato da Android (59%) e iOS (46%), segue WindowsMobile (22%) mentre solo l’1% adotta Rim-Blackberry. In circa sei Pmi su dieci sono già state introdotte (o lo saranno nel medio periodo) policy che permettono ai dipendenti di usare il proprio dispositivo personale per attività lavorative, il cosiddetto ‘Bring Your Own Device’: il resto delle Pmi non ha per ora intenzione di adottarne alcuna.
Poco interesse per le Mobile Biz-App
Limitato l’interesse delle Pmi per le mobile business app: a fronte del 25% che le adotta già e del 15% che intende farlo nel breve-medio periodo, il 60% dichiara di non aver alcuna intenzione per soluzioni di questo tipo a supporto dei processi di business. È interessante notare come invece, nel mondo delle grandi e medio-grandi imprese (come rileva un’analisi analoga condotta su realtà di grandi dimensioni), la percentuale di attuale adozione delle Mobile Biz-App sia del 51% e solo in una big industry su dieci non c’è alcuna intenzione di adottarle.
Le motivazioni addotte dalle Pmi che non adotteranno mobile biz-app sono molto chiare: la maggior parte non ne percepisce in alcun modo la necessità, per una quota minore mancano le risorse economiche. Nell’ambito delle Pmi cha hanno invece adottato o adotteranno a breve mobile biz-app (figura 1) i benefici percepiti vedono al primo posto la possibilità di recuperare efficienza sui processi coinvolti; alta anche la percentuale di aziende che pensa di poter essere percepita dai propri clienti come realtà innovatrici. Sempre tra questo gruppo di Pmi, l’indagine rileva la crescita dal 2013 al 2015 del numero di aziende che utilizzeranno come fornitore di mobile biz-app piccole software house, ma è anche cresciuta notevolmente la percentuale di Pmi che faranno riferimento a grandi system integrator.
Enterprise Mobility Management Platform, questa sconosciuta
Alla domanda se ‘nella sua azienda è presente una piattaforma con funzionalità di deployment, aggiornamento automatico centralizzato e controllo degli accessi per le business app’, in sostanza una Enterprise Mobility Management Platform, il 56% delle Pmi del campione ha risposto che non esiste, il restante ha dichiarato che esiste con tutte le funzionalità di gestione o che esiste sì una piattaforma, ma solo per alcune attività di gestione. Anche in questo caso è rilevante il confronto con la survey nel mondo delle grandi e medio-grandi imprese: il 71% dichiara di aver introdotto una Platform, il restante la introdurrà a breve o nel medio periodo e solo il 6% non ne per ora alcuna intenzione.
Il futuro? Sempre ancora poco Mobile
Il quadro generale di come le Pmi intendono lavorare sui temi del mobile è delineato da un’ultima slide (figura 2) presentata da Valsecchi. E non è un quadro molto positivo perché nel corso degli ultimi anni e per il prossimo futuro, peggiora il grado di priorità che le Pmi intendono dare a investimenti Ict a supporto della Mobility.
Nella figura infatti si può vedere come aumenta il livello di ‘priorità bassa’ tra il 2014 e le indicazioni per il 2017 mentre rimane stabile la ‘priorità alta’, intorno al 7%. “La gran parte delle Pmi italiane – spiega Valsecchi – è ‘ferma al palo’, non ha sperimentato la Mobile Enterprise e non ne percepisce l’esigenza, ma la mobility come paradigma della digitalizzazione è una scelta strategica per essere competitive”.
Casi di successo di Enterprise Mobility: Hera, Creval e Revello
Nel corso della presentazione dei dati sono stati illustrati tre casi di aziende che della Mobility hanno ormai fatto un paradigma: Hera (multiutility di servizi energetici, idrici e ambientali), Creval Sistemi e Servizi (nuova denominazione di Bankadati, il Consorzio Operativo del Gruppo Credito Valtellinese che si occupa di Ict, organizzazione e back office), e Revello (fornitura di prodotti e servizi per l’odontoiatra e l’odontotecnico).
“Per Hera il concetto di mobility è ormai parte del Dna. Mobility – sottolinea Piera Fasoli, Direttore Sistemi Informativi – ha significato un efficientamento dei processi interni e la possibilità di coinvolgere i clienti e i cittadini in modo diretto. Le app mobile implementate dal Gruppo hanno tutte un denominatore comune: dialogano alla perfezione con i processi e i sistemi di gestione. È questo il requisito fondamentale imprescindibile per non vanificare l’efficienza dell’industrilizzazione”.
In Creval si è iniziato a parlare di mobility da molti anni e oggi le soluzioni applicative coprono completamente i settori della multicanalità, della firma grafometrica, ma ancor più importante tutto il campo della consulenza e assistenza a distanza. “Con il progetto Abc Mobile – sottolinea Alberto Fiorino, Responsabile della Direzione Organizzazione e Progetti per l’innovazione – si è dato vita a uno sportello in mobilità, un contenitore di funzioni che cresce nel tempo. Sugli smartphone a disposizione del personale vengono offerte funzioni di natura informativa e a presidio dei rischi operativi relative alla posizione dei clienti, ai conti correnti, alle autorizzazioni in sospeso, tutti eventi che in passato avrebbero richiesto un’autorizzazione da desktop e quindi la presenza fisica di un responsabile in agenzia”.
Revello parla di sè come di una Mobile Company grazie al parco smartphone a disposizione del personale di pre-sales e sales, dei manager e naturalmente dei tecnici che operano sul territorio. Matteo Quagini, Cio della società, sottolinea come “l’approccio Smart – Strategia, Managerialità, Allineamento (cultura e formazione), Reingegnerizzazione (dei processi), Tecnologia – adottato ci ha portato ad essere una vera Mobile Company e ha permesso di ottimizzare tutte le attività, dall’inserimento degli ordini, alla maggior precisione degli stessi (inteso come errori medi per riga), dalla diminuzione dei tempi di stipula degli ordini/contratti e quindi a una migliore gestione del budgeting”.