“Ops, non ci avevamo pensato” non lo potremo più dire, ora che gli esperti del MIT lo hanno evidenziato. Il computer dei veicoli autonomi diventerà una fonte di CO2 che potrebbe superare, per emissioni, i data center nel 2018. È uno studio che lo dice, è una proiezione con tanti “se” e tanti “ma”, è un alert da prendere in considerazione adesso perché adesso c’è il tempo di lavorare fianco a fianco con l’automotive, per raddrizzare la rotta.
Una sfida interessante, quella lanciata sui veicoli autonomi, e che riguarda tutto il mondo delle tecnologie emergenti. Potrebbe essere necessario monitorare meglio e prima i loro costi nascosti in carbonio, nell’ipotesi che vengano adottate in massa? Sarebbe un requisito “pesante” ma essenziale per evitare che ogni innovazione emergente provochi un’emergenza insostenibile a livello globale.
Orizzonte sfuocato ma cupo, se tutti vorranno la guida autonoma
Quello che ha analizzato il trio di ricercatori del MIT è il costo nascosto in carbonio dei veicoli a guida autonoma. In particolare, del computer di bordo. Il bilancio complessivo potrebbe essere esorbitante, pari, se non oltre, a quello di un paese come l’Argentina. Per realizzare questa proiezione, il MIT ha ipotizzato un’autonomia di livello 4 o 5, un’aggressiva riduzione dei costi e un’elevata soddisfazione dei clienti: tutti presupposti fondamentali per conquistare fino al 95% della quota di mercato entro il 2050. Se così fosse, oggi ideando veicoli autonomi bisognerebbe pensare a un miliardo di persone che li guiderà in media un’ora al giorno, utilizzando un computer che consuma 840w. È in questo scenario estremo che supererebbero i data center, ma anche in altri più moderati, il futuro dei veicoli autonomi non sembra migliorare di molto.
Appare quindi necessaria una svolta nell’automotive, anche se chi vuole trovare una scusa per tirare dritto può far leva sulle numerose incertezze insite nello studio. I suoi stessi autori ammettono la complessità del fare proiezioni su tecnologie ancora emergenti, quindi in piena evoluzione. Molte sono infatti le incognite da considerare, dall’adozione reale di sistemi di guida autonoma, all’autonomia di livello 4 e 5, fino agli algoritmi utilizzati per calcolare la potenza di computing.
Tanti compromessi, manca vera innovazione green
Sempre dal MIT arriva anche un messaggio incoraggiante: oggi abbiamo ancora tempo per agire e aiutare il settore dell’automotive a disegnare un percorso più green. Gli altri possibili rimedi tuttora immaginabili e realizzabili, sono compromessi più che rivoluzioni sostenibili.
I computer di bordo potrebbero limitare la propria potenza per l’elaborazione (sotto gli 1,2 kW) ma non tanto da pesare sulle emissioni del veicolo stesso. L’hardware specializzato potrebbe ridurre la complessità dell’hardware del computer di bordo e ridurne il costo energetico, ma tenendo conto dei cicli di vita di entrambi e del software, molto diversi.
Miglioramenti potrebbero essere implementati anche a livello algoritmico, di alimentazione dei sensori e di costruzione dei veicoli stessi. Tutti aggiustamenti e limature, apprezzabili ma non decisivi. Servirebbe una innovazione disruptive e, soprattutto, la convinzione di voler progettare veicoli autonomi più efficienti e con una minore impronta di carbonio fin dall’inizio.