La stampa 3D ha esordito oltre 10 anni fa accompagnata dalle speranze di molti di una rivoluzione nel campo del design come del manufacturing, della medicina, dell’arte e in molti altri settori. Speranze che ancora pochi coltivano, ma che oggi potrebbero finalmente diventare realtà grazie alla matematica e all’IoT. E grazie a un gruppo di ricercatori e scienziati provenienti da Stati Uniti e Grecia, uniti nel risolvere il problema “bloccante” di questa tecnologia: i lunghi aggiustamenti richiesti dai macchinari in caso di cambiamento del supporto stampato.
Dai dati parametri “universali” per stampare con tutto
Finora il settore innescava una sorta di processo di trial and error ma il Center for Bits and Atoms (CBA) del MIT, il National Institute of Standards and Technology (NIST) e il National Center for Scientific Research (Demokritos – Grecia) hanno cercato un’alternativa più agile e sembra proprio che l’abbiano trovata. Poche settimane fa, infatti, hanno illustrato un metodo che riduce notevolmente il tempo necessario per adattare i dispositivi all’uso di materiali diversi. Senza fare alcuna discriminazione.
Si parte dai dati. Bastano quelli di una “classica” stampante 3D, per acquisirli e fornire feedback durante il funzionamento. Monitorando vari strumenti come l’estrusore, quello che spinge il materiale, quello che lo scioglie e quello che spruzza sull’oggetto da stampare, si ottiene infatti ciò che serve per conoscere la pressione esercitata sul materiale di stampa, lo spessore dell’alimentazione e la velocità effettiva con cui viene alimentato attraverso la stampante. Da queste informazioni, identificare i parametri per “trattare” un nuovo materiale è stato un attimo, per i ricercatori coinvolti. È bastato puntare su una funzione matematica che sfruttasse l’algoritmo di Levenberg-Marquardt.
Via libera alla svolta green della stampa 3D
Comunemente usato per ottimizzare funzioni, questo algoritmo fa il suo lavoro anche per il processo di stampa a filamento fuso (FFF). Anche se si sceglie di utilizzare un nuovo materiale. Lo fa in automatico, in modo da non dover più di utilizzare parametri diretti molto lunghi e complessi da mettere a punto ed eventualmente modificati.
Con il nuovo metodo, infatti, si “capisce” la fenomenologia della FFF dai dati raccolti quando la macchina è in azione e se ne ricavano velocemente e direttamente i parametri. Non ne servono set diversi per ogni caso “materico”: un unico set vale per tutte le configurazioni di macchine e materiali, anche per quelli più innovativi e improbabili.
Una vera e propria svolta che sblocca la rivoluzione della stampa 3D rimasta promessa finora incompiuta. Un’opportunità per aprire lo sguardo – e i portafogli – verso tutti i materiali a base biologica e prodotti da fonti sostenibili. Il modo per rendere la stampa 3D più sostenibile.