MILANO – Indipendentemente dall’area sviluppo software, le metodologie Agile e DevOps stanno diventando modelli cruciali da seguire e applicare: lo dimostra l’interesse su questi temi emerso durante uno dei primi incontri di carattere volutamente pratico e operativo, organizzati a Milano, nello Spazio Copernico, da Aused, l’Associazione utilizzatori sistemi e tecnologie dell’informazione. In effetti, chiarisce il presidente Andrea Provini, delle circa 200 aziende associate ad Aused, 150 sono utenti di tecnologia software, e operano soprattutto nei settori dell’industria e dei servizi; meno in ambiti come quello bancario, finanziario o assicurativo.
Who's Who
Andrea Provini
“Si tratta tipicamente di organizzazioni dove i team IT sono ancora legati a metodologie di sviluppo tradizionale, di tipo ‘waterfall’, con tutti i vantaggi e, soprattutto in questi ultimi tempi, gli svantaggi di tale modello, abbastanza rigido rispetto ai moderni, e sempre più dinamici, contesti aziendali” spiega Provini.
Sperimentare su progetti critici
Nell’incontro di Aused, l’interesse dei CIO sul tema Agile/DevOps è nato dalla volontà di capire, anche in queste tipologie di aziende, in quali aree tale approccio di sviluppo possa risultare conveniente e applicabile. E un primo obiettivo è stato contestualizzare il tema, per comprendere non solo a livello teorico, ma anche metodologico, quali fondamentali cambiamenti questo modello comporti in termini di strumenti di sviluppo, regole di progetto e processi organizzativi. Si è cercato insomma (attraverso esempi concreti di aziende che già applicano il metodo Agile/DevOps, per il continuo test del software e la gestione delle versioni) di rendere tali concetti più familiari anche a chi non fa del software il proprio core business, e di stabilire dove e come sperimentarli e applicarli, anche su progetti aziendali più complessi e ‘mission-critical’. Vediamo alcuni elementi.
Ostacoli: più culturali e organizzativi che tecnologici
Premesso che il modello ‘waterfall’ non è più in grado di reggere l’evoluzione dei requisiti richiesti alle applicazioni, e che anche tali realtà imprenditoriali sentono una forte pressione al cambiamento, Provini spiega: “In prima battuta, il problema che ha preoccupato tutti è quale infrastruttura di server, tool software, motori di gestione delle versioni, sia richiesta per attuare nella propria azienda le metodologie Agile e DevOps. Questo però è stato solo il primo impatto, perché poi gran parte della discussione si è incentrata sui cambiamenti di ruoli e responsabilità che l’introduzione di queste metodologie induce nei processi organizzativi”.
In altre parole, occorre portare i professionisti dell’IT e gli sviluppatori utenti delle metodologie DevOps ad acquisire la consapevolezza che un modello di sviluppo continuo del software implica l’adozione di regole organizzative che incrementano il livello di responsabilità di ciascun membro del team. Non si parla più, in sostanza, di un processo in cui una parte del team dà le specifiche e un’altra deve tradurle in una soluzione IT, ma di una metodologia che abitua a sperimentare insieme, correggere più in fretta i difetti, e arrivare in modo più rapido alla soluzione“.
Si tratta insomma di un ‘salto’ culturale che non sempre i team di sviluppo sono disposti a fare, ma che se affrontato con la giusta disponibilità e apertura mentale può trasformarsi in un potente acceleratore delle attività di business.