La sigla ERP, che sta per Enterprise Resource Planning, sarà per sempre ricordata quando si racconterà la storia del contributo che l’Information Technology (IT) ha dato alla modernizzazione dei processi gestionali delle imprese e di tutte le organizzazioni, soprattutto di medie e grandi dimensioni, “permettendo – come ricorda Francesca Saraceni, Ricercatrice senior dell’Osservatorio Cloud&ICT As a service della School of Management Politecnico di Milano – di passare da un modello gestionale pre-esistente basato su un’organizzazione suddivisa in funzioni aziendali caratterizzate da silos informativi, a un modello sempre più orientato a processi che prevedevano una più efficiente comunicazione interfunzionale. Gli ERP hanno permesso, in questo contesto basato ancora su scenari di business prevedibili e processi relativamente statici, di mettere a fattor comune delle diverse funzioni gli stessi dati [anagrafiche clienti e fornitori, prodotti, prezzi, ordini, vendite, acquisti, fatture attive e passive, etc. ndr] e di automatizzare molte procedure di routine”.
Era il breve periodo a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta del secolo scorso. Poi, dalla metà dell’ultimo decennio è scoppiata una rivoluzione digitale in più tempi.
Who's Who
Francesca Saraceni
“La consumerization delle tecnologie – continua Saraceni – ha innalzato il livello di informatizzazione e conseguentemente è aumentata la domanda alle aziende di servizi e prodotti arricchiti di componenti digital (pervasività IT), modificando per sempre le modalità di consumo, ma anche le modalità di interazione e di accesso alle informazioni. In questo scenario gli assunti di business che prevedevano contesti prevedibili e stabili sono entrati in crisi, e così i processi al servizio di tali assunti”. Ricordiamo che i processi, per loro stessa natura, sono prescrittivi, e in virtù di questo la loro automazione (garantita da un ERP) aumenta l’efficienza e la riduzione dei costi delle operazioni di business fintanto che gli stessi processi continuano a rappresentare delle buone prassi (best practice). Nel momento in cui le best practice diventano altre, i processi supportati dagli ERP si possono ripensare, arricchire e ottimizzare nuovamente oppure rischiano di frenare l’innovazione del business di un’azienda.
Da legacy a iERP
Who's Who
Matteo Losi
“La rivoluzione digitale ha trasformato i mercati, le abitudini dei consumatori e la gestione del business da parte delle aziende. – sottolinea Matteo Losi, Head Of Digital Awareness Office, Sap Emea South – Oggi le imprese sono obbligate a ripensare profondamente i propri prodotti e servizi muovendosi in scenari fino a ieri sconosciuti: big data, cloud, social media, industry 4.0, machine learning, robotica. Gli ERP del passato erano stati disegnati per scenari più statici e tradizionali. Oggi a un ERP viene richiesto non solo di continuare a gestire il business in modo efficiente, ma di essere in grado di sfruttare le opportunità offerte dal digitale”, Ciononostante, fa notare Bruno Pagani, Sales Director Infor Italia, “molte aziende, anche di considerevoli dimensioni, ancora ‘resistono’ su sistemi ERP fermi a versioni rilasciate 10 o 20 anni fa, senza la capacità di comprendere appieno quanto ciò costi loro ogni anno in termini di mantenimento di sistemi iper-customizzati e di sforzi per poter adattare queste piattaforme datate ai nuovi processi di business e all’invasione di mobile, digitale e IoT nella vita di tutti i giorni”. Il rischio insito in questa situazione è notevole: “La velocità impressa dall’economia digitale obbliga i sistemi informativi ad adeguarsi altrettanto velocemente”, interviene Sergio Gimelli – ERP, SCM, EPM Solution Consulting Director di Oracle Italia. ”Un gestionale pensato solo cinque anni fa, oggi è già obsoleto in quanto non riesce a seguire il ritmo e il dinamismo imposto dal business”. È però difficile pensare che un’azienda possa, in breve tempo, gettare all’aria un investimento spesso molto impegnativo come quello di un ERP. Quindi se da una parte bisogna, come vedremo più avanti, poter sfruttare i vantaggi di big data, analytics, machine learning, dall’altra è necessario anche, magari attraverso una sapiente mediazione tra on premise e cloud, salvaguardare gli investimenti effettuati.
Who's Who
Massimiliano Ortalli
Ma perché l’ambiente ERP delle aziende ha mediamente fatto fatica (e lo farà ancora per un po’ di tempo) ad adattarsi al mondo del business che cambia così rapidamente all’esterno delle mura aziendali? Una risposta convincente e che approfondisce un punto già ricordato da Pagani (Infor) la fornisce Massimiliano Ortalli, Direttore Divisione Specialist Team Unit di Microsoft Italia: “Molte aziende, e in particolare quelle di medie e grandi dimensioni [un discorso a parte meritano le piccole, che spesso trovano già tutte le risposte alle loro esigenze gestionali nelle funzionalità di suite ERP di software house locali esclusivamente da parametrizzare, ndr] hanno compiuto grandi investimenti in personalizzazioni del software ERP, per far dialogare in modo più specifico e profondo i moduli applicativi del vendor con i loro particolari processi aziendali. Spesso queste aziende hanno, nel corso degli anni, privilegiato gli sforzi in customizzazioni rispetto a quelli di frequenti aggiornamenti delle piattaforme ERP alle ultime versioni introdotte dai vendor, riservandosi, magari, di effettuare importanti update ogni cinque anni”.
Sfide di integrazione fra ERP e best-of-breed
Un’analisi, quella di Ortalli, che risulta coerente con un’altra tesi di Saraceni: “Nei primi anni nell’era ERP, a fronte di assunti di gestione del business, come abbiamo detto, stabili e prevedibili, quello che veniva maggiormente apprezzato delle suite ERP, oltre alla disponibilità di moduli adatti a soddisfare le esigenze di automazione dei processi di routine delle principali funzioni aziendali, era l’integrazione nativa di tutta la suite ERP. Ciò accadeva in quanto gli standard e le modalità di integrazione non avevano raggiunto la maturità e l’evoluzione a cui stiamo assistendo oggi, si pensi alle API, e la gestione delle integrazioni poteva essere particolarmente onerosa e complessa. In questo contesto, dal punto di vista tecnologico, le architetture client-server andavano per la maggiore ed erano sufficienti e gestibili”.
Un primo momento di crisi di questo modello si è avuto quando (spinte anche da fattori quali la globalizzazione dei mercati, l’aumento della competizione sui fronti della domanda e dell’offerta di prodotti, servizi e competenze, la crescita della centralità di clienti sempre più esigenti, meno fedeli e più multicanali) gli ERP installati si sono rivelati non in grado di supportare da soli al meglio determinati processi. “In quel momento – continua Saraceni – si è assistito alla tendenza a cercare di integrare le funzionalità dei sistemi ERP installati con business application di tipo best-of-breed, causando ovviamente un aggravio di lavoro di integrazione per i dipartimenti IT, fra queste applicazioni, e i loro dati, e gli ERP, e i dati di questi. Questo fenomeno ha, dall’altro lato, stimolato gli operatori del canale ICT e i fornitori di piattaforme e soluzioni per l’integrazione, a mettere a disposizione standard e modalità di scambio dati sempre più evolute (es. web services, ecc.). È chiaro che, per supportare questo nuovo ‘ecosistema di applicazioni’, anche il processo di evoluzione infrastrutturale, da on premise ad architetture web oriented, e la diffusione dei paradigmi di virtualizzazione e orchestrazione dell’infrastruttura (SaaS/PaaS/IaaS) hanno giocato un ruolo determinate nella nuova configurazione applicativa in cui si trovano oggi le aziende, che è per l’appunto tutt’altro che monolitica”.
Dalla centralità dei processi alla centralità dei dati
L’utilizzo di un ERP non aggiornato all’ultima versione, integrato con applicazioni best-of-breed via web service e infrastruttura di virtualizzazione (o private cloud), o l’impiego di un ERP di ultima generazione del vendor (on-premises o SaaS), sono oggi due modelli da soli non sufficienti a soddisfare le nuove esigenze IT imposte dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione del business. Ecco emergere l’esigenza dell’iERP (ossia intelligentERP).
“Per competere meglio – afferma Ortalli – le aziende non possono più limitarsi ad analizzare i dati memorizzati nei propri ERP provenienti dai processi tradizionali. Devono farlo anche nei confronti di dati, e sempre di più, big data, che si generano nel mondo esterno, che riguardano le attività dei competitor o i sentiment dei potenziali clienti che sono dispersi nei social media”. “Con l’iERP – conferma Saraceni – si passa dalla centralità dei processi, tipica nell’era ERP, alla centralità dei dati”. Dati che non sempre si trovano nei database degli ERP, o devono trovarsi lì, perché non sono necessari agli scopi dell’ERP core.
iERP, come del resto è implicito nell’aggettivo Intelligent, significa innanzitutto aggiunta di intelligenza. Il che vuol dire capacità di aggregare big data attraverso molteplici applicazioni e analizzarle attraverso algoritmi di machine learning. “In Oracle – esemplifica Gimelli – parliamo di applicazioni in cloud già dotate al loro interno di funzionalità di adaptive intelligence, che significa dotate di algoritmi di intelligenza artificiale e di machine learning che imparano dallo storico dei dati, ma anche in grado di fare analisi in real time per suggerire azioni di business ad hoc”.
Who's Who
Sergio Gimelli
“Un ERP intelligente – interviene Losi – consolida gli elementi interni ed esterni in un’unica struttura live e semplificata da una piattaforma di in-memory computing. Sap S/4Hana si basa sulla piattaforma Sap Hana in grado di abilitare processi in tempo reale. Poi grazie alle capacità di gestione dei Big Data, sempre di Sap Hana, il nostro i-ERP fa leva sugli algoritmi di machine learning e deep learning per automatizzare i processi ripetitivi incrementando la produttività, per esempio nelle fasi di riconciliazione nella tesoreria, nell’accounting, spingendosi anche verso i processi collegati come la gestione delle frodi o quelli di produzione e logistica come la Quality Inspection abilitata dalla computer vision. Molte di queste attività ricadono nella Robotic Process Automation (Rpa) dell’ERP”
Who's Who
Bruno Pagani
Questa enfasi sul machine learning e l’intelligenza artificiale, non significa non dover dare più importanza alla qualità e alle specificità di un iERP anche a livello core: “Nel 2018 – sostiene Pagani – credo sia fondamentale per un’azienda che voglia adottare un nuovo ERP concentrarsi innanzitutto sull’analisi dei processi ‘core’, ancor prima di farsi attrarre dai meccanismi di ‘intelligence’ aggiunti. O si rischia di scegliere l’auto nuova più per gli optional che per la solidità e affidabilità del motore, ritrovandosi presto in mano a un meccanico in doppiopetto blu pronto a fare la lista delle modifiche necessarie per poter stare in strada”.
Ma sicuramente la disponibilità di soluzioni di machine learning, di predictive analytics e di nuove modalità di interazione uomo-macchina, anche in supporto all’utilizzo dell’IT in mobility, sono i principali elementi distintivi di un buon iERP. “Ed è per supportare le necessità di elasticità nella disponibilità di capacità computazionale di queste nuove applicazioni che il cloud rappresenta uno dei pillar di un iERP”, spiega Saraceni. Ecco che l’attenzione del mercato e degli analisti si dirige verso le opzioni cloud che gli ERP vendor offrono alle aziende sia sotto forma di iERP totalmente in cloud (come Infor CloudSuite Industrial, che affianca altri ERP storici Infor) sia come piattaforme che possono essere implementate on-premises, solo come SaaS o in modalità ibrida. “Anche Microsoft – puntualizza Ortalli – offre i propri iERP sia come soluzioni da sfruttare on-premise, sul nostro cloud o in una formula ibrida”. Un’osservazione importante di Ortalli è che “anche gli iERP in SaaS restano personalizzabili come quelli on-premises: software-as-a-service, nel nostro caso, non significa che una soluzione è da prendere così com’è”. Peraltro, come fa notare Saraceni, “per le aziende che si trovano oggi con sistemi tradizionali è possibile iniziare a potenziare le proprie piattaforma ERP facendo ricorso a componenti PaaS, Platform-as-a-Service, ad esempio componenti di soluzioni di machine learning, advanced analytics o assistenti digitali, che permettono di usufruire di queste funzionalità evolute sulla propria base dati”.
Altra alternativa è utilizzare un ERP tradizionale di un vendor e sfruttare soluzioni innovative di altri vendor (in modalità on-premises o Software-as-a-Service) per realizzare un’architettura iERP su misura. È proprio vero che… i tempi cambiano.