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Sanità: l’innovazione digitale strada obbligata per il Sistema Sanitario

Con una spesa sanitaria sostanzialmente stabile, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita, l’accesso alle cure rischia di risultare difficile per una fetta sempre più ampia della popolazione. Quale soluzione? Per l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, la sola risposta possibile è la digitalizzazione del sistema sanitario con l’introduzione di nuovi modelli e abitudini

Pubblicato il 25 Giu 2018

digital healthcare: tablet medico

Sanità e digitale: uno spazio per innovare è stato il titolo del recente Convegno di presentazione dei dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano e Mariano Corso, Responsabile scientifico spiega i razionali che hanno determinato la scelta di questo titolo: “Bisogna partire da alcuni dati di contesto – dice Corso – e precisamente dal fatto, in primo luogo, che la spesa sanitaria pubblica negli ultimi anni è stata praticamente stabile con una crescita della componente a carico delle famiglie [nel 2012 la spesa complessiva era di 144,5 miliardi, di cui 31 a carico delle famiglie con un’incidenza del 21%; nel 2016 la spesa è stata di circa 150 miliardi, di cui 34 a carico delle famiglie pari al 22,7% ndr].

Il secondo dato da considerare è l’invecchiamento demografico che, insieme all’aumento della speranza di vita [con il 21,8% dei cittadini over 65 e il 6,5% over 80, l’Italia è il Paese più vecchio in Europa e si posiziona al secondo posto nel mondo, preceduto solo dal Giappone ndr], farà ulteriormente lievitare la spesa, considerato anche il fatto che l’Italia, all’interno dei paesi OCSE, è quella con la più bassa aspettativa di vita in buona salute (65 anni).

Infine, il livello di qualità dei servizi sanitari è già in declino e non deve essere ulteriormente peggiorato: secondo l’ultimo rapporto Euro Health Consumer Index, l’Italia è passata tra il 2010 e il 2017 dal 14° al 21° posto delle 35 nazioni censite a livello europeo, rispetto alle performance del sistema sanitario; siamo tra i peggiori paesi per accessibilità ai servizi e tempi di attesa, gestione dei pazienti anziani sul territorio e possibilità di offrire cure di nuova generazione”.

I trend evidenziati da Corso non potranno che confermarsi negli anni a venire se non vi sarà una cambiamento radicale: il 2° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale – GIMBE stima che la spesa del servizio sanitario nazionale raggiungerà i 210 miliardi nel 2025 (“cifra non alta in relazione al PIL comparando questo rapporto con quello di altri Paesi”, specifica Corso) con ulteriori 60 miliardi a carico delle famiglie per coprire il fabbisogno di cure; molte persone si troveranno nell’impossibilità di raggiungere le cure con il conseguente aggravarsi di diseguaglianza e degrado sociale in un Paese dove, già oggi, oltre il 20% della popolazione ha difficoltà da elevata a moderata nel permettersi le cure (dati Eurostat).

Innovazione digitale: la strada per rispondere al fabbisogno del cittadino

“Se il divario tra risorse disponibili e bisogni è quindi destinato ad aumentare, creando uno spazio che mette a rischio la sostenibilità del sistema sanitario e la qualità delle cure, una sola è la strada per rispondere a questa vera e propria emergenza e colmare questo spazio: l’innovazione digitale”, afferma Corso.

Innovazione che deve realizzarsi su tre livelli:

  1. Rinnovamento organizzativo e tecnologico: occorre ripensare i processi e i modelli organizzativi delle aziende sanitarie e delle Regioni. “Il digitale può aiutare ad attuare alcuni modelli come lo spostamento delle cure dall’ospedale al territorio, ridefinendo i processi di presa in carico dei sempre più numerosi pazienti cronici in modo da ridurre esami e ricoveri evitabili, migliorando contemporaneamente l’accesso alle cure. Grazie ad applicazioni di intelligenza artificiale e ai big data analytics ci si può sempre più orientare verso una medicina di precisione che consenta di personalizzare la cura, migliorandone l’efficacia e riducendo gli sprechi”, spiega Corso, che però mette in guardia: “Ma tutto questo non basta. Ci vogliono anche gli altri due livelli”;
  2. Empowerment del cittadino/paziente: “Il sistema non funzionerà se il cittadino non assume un ruolo attivo, diventando uno degli attori del coordinamento della propria salute”, dichiara il Responsabile scientifico dell’Osservatorio e in questo il digitale può assumere un ruolo cruciale consentendo: l’accesso a informazioni autorevoli attraverso Internet, l’accesso ai propri dati clinici tramite il Fascicolo Sanitario Elettronico, il monitoraggio del proprio stile di vita con le App, una continua comunicazione con il proprio medico anche attraverso strumenti digitali.
  3. Sviluppo di nuove competenze per gli operatori sanitari: “Ripensare le competenze degli operatori medico sanitari è la grande sfida da affrontare perché anche nella Sanità la competenza digitale è indispensabile per poter erogare le cure anche attraverso nuovi canali”, dice Corso. Occorre quindi identificare e sviluppare tali competenze nei giusti contesti e con le corrette modalità, partendo dalla formazione universitaria e continuando con la formazione continua e l’apprendimento “on the job”.

Ridurre i costi nascosti della Sanità grazie al digitale

Attraverso un’indagine svolta in collaborazione con Doxapharma su 2.030 cittadini appresentativi della popolazione italiana, l’Osservatorio ha stimato che per il ritiro dei referti clinici, i cittadini che si recano di persona presso la struttura sanitaria sono circa il 60% della popolazione (metà della quale per conto di altre persone) e che il tempo medio per ritirare il referto è pari a 45 minuti. Ebbene, se questi cittadini ritirassero i referti in farmacia, il tempo si ridurrebbe a 20 minuti e se ciò avvenisse con lo scaricamento del documento via Web, si ipotizza un tempo di 5 minuti. Valorizzando il risparmio di tempo (20,4 €/ora, pari al salario medio del 2017 calcolato dall’Istat), l’Osservatorio ha ipotizzato due possibili scenari che potrebbero rappresentare altrettanti step di introduzione del digitale, tenendo in considerazione il fatto che una fetta della popolazione non è ancora pronta ad affidarsi completamente ai canali digitali:

  • se la metà di quel 60% ritirasse online i referti, il 25% presso la farmacia e un altro 25% lo facesse di persona, l’impatto economico sarebbe di 1.120 milioni di euro, nell’ipotesi che ciascun cittadino che accede al servizio effettui cinque ritiri all’anno;
  • se l’80% effettuasse il ritiro online, il 10% in farmacia e il 10% di persona arriveremmo a 1.630 milioni di euro.

Facendo simili stime per quanto riguarda gli altri servizi, l’Osservatorio ipotizza complessivamente risparmi di:

  • 150 milioni di euro per l’accesso a informazioni su prestazioni e strutture sanitarie;
  • 430 milioni di euro per la prenotazione di visite ed esami;
  • 980 milioni di euro per il pagamento di visite ed esami.

“Si tratta di costi nascosti attualmente a carico della collettività, che potrebbero essere ridotti se non addirittura annullati attraverso l’offerta e l’utilizzo di semplici servizi digitali al cittadino”, commenta Corso.

La spesa per la sanità digitale: quanto e dove

Nell’ambito della Ricerca condotta dall’Osservatorio (che quest’anno, per la sua undicesima edizione, ha registrato l’ampliamento degli attori convolti, come si può vedere in nota si rileva che la spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana nel 2017 è stata pari a 1,3 miliardi di euro: l’1,1% della spesa sanitaria pubblica, corrispondente a circa 21 euro per abitante e a un aumento del 2% rispetto al dato del 2016 (figura 1).

grafico che illustra la spesa per la sanità digitale
Figura 1 – La spesa per la sanità digitale sostenuta dai diversi attori del sistemaFonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano

“Sebbene la spesa sia finalmente tornata a salire – commenta Corso – non si può parlare di una vera e propria inversione di tendenza, quanto di una maggiore attenzione da parte dei vari attori del settore alle priorità definite a livello centrale. Infatti, le scadenze relative all’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (inizialmente fissate a fine 2017 e poi rimandate a fine 2018) hanno portato le Regioni a investire in questo ambito, sviluppando anche ulteriori servizi digitali per il cittadino”.

Riportiamo qui anche la ripartizione della spesa digitale nei diversi ambiti (figura 2).

Figura 2 – La spesa per la sanità digitale nei diversi ambitiFonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano

Il ruolo del digitale nella revisione dei processi

“L’invecchiamento della popolazione, la crescente presenza di pazienti cronici e il conseguente aumento di esigenze dei pazienti dal punto di vista socio-assistenziale, hanno spinto i decisori ad attuare diversi cambiamenti organizzativi a livello regionale e aziendale”, afferma Cristina Masella, Responsabile scientifico dell’Osservatorio, analizzando più dettagliatamente l’impatto del digitale sulla revisione di alcuni processi critici.

“Il ridisegno dei processi di ‘presa in carico’ del paziente – prosegue Masella – viene affiancato dall’utilizzo delle tecnologie digitali che supportano i vari attori socio-sanitari coinvolti e seguono il paziente nei vari passaggi”. Uno di questi strumenti è sicuramente il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) che si “configura come uno dei pilastri della Sanità digitale regionale e rappresenta anche una soluzione potenzialmente utile per assicurare la continuità assistenziale all’interno e al di fuori dei confini regionali. Molte realtà provinciali e regionali hanno fatto passi avanti dal punto di vista dell’attuazione del FSE, ma – mette in guardia Masella – pochi sono i casi di Regioni che sono state capaci di raggiungere consistenti livelli di utilizzo per tutti i tre utenti principali di questa soluzione: cittadini, medici di Medicina Generale/pediatri di Libera Scelta e aziende sanitarie”. Per questo aspetto si segnala la practice positiva della Lombardia dove il 66% dei residenti ha attivato il FSE e il 46% lo ha utilizzato (dati Agid); la Regione ha inoltre inserito il FSE nel nuovo sistema digitale per gestire i pazienti cronici, facendo leva sul Sistema Informativo Socio Sanitario (SISS), sul call center regionale e su alcune soluzioni regionali condivise tra le aziende sanitarie pubbliche.

Oltre al tema delle cronicità, la spinta normativa relativa all’integrazione delle informazioni contenute nel FSE sta portando a superare i confini del nucleo minimo previsto dal DPCM che regolamenta il fascicolo sanitario elettronico, per liberare il potenziale del FSE come strumento a supporto della presa in carico del paziente: le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna stanno valutando l’introduzione nel FSE della dichiarazione relativa al testamento biologico; la Provincia Autonoma di Trento lo sta integrando con le piattaforme di telemedicina.

Per quanto riguarda la tipologia di utilizzo di supporti informatici nelle attività di presa in carico dei pazienti, l’Osservatorio evidenzia una diffusione importante per quanto riguarda le attività gestionali e amministrative (gestione dei dati anagrafici, nell’80% delle aziende sanitarie; gestione agende e prenotazioni, nel 63% delle realtà) mentre stenta a diffondersi come strumento per la messa in atto di percorsi individualizzati (dove solo un terzo del campione utilizza strumenti digitali).

La situazione dei medici vede gli specialisti dichiarare un utilizzo frequente di strumenti per la gestione dei dati anagrafici (68%) e delle agende (44%), mentre solo una minoranza utilizza soluzioni per il monitoraggio degli sviluppi clinici e sociali del paziente (24%) o, ancor meno, per la raccolta di feedback degli assistiti (17%); per quanto riguarda i medici di medicina generale solo il 9% utilizza strumenti informatici per redigere il Piano di Assistenza Individuale da condividere poi con il paziente, anche se ben il 69% si dichiara interessato a utilizzarlo.

“Vediamo quindi che al Fascicolo Sanitario Elettronico manca ancora un po’ di strada da fare, forse un po’ più dell’ultimo miglio – conclude Masella – ma quello che manca oggi non è tanto la componente tecnologica, quanto riuscire a far sì che il Fascicolo arrivi ai cittadini, ai medici, agli operatori. Questo significa far percepire all’operatore l’importanza della tempestività della pubblicazione delle informazioni all’interno del Fascicolo e bisogna scardinare delle abitudini perché se le soluzioni sono disponibili bisogna poi abituare il cittadino a utilizzarle”. Ma il Fascicolo non è tutto: “Sebbene sia un elemento importante, non può rimanere l’unico, deve inserirsi all’interno di un ecosistema di soluzioni che in parte già ci sono e in parte potrebbero emergere nei prossimi anni. Infine, l’attenzione alle competenze rimane una priorità”, ma su quest’ultimo tema rimandiamo a un prossimo articolo.


Nota

La Ricerca empirica, realizzata all’inizio del 2018, ha coinvolto:

  • 56 Chief Information Officer e 116 tra Direttori Generali, Amministrativi, Sanitari e Socio-Sanitari, in rappresentanza di 149 strutture socio-sanitarie italiane, attraverso survey e interviste dirette;
  • 8 Regioni (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Toscana, Valle d’Aosta, Vene- to, oltre alla Provincia Autonoma di Bolzano e alla Provincia Autonoma di Trento), con interviste a referenti e dirigenti delle Regioni o delle società in-house in ambito socio- sanitario;
  • il Ministero della Salute, tramite la Direzione Generale del Sistema Informativo e Stati- stico Sanitario;
  • 600 MMG, attraverso una survey condotta in collaborazione con Doxapharma e la Fe- derazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG);
  • 86 Medici e 43 Infermieri di Medicina Interna, attraverso una survey condotta in colla- borazione con FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Inter- nisti) e Digital SIT;
  • 451 Medici Endocrinologi, attraverso una survey condotta in collaborazione con AME (Associazione Medici Endocrinologi);
  • 2191 Medici di altre Specialità, attraverso una survey condotta in collaborazione con PKE;
  • 2030 cittadini, statisticamente rappresentativi della popolazione italiana, attraverso una survey condotta in collaborazione con Doxapharma

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